Carcere per i genitori dei bambini vegani

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Una proposta di legge prevede di perseguire penalmente i genitori che impongono ai figli una dieta priva di cibi animali. Provvedimento irragionevole o giusta tutela dei minori?

Alcune testate giornalistiche, soprattutto on line, stanno rilanciando in questi giorni un disegno di legge presentato alla Camera dei Deputati qualche mese fa. I contenuti sono di indubbio impatto: nella bozza, a oggi al vaglio della Commissione Giustizia, si ventila il carcere fino a un anno per i genitori che impongono la dieta vegana ai figli minori di sedici anni (che diventano due quando il bimbo ha meno di tre anni). Se il regime alimentare adottato causa danni permanenti, gli anni di reclusione per i genitori o per chi ha in tutela il minore salgono a quattro e arrivano a sei nell’eventualità che le lesioni siano talmente gravi da portare il bambino alla morte.

Una proposta forte, perfino scioccante. Si affaccia in un momento storico in cui i seguaci del veganismo – una scelta che vieta di consumare non solo carne e pesce, ma tutti i cibi animali, quindi anche latte, formaggi, uova e miele – in Italia sono 1,8 milioni, secondo gli ultimi dati Eurispes.

Non sembra peraltro improbabile un legame tra l’iniziativa parlamentare e i numerosi casi segnalati dalla cronaca nei mesi scorsi, quando a Genova, Milano, Roma, Belluno diversi bambini vegani finirono in ospedale con sintomi riconducibili a carenze di sostanze nutritive cruciali, tanto serie da provocare malattie, come il rachitismo, che si pensava fossero ormai un retaggio di tempi lontani.

La questione è complessa. Coinvolge il campo dell’etica, perché il veganismo è un orientamento esistenziale e quello dei comportamenti alimentari è spesso solo un risvolto di una più ampia filosofia di vita. Si parla di regolare una materia che riguarda le scelte individuali, su cui un pronunciamento politico può apparire invasivo se non francamente inopportuno, specie se contempla una pena – come il carcere, appunto – che si riserva a reati gravi.

Eppure sorgono diverse domande. Quanto è corretto far ricadere una decisione, che nell’adulto è legittima e consapevole, su chi non ha la possibilità, le informazioni, la libertà di scegliere per sé?

È giusto crescere i propri figli senza carne, pesce, latte, uova, in una fase tra le più delicate della vita, in cui si pongono anche le basi della salute negli anni futuri? È lecito imporre ai bambini una dieta limitativa nello stesso modo in cui un genitore cattolico, per esempio, impone il battesimo? E, ancora, se il fine ultimo è proteggere i più piccoli, possiamo davvero accettare o ritenere plausibili misure estreme, come quella ipotizzata dalla proposta di legge?

La posta in gioco, qualunque sia la posizione che decidiamo di assumere, è alta. Voi cosa ne pensate?

 

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