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L’autrice, Morgana Acquaviva, si presenta: Ho iniziato a scrivere all’età di 12 anni, é nato tutto per caso durante gli anni delle medie e grazie alla scrittura sono riuscita a costruirmi il mio mondo, differente dalle persone che mi circondavano e che mi circondano tutt’ora. I miei racconti si basano sulla mia immaginazione, però a volte prendo spunto dalla realtà. Amo immedesimarmi nei miei personaggi e spero sempre di trasmettere delle emozioni a coloro che leggono i miei racconti. Ecco la sua storia 

 

 

Nora festeggia il suo compleanno proprio il giorno di Natale e Andrea le fa uno dei regali più belli di sempre. Tutti noi abbiamo una possibilità nella vita e quando la felicità viene a bussare alle nostre porte, è meglio non farsela scappare

Storia vera di Nora raccolta da Morgana Acquaviva

 

Il centro commerciale era affollato di persone ridotte all’ultimo alla ricerca di regali natalizi, offerte speciali e addobbi da aggiungere all’albero. Addobbi che erano affiancati al loro triste destino di esser accantonati o addirittura buttati l’anno successivo e sostituiti con decorazioni nuove e magari meno belle di quelle precedenti.

Il riscaldamento era al massimo e questa temperatura era il perfetto contrario di quella esterna: gelida e sotto zero. Sull’asfalto vi era una patina di ghiaccio e la neve accostata al ciglio della strada faceva da sfondo a quel panorama invernale.
Fuori dal centro commerciale, i bambini giocavano a lanciarsi le palle di neve, colpendosi e ridendo spensierati, dando libero sfogo alla loro fantasia. Immaginavano di trovarsi immersi in una lotta tra soldati e il suono delle loro risate era il più bello in assoluto.

Un clima natalizio in tutti i sensi conosciuti dal genere umano, un sorriso dipinto sulle labbra di chiunque, un “Buon Natale” augurato dalle commesse ai clienti e viceversa e tante decorazioni sparpagliate ovunque. Tutto era permesso.
Appoggiai la testa contro la spalla del mio fidanzato Andrea. Lui era più alto di me e aveva dei capelli morbidi e color miele. Amavo i suoi occhi marroni: lui diceva che erano più belli i miei perché erano verdi, ma anche i suoi avevano una nota sfumatura che mi faceva impazzire.

Anche noi, naturalmente, ci eravamo ridotti all’ultimo momento per l’acquisto dei regali. Avevamo ancora le idee confuse su cosa regalare e a chi, oltre al costante pensiero che soltanto due giorni dopo sarebbe stato proprio il giorno di Natale.
Non era solo la festa in cui ci si scambiava i regali, ma era anche il giorno del mio compleanno.

Il Natale era la festa preferita di tutti, ma al mio Andrea, un bravissimo cuoco e pasticcere, piaceva particolarmente sbizzarrirsi con nuove creazioni, preparando piatti mai assaggiati prima di allora o addirittura mai conosciuti dalle altre persone.
Lui diceva sempre che io ero la sua fonte d’ispirazione, ma dolci e ricette in generale erano la sua passione fin da prima del mio arrivo nella sua vita. Bisognava ammettere che a tutti e due piaceva l’idea di stupirci l’un l’altra e io non potevo nascondere il fatto che mi piacesse essere la prima ad assaggiare prelibatezze nuove.

Andrea sapeva come conquistare il mio palato, sapeva, quindi, come prendermi per la gola e io ci cascavo sempre, finendo poi in un assortimento di coccole e carezze che ci scambiavamo in camera da letto, magari con la televisione accesa e a volume basso. Appoggiò le labbra sulla mia fronte e mi diede un dolce bacio, delicato e soffice come la neve che scendeva dal cielo, lenta e fresca.

«Tutto bene?» mi domandò con tono rilassato, appoggiando la mano sulla base della mia schiena coperta dalla giacca.
«Sì, vorrei solo avere le idee chiare su cosa comprare.».
«Da chi cominciamo?».

