Compagni di banco di Chiara Schiavone

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L’autrice si presenta: Mi chiamo Chiara Schiavone e sono nata a Lanusei il 13 Agosto del 2001. Vivo a Tortolì insieme alla mia famiglia e frequento il quarto anno del Liceo Scientifico di Tortolì. Amo molto leggere e preferisco soprattutto la narrativa. Mi piace lo sport e attualmente faccio parte della squadra di basket locale. A 10 anni ho partecipato per la prima volta a un concorso letterario nazionale, classificandomi terza. Da quel momento in poi mi sono appassionata maggiormente alla scrittura e ho continuato a partecipare a tanti altri concorsi letterari, riuscendo ad essere più volte finalista, vincitrice e destinataria di menzione speciali da parte della giuria. Adoro la Natura e gli animali; al momento possiedo un gatto di nome Tigro, per il quale nutro un amore sconfinato. 

 

 

Un occhio nero, pestato, e la mia anima distrutta, che in quel momento desiderava soltanto liberarsi e volare via da quel corpo privo di dignità. Stavo seduta per terra ad ascoltare umiliata le parole dei miei compagni di classe che provavano gusto nel prendermi in giro. Udivo insulti pesanti e risate malefiche, tutti mi dicevano che facevo schifo e io soffrivo in silenzio. «Non vali niente» disse una ragazza. Mi sentivo sporca. I miei vestiti puzzavano di vergogna. Un ragazzo mi tirò uno schiaffo e in seguito mi prese a calci nelle costole. Pareva volesse continuare così fino allo sfinimento. Io non ebbi neanche la forza di urlare. Tenevo gli occhi chiusi e li aprii soltanto quando l’eco delle risate smise di risuonare nelle mie orecchie. Il frastuono lasciò campo libero ad un silenzio assordante. Davanti a me il corpo della persona che mi pestò pareva privo di sensi. Più in là notai un altro ragazzo. Quest’ultimo, in possesso di uno sguardo indignato, faceva fatica a distendere le dita della mano chiusa a pugno e con voce arrabbiata si rivolse alla gente dicendo: «Mi fate schifo. Non vi vergognate di non possedere neppure un briciolo di umanità?  Lei non vi ha fatto niente eppure voi vi divertite a farle del male». Poi incrociò il mio sguardo e mi venne incontro. Non avendolo mai visto scappai via impaurita e quando tornai in classe lo notai seduto vicino al mio banco. Fino a quel momento non ero a conoscenza del fatto che anche lui appartenesse alla mia classe; forse perché preferivo trascorrere il tempo a testa bassa, evitando di incrociare lo sguardo di tutte le persone che mi prendevano in giro. Vivevo nel mio mondo di insicurezze e di sogni in cui mi rifugiavo per riuscire a sopravvivere.

Ma durante il pomeriggio, rinchiusa nella mia camera da letto, aprii il diario e notai una scritta che diceva così: Piacere Carlotta, io sono Marco e ho 15 anni. Da oggi, anche se non vorrai, sarò il tuo compagno di banco. Inizialmente ebbi paura, mi domandavo se anche il suo scopo fosse soltanto quello di prendermi in giro. Mi vergognavo di essere così e credevo che i miei genitori non meritassero una figlia stupida come me. Ma i giorni successivi iniziarono a sembrare meno pesanti. Io e Marco continuammo a non parlarci nonostante aspettassi con ansia il rientro a casa per poter gioire alla vista di un qualche suo pensiero, come: Sei importante quanto gli altri e nessuno ha il diritto di farti credere il contrario. Osservali bene i bulli, non vedi quanto sono privi di sentimenti perché insoddisfatti della loro vita? Prova a immaginare, secondo te loro che credono di essere così superiori sono in realtà persone felici e amate? Ti prendono in giro perché sei tu la prima a non credere in te stessa. Tu vali e hai tanto da dare. Devi solo avere il coraggio di farti sentire e capirai che il mondo ha bisogno anche di te. Erano messaggi importanti poiché rappresentavano gli unici momenti di conforto che negli ultimi anni avevo avuto il piacere di ricevere. Un giorno presi coraggio, lo osservai e gli rivolsi un grazie dal profondo del cuore. Fu quello il momento che diede inizio alla nostra grande amicizia. Marco mi insegnò a sorridere più spesso e a farmi sentire utile e importante in molte occasioni. I miei compagni smisero di prendersi gioco di me e iniziarono a rivolgermi la parola. I miei voti a scuola migliorarono e cambiarono anche i rapporti con i miei genitori.

La vita iniziò a sembrare un dono troppo prezioso per non essere vissuta a pieno. Io e Marco iniziammo a frequentarci molto più spesso. Sfruttavamo i paesaggi più belli come sfondo delle nostre fotografie insieme che con cura posizionavamo all’interno di quello stesso diario che aveva dato origine al nostro forte legame di amicizia. Infatti, fin dal primo messaggio, smisi di segnarci i compiti per lasciare spazio alle nostre conversazioni. Esse divennero un rito che ci accompagnò per lunghi anni. Usavamo tale metodo soprattutto per confidarci notizie troppo importanti da essere dette oralmente. Perciò io e il mio amico divenimmo i reciproci lettori del nostro diario segreto. Lui fu per me come il sole dopo una tempesta, divenne la grotta entro la quale trovare riparo. Il suo sorriso, in grado di illuminare anche i giorni più bui, somigliava all’allegria dell’arcobaleno. Lui mi dedicò tanto di quel tempo ed ebbe pazienza. Mi sbagliai quando il giorno del nostro primo incontro lo reputai un nemico, poiché il suo scopo era soltanto quello di farmi sentire importante.

