Memorie di una cagna di Francesca Petrizzo

Cuore
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L’Iliade e Omero li avevo lasciati sui banchi di scuola. Elena era un modo di dire. Un luogo comune. Elena era un mito. Francesca Petrizzo ha avuto un grande coraggio: Misurarsi con l’esperienza di una vita, di un mito, lunga secoli. Ha osato. Prendere la storia. Penetrarla. Crearla. Darle nuova vita.

“La cagna. Così mi chiamano gli uomini dell’equipaggio.

La cagna.

Lo fanno di nascosto. Ma io li sento.

Il mio nome è Elena, sono nata a Sparta, ma me ne andai per amore”.

 

Dopo averlo guardato con antipatico pregiudizio ho adorato questo libro. Ho adorato Elena e ho adorato Francesca, per i suoi anni giovani (ha scritto queste pagine quando aveva 19 anni) ma così capaci. La scrittura lieve e profonda di chi ha passione e sa catturare, emozionare.

L’Iliade e Omero li avevo lasciati sui banchi di scuola. Elena era un modo di dire. Un luogo comune. Elena era un mito. Elena era lontana.

Elena è chi ama.

Teseo. Mi giocarono ai dadi. Avevo dodici anni. E il soldato che non avrà mai un nome, il primo amore per sempre.

Elena e Diomede. Il mio primo bacio. Disse di amarmi. Risi ancora, cancellando quella scoperta bugia. Diomede che la chiederà sposa e che non manterrà la parola.

Elena e Achille. “Sei bella, Elena”. Facemmo l’amore nel mio letto. Poi giacque tra le mie braccia senza dormire. Achille che andrà via. Che tornerà lasciandole Ermione, la loro bimba.

Elena e Menelao. Solo un matrimonio. Solo la condanna.

Elena e Paride. La stagione più vivida della mia vita. Pochi giorni in cui sogni e speranze raggiunsero il loro apice. Paride, mio povero amante bambino che io credevo perfetto, mio povero amore d’oro contraffatto.

Elena e Ettore. L’eterno. Le parole più belle, dell’uomo che sa attendere, alla donna di pietra. Non ho pensato al dolore che ti ha schiacciato a terra, solo alla tua solitudine che mi sembrava libertà. Libertà di venire da me. Ettore e l’ultima notte, prima di morire. Avrei potuto rimanere così, sotto queste stelle, fino alla fine del tempo. Guardandolo. Mi accarezzò la guancia la sua mano, e io persi me stessa. Non ricordo quando mi addormentai, solo il suo corpo contro il mio, come un’impronta.

Francesca ha avuto un grande coraggio. Misurarsi con l’esperienza di una vita, di un mito,  lunga secoli. Ha osato. Prendere la storia. Penetrarla. Crearla. Darle nuova vita.

Quanta verità c’è? Non importa.

Quanta fedeltà? Non importa.

C’è Elena. O chi per lei. Comunque ci siamo noi.

 

Francesca Petrizzo, Memorie di una cagna, Frassinelli

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