«Da tua madre» risposi senza pensarci due volte. Volevo sempre fare una buona impressione con sua mamma, come ormai succedeva da quasi sei anni di fidanzamento. Andrea ridacchiò, sapendo quanto ci tenessi ad apparire al meglio davanti a Clelia, una signora dall’animo buono e dal sorriso sempre disegnato sulle labbra.

«Non mi prendere in giro» mormorai, ridacchiando e arrossendo.
Lui abbassò la testa e fece sfiorare le proprie labbra su mie, fredde e screpolate. Ricambiai immediatamente, perché mi piaceva come Andrea mi faceva sentire me stessa, come mi baciava davanti alla folla e senza vergognarsene.

«Mettiamoci al lavoro, allora».
Spinse il carrello di ferro, seguito dalla mia figura. Ero pensierosa e incerta su cosa regalare alla suocera.
«Potremmo regalarle qualcosa per la casa» propose.
Annuii poco convinta e la mia concentrazione si spostò su una scatola stretta e lunga. «Guarda, Andre!» esclamai diminuendo il suo nome. «Questo frullatore è in offerta: potremmo comprarlo».
«Lo abbiamo già il frullatore».
«Pensavo di regalarlo a mia madre» proposi.
Si limitò ad annuire mentre io afferravo una scatola. L’appoggiai nel carrello, spuntando sul telefono il nome di mia madre. Teresa.
«Siamo messi come prima: cosa regaliamo a tua madre?» chiesi con fare fintamente disperato.
Sorrise: «Nora, te l’ho già proposto cosa…» mi fece notare.
«Non voglio regalarle qualcosa per la casa: le avevo già comprato un servizio di tazze da tè l’anno scorso» biascicai, guardandomi intorno alla ricerca di uno stimolo.
Quando mi voltai in direzione di Andrea, notai che si era avvicinato ad uno scaffale. Stava leggendo sulla scatola le varie capacità di un lettore CD multimediale. Immaginavo già a chi lo avrebbe regalato.
«Quello è per Giacomo?» chiesi infatti, sapendo quando suo padre sia un grande appassionato di elettronica.
«Esattamente» rispose, appoggiando la scatola nel carrello.
«Mi è venuto in mente cosa comprare a Clelia!» esclamai ad un tratto, spingendo il carrello velocemente verso gli scaffali dove vendevano gli utensili per la bellezza. Afferrai la scatola di un arricciacapelli e la mostrai ad Andrea: «Che ne pensi?».
«Mmh…» mormorò, pensandoci un attimo. «Va bene: mia madre sarà felice».
«Sì, hai ragione».
Sapevo quanto Clelia tenesse alla cura personale e ai suoi preziosi capelli castani. Quello era un ottimo regalo.
«Chi manca?».
«Mio padre. Cosa gli regaliamo?».
«Tuo padre è complicato» esordì lui, sbuffando. «Magari alle casse vendono un codice per farlo diventare simpatico». Borbottò, beccandosi un’occhiataccia da parte mia.
«Lui è simpatico» cinguettai in difesa di mio padre.
«Certo certo…» mi canzonò. «È simpatico come una medusa che pizzica».
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai divertita.
«È solo protettivo».
«E’ un guastafeste».
Sorrisi e mi avvicinai a lui, mi alzai sulle punte dei piedi e gli diedi un dolce bacio all’angolo della bocca.
«Sono la sua bambina». Dissi, stringendomi nelle spalle.
«Una bambina di quasi ventisette anni!» fece notare con fare ovvio, sfiorando il naso contro il mio. «E comunque dovrebbe semplicemente rilassarsi un po’, specie nei miei confronti. Insomma, non ha senso quando si raccomanda con me di non entrare nelle tue mutandine, perché guarda caso ci sono già entrato parecchie volte» ammiccò, appoggiando una mano sul mio fianco destro.
«Andrea!» squittii, dandogli una pacca leggera sul petto e arrossendo appena.
«È la verità, amore» disse con un sorriso. «E tuo padre deve farsene una ragione: conviviamo da quasi quattro anni e in questi anni non ci siamo di certo guardati in faccia tutto il tempo!» continuò imperterrito lui, stringendomi al suo petto, mentre io arrossivo. Mi sentivo mancare.
«Andrea, siamo in pubblico: smettila!» borbottai, guardandomi intorno con la speranza che nessuno ci stesse prestando attenzione.

