La libertà del riso

Cuore
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Tra le grandi conquiste delle donne negli ultimi decenni c'è anche la libertà di ridere. Perché il riso è da sempre la porta della disobbedienza. E l'arguzia e l'ironia non sono doti per le brave ragazze, future mogli.

Ma quante ne abbiamo dovute imparare noi donne nella nostra metamorfosi imperfetta e inesorabile? Mi ricordo, a cinque anni, se andando in altalena balenava il bianco delle mutandine, subito madre o zia ti richiamavano indignate “ Scendi! Ti si vede tutto!”. Tutto, che? Ma davvero quella piccola cosa detta “la vergogna” era tutto?

Altri tempi, altre donne. Da allora abbiamo dovuto imparare  a uscire di casa, a lavorare, a difenderci, a non essere più solo elettrodomestici animati  e,  novità sconvolgente – specie per i maschi – ad avere una sessualità. Ai tempi di mia madre, l’educazione di una vera donna era non accorgersene, di lì passava la rassicurante distinzione fra le donne per bene – cioè quelle che accettavano di non avere sesso se non per “accontentare” il marito Si sa, gli uomini hanno certe esigenze – e le puttane. Ma soprattutto, abbiamo potuto ridere! Liberamente, senza essere ammonite – perché il riso è la porta della disobbedienza. La leggenda maschile vuole che le donne non abbiano il senso dell’umorismo,  ne abbiamo più di tutti, era, da schiave, il nostro talismano segreto e abbiamo sempre riso. Ma di nascosto, fra noi: il riso femminile era considerato dal Padrone un’insolenza pericolosa: l’arguzia, il senso del paradosso, non erano per la futura moglie. Altra grande distinzione: ragazza seria- donnina allegra, cioè troia.

Fino a tre decenni fa, solo alle racchie era concesso di fare le comiche. L’ideale era Tina Pica, vecchia e brutta. Franca Valeri, piacente, la conciavano male apposta. L’arrivo di Sabina Guzzanti, bella e genialmente spiritosa, fu una rivoluzione, e ora anche le belle fanno ridere. Ma soprattutto ridiamo noi, nella vita. Prima, il massimo che ci era concesso era il sorriso della Gioconda, appena accennato, un po’ mesto. Si è mai vista in pittura una donna ridere di gusto?

Ma in compenso, infiniti ritratti della Madonna sempre dolorosa, modello per le giovinette, madre senza conoscere uomo – ma sulla penetrazione delle spade non si risparmiava, la trafiggevano crudamente tutte insieme. Mi dispiaceva per lei, le volevo bene. In gioventù pubblicai il romanzo Vangelo secondo Maria, dove lei rifiuta la maternità divina: lo scrissi per far sorridere la Madonna.

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