Asia Argento e la Repubblica delle donne

Mondo
Ascolta la storia

Questo articolo è mosso dall’esprit de l’escalier, lo spirito delle scale, cioè quando, dopo un incontro, solo scendendo le scale capisci ciò che avresti dovuto dire, e non puoi tornare indietro. È quanto mi è successo l'altro giorno in tv a "La repubblica delle donne"

Nella festa del gossip quotato in borsa che è il post-metoo, ci siamo appassionati al personaggio di Anthony Bourdain, singolarmente affascinante. Grande artista della vita, della cucina, della comunicazione, pieno di talenti, umiltà, fortuna, slancio. E grande amante. Due mogli, una figlia, l’amore per Asia Argento. Un uomo così ricco di sentimenti da riuscire a tenere insieme i suoi affetti con armonia. Amando Asia, come un cavaliere medievale è sempre stato al suo fianco, difendendo a ogni costo la sua donna, dopo gli attacchi da lei subiti per aver denunciato Weinstein, e dopo le accuse di Jimmy Bennett.  Ma tutto questo non lo innamora abbastanza della vita al punto di viverla, e un giorno si impicca, senza una parola. Se ne va nel suo mistero. Il suicidio più straziante, il congedo totale. Sceglie  la nobile crudeltà del silenzio. Senza pietà per sé e per quelli che restano, li condanna a una domanda eterna, a misurarsi con lui, a interrogarsi, impotenti a cercare la risposta finché vivranno. A guardarsi con sospetto l’un l’altro, ad accusarsi fra loro per assolvere se stessi.

Il bersaglio ideale è Asia, la donna dello scandalo, la straniera. Col suo silenzio, Bourdain ha annientato tutto. Se stesso, le mogli, la figlia, l’amante, gli amici, le gioie delle sue arti. Il gran rifiuto. Fare ipotesi sulle ragioni che lo hanno spinto è vano: qualsiasi ragione per il suicidio è sempre un pretesto. Ed è una profanazione rispetto alle sue intenzioni. La grandezza del suo gesto è nel non lasciarne. Stoico perfetto, impeccabile dandy. Merita ogni rispetto.

Asia Argento e Annalisa Chirico

Siamo a La repubblica delle donne, la trasmissione di Piero Chiambretti, che insieme ad Alfonso Signorini intervista affettuosamente Asia Argento (l’occasione è la copertina di Chi? con la foto di un bacio appassionato con Fabrizio Corona).

Si parla di Jimmy Bennett, l’attore che ha accusato Asia di avere abusato di lui, e l’ha ricattata. Le chiedono perché abbia fatto l’errore di pagare. Lei ripete ciò che ha detto tante volte: che lo decise Bourdain, il suo compagno poi morto suicida. Ma stavolta aggiunge un dettaglio non innocuo: che lui temeva di compromettere la propria carriera. Cioè, avrebbe pagato di tasca sua, soprattutto per i suoi interessi.

E lei, la femminista, si sarebbe sottomessa alla sua volontà, come un’antica sposa. Ci può essere perfino della tenerezza in questo. Ma è troppo  ingeneroso buttare tutto addosso al defunto, insinuando che abbia agito per egoismo. Può anche essere vero, ma nella mia visione dell’amore, da romanzo cortese, la dama dovrebbe avere l’istinto e la grazia di proteggere l’amato scomparso come lui protesse lei, tacendo ciò che gli fa meno onore, in un omaggio dovuto alla sua dedizione, e al dramma della sua morte. Ma per pigrizia morale non ho detto niente. Invece Annalisa Chirico è insorta, esclamando – Ma lui è morto!- Ovvero non può difendersi. E Asia, sprezzante, a brutto muso, la aggredisce:

  • – Ma chi è questa?

“Questa” è una valente giornalista e scrittrice, autrice di libri controcorrente, belli e di successo. E se anche non avesse altri titoli oltre al suo slancio di difendere Bourdain che non può replicare – ma non eri la paladina della dignità femminile? Perché fai il bullo con le donne? È questione di rango? Dall’alto del tuo gradimento mediatico tratti come una nullità chiunque osi criticarti? 

Ecco ciò che avrei dovuto dire, e non ho detto. Sono sempre stata impulsiva, e me ne sono trovata benissimo. Mi pento solo quando mi trattengo, mi pento di non aver sostenuto Annalisa Chirico nel suo impulso a favore dell’assente.

È ingiusto anche che si sia parlato solo del linciaggio della stampa che subì Asia dopo il caso Weinstein- che ci fu, e atroce – ma perché non fare il minimo cenno ai moltissimi giornali che hanno preso le sue parti, e con passione? I primi che mi vengono in mente, Il Manifesto, Gioia!, Vanity fair, La Repubblica, Effe, Confidenze, difendendola a spada tratta. Non si contano le firme importanti che si affrettarono ad appoggiarla.

Silenzio inammissibile specie verso il Fatto quotidiano, che dopo il caso Bennett  ha condotto una vera campagna in favore di Asia, per giorni e giorni mettendola in prima pagina, nel modo più onorevole. È  più facile accusare, che esprimere gratitudine? Mi è difficile capirlo. Né capisco perché il rispetto che Asia pretende per sé, non senta il dovere di tributarlo agli altri, e alle altre.

Confidenze