Lui ridacchiò e poi premette le labbra contro la mia tempia. Approfittai del momento per guardarmi intorno e notai in lontananza il regalo che avremmo potuto fare a mio papà.
«E se gli regalassimo uno Smartbox per lui e mia madre?» chiesi, passando accanto al cestone delle candele profumate e in offerta.
Mi piacevano molto e casa nostra ne era piena.
«Sì, con la destinazione di Simpatilandia» disse, beccandosi un’altra occhiataccia da parte mia. «Scusa.» disse ridacchiando.
«Fai il serio, Andre!».
«D’accordo, d’accordo» annuì, alzando entrambe le mani in segno di resa. «Vada per lo smartbox.».
Sorrisi felice e ci incamminammo in direzione dello scaffale poco distante dalle casse, ove vi erano sistemati ordinatamente i vari pacchetti vacanzieri e non.
«Dove li mandiamo?» domandai e mi voltai in sua direzione per aggiungere: «Non dire qualche stupidaggine.».
Ridacchiò e si avvicinò a me, mi abbracciò dal dietro e appoggiò il mento sulla mia spalla. Mi baciò dolcemente sul collo e appoggiò una mano sul mio ventre, spingendomi contro la sua massa muscolare.
«Amore? Che stai facendo?».
«Non posso abbracciarti?» chiese retorico. Afferrò un pacchetto per due notti in una Spa da sogno. «Questo mi sembra perfetto, non trovi?».
Annuii e sorrisi guardandolo. Era bello stare con lui poiché ogni giorno era una scoperta continua.
«Sì, è perfetto. Rimane tuo fratello».
«Potremmo regalargli un’iTunes card da venticinque euro.».
«Abbiamo finito» annunciai, afferrando la tessera per il fratello di Andrea. Marco aveva vent’anni ed era ancora single, o meglio, così ci faceva credere, ma secondo me nascondeva qualcosa.

Amore è pazienza, tolleranza, umiltà coraggio, sacrificio, comprensione e rispetto. Per me amore significava Andrea. Perché lui aveva tutte quelle qualità e non solo. Lui era la perfezione in persona.

Quella sera, le luci colorate illuminavano il piccolo albero di Natale che avevamo fatto all’ingresso a casa nostra. Avrei voluto comprare un albero più grande, ma la casa era troppo piccola per ospitare qualcosa di ingombrante. Gli addobbi decoravano ovunque e l’aria era carica di un delizioso profumo di spezie e aromi. Andrea si era dato da fare: per il giorno di Natale aveva deciso di cucinare tutto a base di pesce, invitando personalmente sia i miei genitori che i suoi. Come antipasto aveva preparato delle capesante al forno con gamberetti. Di primo aveva cucinato le linguine con salsa rosa e gamberoni e di secondo preparò del fritto misto e le cozze gratinate.
Mi aveva detto che avrebbe provveduto personalmente alla preparazione della mia torta di compleanno e mi aveva anticipato che avrebbe aggiunto una magnifica decorazione di rose in pasta di zucchero e con una scritta al centro. Non vedevo l’ora di vederla!
Lui era un ragazzo stupendo e mi amava per quello che ero. Averlo incontrato ed esser entrata nella sua vita fu la scelta migliore in assoluto.
Gli invitati suonarono il campanello e dopo i saluti e gli auguri, ci sedemmo a tavola.
Un istante più tardi, annunciai: «Ho una bella notizia che riguarda il lavoro».
«Di cosa si tratta?» chiese teneramente mia madre, accarezzandomi la mano. Essendo figlia unica, lei voleva il meglio per me. I miei genitori erano importantissimi per me, per questo motivo li amavo con tutta me stessa.