Per sdebitarmi decisi di aiutarlo con lo studio. Una volta fui io a confortarlo per davvero. Non si trattò di uno dei soliti banali consigli su come conquistare una ragazza ma fu un incoraggiamento dato a seguito di un racconto malinconico. Fui sorpresa perché quello era un messaggio importante e lui decise comunque di raccontamelo a voce. Mi parlò del cuginetto che a causa di un male incurabile perse la vita lasciando un vuoto nel profondo del suo cuore. Gli scese una lacrima e io lo abbracciai dicendogli che Matteo continuava comunque a stargli accanto. A volte basta un ricordo per far rivivere una persona amata. Marco, proprio come me sarebbe voluto diventare un medico, però spesso si scoraggiava e io gli promettevo che insieme saremo stati in grado di raggiungere quel bellissimo sogno. L’amicizia va custodita come un tesoro prezioso. I veri amici sono quelli che stanno al tuo fianco senza chiedere niente in cambio, desiderando solo di vederti felici. Sono soprattutto coloro che hanno il coraggio di porti dei rimproveri quando sbagli e di spronarti tutte le volte che smetto di credere in te. Il migliore amico è colui che soffre quando sei distrutta e desideri scomparire per sempre. Lui è il tuo angelo custode che potrebbe ascoltarti e incoraggiarti per giorni semplicemente perché ti vuol bene. E colui che sarebbe persino disposto a rischiare la propria vita, pur di vederti felice. Gli anni trascorsero veloci, perciò arrivò pure il momento di affrontare l’esame di maturità. In  quel periodo, io e Marco, speravamo di sconfiggere le nostre ansie e preoccupazioni mediante  le tisane rilassanti. Da veri amici affrontammo, insieme, pure quella tappa importante della nostra vita, promettendoci che, dopo l’esito finale, saremmo partiti in Francia. Anche quel periodo arrivò e noi fummo felicissimi. Trascorremmo una vacanza bellissima in cui potemmo gioire alla vista dei paesaggi e monumenti che per anni accompagnarono tutti i nostri sogni migliori; perciò fu triste quando dicemmo addio a quel fantastico posto. Tuttora, guardando le fotografie, sorrido al ricordo della nostra spensieratezza.

Quando tornammo in Italia, io e Marco, dovemmo organizzarci il futuro e iniziammo a studiare con lo scopo di superare il test di medicina. Marco sarebbe diventato medico assieme a me, perché avrebbe lottato per suo cugino. Ma qualcosa andò storto. Purtroppo la vita è imprevedibile, poiché essa è come la ruota della fortuna. Quest’ultima è un bene prezioso, difficile da custodire. Una mattina di luglio accesi il televisore ed iniziai a tremare a causa di una notizia straziante. “Marco Rondi, ragazzo di 19 anni, muore a cause di un incidente stradale”. Quella frase mi gelò il cuore e tutta la determinazione che negli ultimi anni avevo raggiunto, parve andarsene via assieme al mio migliore amico. Non ebbi neppure il coraggio di andare al suo funerale, scegliendo di isolarmi nuovamente all’interno di quel mio mondo irreale in cui le insicurezze lasciarono posto anche alla depressione. Cercavo di trovare conforto nei ricordi e nelle nostre canzoni, ma neppure esse erano in grado di donarmi un po’ di pace. Una sera però squillo il telefono e notando si trattasse della madre di Marco, risposi impaurita. «Bambina mia» disse «Volevo solo dirti che ho trovato nella camera di mio figlio un tuo diario e dunque credo che tu debba riprenderlo. Stiamo passando entrambe un brutto periodo e mi farebbe davvero piacere se ogni tanto mi venissi a trovare». La ringraziai e in seguito, pensando al dolore di quella donna, piansi perché mi resi conto di quanto fossi stata egoista. Ricordai inoltre le parole di Marco durante il nostro ultimo incontro: «Devo prendere il diario perché ho bisogno di dirti una cosa importante». La mattina successiva andai a casa sua.

Soltanto la sera, chiusa nella mia stanza, ebbi il coraggio di sfogliare le pagine dell’oggetto e mi tremarono le mani. Tutti i messaggi mi erano familiari e perciò pensai che Marco non avesse avuto il tempo di scrivere altro, poi giunsi all’ultima pagina, colma di nuove parole. Cara Carlotta, sono passati tanti anni dalla nostra amicizia e ultimamente, riflettendo, ho capito che forse a differenza tua non sarò in grado di diventare medico. Sento che non riuscirò a superare il test; dunque sappi che in futuro, anche se dovessimo prendere strade diverse, io ti starò sempre accanto. Tu vali e devi far capire al mondo chi sei. Credo in te con l’augurio che tu possa realizzare tutti i tuoi sogni. Ti voglio bene!Marco.  In seguito scrissi anch’io una lettera. Ciao amico mio, non so se sono stata abbastanza buona con te, ma sappi che tu per me rimarrai per sempre importante. Mi hai insegnato a non arrendermi, perciò giuro che raggiungerò il nostro obbiettivo e lotterò anche per Matteo. Dagli un abbraccio da parte mia. Ti voglio bene Marco. Posizionai il messaggio dentro il diario e il giorno dopo ripresi a studiare. Ora so che neppure la morte sarà in grado di ostacolare la nostra amicizia poiché essa è un patto che non smetterà mai di esistere. Marco vive nel mio cuore e resterà uno dei ricordi migliori che mi terrà compagnia nei momenti più tristi. Non ho rimorsi, perché pensando a noi sono soltanto in grado di sorridere e credere che il mio migliore amico mi protegga tutte le notti dalla stella più bella del cielo.

 

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