Brad e Angelina. Ma Salomone, che farebbe?

Cuore
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Il divorzio dei divi di Hollywood, li rende simili alle tante coppie che non risparmiano ai figli lo strazio di essere contesi

Povero Brad, povera Angelina. Bellissimi, intelligentissimi, famosissimi, ricchissimi, innamoratissimi, i più fulgidi sex-symbol degli ultimi 20 anni. Ma anche sensibilissimi, attenti alla sorte del pianeta, ai bambini africani, a tante iniziative benefiche, due persone di alto livello umano e intellettuale, e pieni d’affetto, circondati da sei figli, alcuni nati da loro, altri adottati salvandoli da sorti disastrose.

Ora divorziano  e i media di tutto il mondo vanno a frugare negli avanzi del loro frigo, nelle lenzuola sporche nel bidone dell’immondizia profanando ogni centimetro della loro vita. Ora tutti si impicciano e credono di sapere e diffondono cosa facevano a letto e a tavola, e come educavano i bambini – pare – dice la rete, scandalizzata, che di notte i piccoli scorrazzassero liberamente per casa. Dettaglio che li rende tutti molto simpatici e mi ricorda l’infanzia nella casa della nonna toscana, che ci permetteva qualsiasi innocente libertà, tanto, diceva ai genitori che protestavano, si incaricherà la vita poi di limitarli, e non ho ricordi più belli della sua permissività giocosa.

Ma se la cosa riguarda due star mondiali, si colora di chissà quale colpa sinistra, dando requie all’invidia che sempre accompagna ascese così luminose – invidia anche mia, credo: se no perché cominciare l’articolo con “Povero Brad, povera Angelina?” che sa di revanche, quando si parla di due che possiedono un miliardo di dollari e però c’è qualcosa che li rende poveri davvero, invidia a parte.

Come hanno potuto due persone così sensibili non risparmiare ai figli lo strazio d’essere contesi? Con due genitori straordinari, a quei sei bambini è stato inflitto il calvario dei bambini moderni, ognuno li tira strattonandoli dalla sua parte, lei chiede l’affidamento esclusivo, cioè vuole cacciare il padre dalle loro vite, e ora sono in guerra, guerra di avvocati, liti, ed eccoli precipitati dalle vette del privilegio al pantano di uno dei delitti moderni, la distruzione dei figli come capri espiatori delle separazioni.

Sposi, sposi – il mare ritirandosi lascia conchiglie e sassi misteriosi – questo miserabile accusarsi lascia l’amore?

Famoso il verdetto di re Salomone, che dovendo decidere a chi dare il figlio fra due madri che se lo litigano, prende la spada e dice: «va bene, dividiamolo a metà e lo affida a quella delle due che dice no! preferisco che lo prenda l’altra».

A chi avrebbe affidato i figli di Brad e Angelina? A nessuno dei due, temo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I BEATI TEMPI DELLE MERENDINE

Quando ero piccola la mamma o la nonna ci mandavano a scuola con la merenda. Pane a marmellata, una fetta di torta, e per l’orario continuato, un panino col prosciutto, una banana, una mela, a volte la frittata, e io coi miei fratelli presiedevamo alla preparazione dando istruzioni, golosi delle nostre predilezioni. Era molto divertente poi vedere gli uni con gli altri compagni vederli scartare le loro e mostrare le nostre, ed era molto in voga lo scambio di merende. Che costituiva anche un’ infallibile tattica di rimorchio. I Nostri amori più importanti, all’asilo o alle elementari, nacquero tutti attraverso lo scambio del cibo. Un gesto rituale che compivamo liberamente, senza che le maestre si impicciassero, o le psicologhe ti spiassero. E chi lo sapeva cos’era una psicologa, allora? Erano altri tempi. Prima dell’ ossessione delle diete. Il cibo era sempre una benedizione. Pochi anni prima c’era stata la guerra, nel paese si vedevano ancora i segni delle macerie delle bombe americane (fin da allora molto intelligenti)- e il ricordo dei piatti vuoti. Invece delle fiabe ci raccontavano le malefatte dei nazisti, ma soprattutto la fame che avevano patito i nostri genitori quando non eravamo ancora nati o troppo piccoli per ricordare- e avere qualcosa in tavola, poter mandare a scuola i bambini con un panino era una grazia. Non si parlava notte dì delle intolleranze alimentari, e delle merendine non si occupava ancora la magistratura. Ma è possibile che per avere il permesso di dare ai figli il cibo  preparato da noi si debba andare in tribunale? Ma già- c’è un affare gigantesco sulle mense scolastiche, come si usa dire c’è tanta gente che “ci mangia”, e per mangiare meglio fanno mangiare sempre peggio i bambini. Cibi avariati, materie di seconda scelta, yogurt scaduti, uno spaventoso scandalo….e un genitore non ha il diritto di dire basta? Di mettere nello zainetto del bambino ciò di cui si fida? Perché dovremmo accettare questo sopruso? Rovinare la salute degli scolari perché il business (altrui) conta più delle nostre vite?  No, ci vuole la sentenza. Deve decidere il giudice come devo nutrire mio figlio? Lo devono decidere le lbby dell’alimentazione scolastica? Ma perché siamo  così passivi? Perché i genitori non occupano le scuole?- immagino una primavera dei genitori- che manifestino come studenti, gridando la gravità di questo fatto- Ma va’, manifestare per la mensa? E perché se no? Da lì comincia la perdita della libertà, e della salute. L’uomo è ciò che mangia.

 

 

 

 

Confidenze