«Praticamente Cinzia ha aperto un altro studio fisioterapico a Milano e ha deciso di lasciare a me quello in centro. Devo soltanto aprirmi la partita IVA» spiegai, stringendo la mano di Andrea, seduto al mio fianco.
«Sono davvero contenta per te». Clelia sorrise intenerita vedendo le mani del figlio e la mia intrecciate.

Fin dall’inizio, lei aveva capito che amavo davvero suo figlio e non mi sarei mai presa gioco di lui. Sarebbe stato impossibile, perché era davvero un ragazzo straordinario. «Complimenti per la cena» disse a un tratto mio padre, sorridendo ad Andrea.
«Grazie, Rosario» rispose Andrea, accennando un sorriso.

«Apriamo i regali?» proposi come una bambina. Era il mio compleanno: tutto mi era concesso!
Tutti ridacchiarono alla mia affermazione, ma nessuno obbiettò.
Sacchetti glitterati ovunque, carta colorata strappata e nastri abbandonati a terra. Quanto amavo il Natale!

Andrea rimase in piedi accanto al tavolo e quando alzai lo sguardo in sua direzione, un cipiglio si disegnò sul mio sopracciglio. Mi alzai dal divano e sistemai il vestito rosso, avvicinandomi poi a lui.
«Stai bene?» gli chiesi e gli accarezzai dolcemente il viso.

«Penso che sia arrivato il momento di darti il mio regalo» rispose e mi prese per mano, conducendomi al centro della stanza. Prese un respiro.
«Andrea, ma che succede?» domandai, preoccupata e confusa dallo sguardo pensieroso che balenava sul suo viso angelico.

Lui mi guardò negli occhi e, senza rispondere, si inginocchiò davanti a me, estraendo dal taschino della camicia un bellissimo anello.
«Oh mio Dio» sussurrai appena, portandomi entrambe le mani davanti alla bocca ed iniziando a respirare affannosamente, capendo il motivo del gesto.

«So di non essere perfetto, so che ti faccio impazzire perché a volte lascio disordine in camera e in salotto, so che la cucina a volte diventa un disastro e so anche che il più delle volte lascio pozze d’acqua in bagno dopo aver fatto la doccia. Potrei cambiare, ma a volte le faccio apposta perché nonostante abbia ventinove anni, mi piace vedere che ti prendi cura di me e che mi ami anche se ti faccio disperare. So di essere molto possessivo, ma sono geloso: ti amo troppo e ogni santo giorno temo di perderti perché tu possa trovare di meglio». Prese la mia mano sinistra nella sua. «Appunto perché ti amo, voglio che tu diventi completamente mia: voglio che diventi mia moglie e te lo giuro davanti alle nostre famiglie, ti amerò ogni giorno come se fosse l’ultimo, per ricominciare il giorno dopo e quello successivo, amandoti e onorandoti ogni giorno».

Il mio cuore batteva all’impazzata nel petto, mentre lui baciava la mia mano tremante.

«Vuoi tu, mia dolce Nora, diventare mia moglie?» concluse e prese un grosso respiro.

Sognavo quel momento da una vita intera, per cui senza pensarci due volte risposi un ripetuto e amorevole: «Sì».

Andrea sorrise e mi infilò l’anello nell’anulare, si alzò da terra e davanti agli occhi felici e lucidi dei familiari, mi baciò con tutta la dolcezza che possedeva nel cuore. Clelia immortalò il momento con una foto, una veritiera dimostrazione di quanto suo figlio e la sottoscritta ci amassimo.

«Finalmente posso dirlo: voglio un nipote!». Esclamò Marco, facendo ridere tutti, compreso mio padre, che annuì in conferma.
Andrea ridacchiò sulle mie labbra e poi mi accarezzò il viso.
Il mio sogno era diventato realtà e mesi dopo mi trovai all’altare, vestita di bianco che promettevo ad Andrea di amarlo e onorarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché la morte non ci avrebbe separati.

Ma sicuramente lo avrei amato anche dopo la mia morte, perché uomini come Andrea ve ne sono pochi e io avevo il migliore.

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