Carne trita di Leonardo Lucarelli

Mondo
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Un romanzo di formazione, dove l'autore ci racconta come da lavapiatti è diventato un grande chef

Quando il mio amico Giovanni, titolare insieme alla sua famiglia della storica libreria Colacchi qui a L’Aquila, mi ha chiamata per propormi una moderazione ho detto immediatamente e come al solito sì. Sono anni che collaboriamo, lui conosce i miei gusti, quindi non ho chiesto di cosa si trattasse: mi sono limitata a prendere un appunto per fermare la data e a dire “ok, passo presto a prendere il libro”.

Mai guardata una puntata di Masterchef. Cracco non capisco cosa abbia di affascinante. Le pagine di ricette sui giornali le salto senza soffermarmi. Adoro cucinare ma l’ultima volta che l’ho fatto deve essere stato almeno quattro o cinque vite fa.

Carne trita, l’educazione di un cuoco. Copertina scura. Due mani, un coltellaccio, un peperone. Ho alzato gli occhi strabuzzati e ho guardato Giovanni. In silenzio. Lui è scoppiato a ridere: “Leggilo, fidati”.

L’ho letto. Mi sono fidata.

E vi dico leggetelo leggetelo leggetelo! Io non ho alcuna infarinatura (ahahhahahah!) di libri gastronomici, non guardo La prova del cuoco, non regalo i tomi di Cristina Parodi e quando un mese fa mi sono ritrovata a Roma con Chef Rubio per un articolo non sapevo neanche chi fosse, quel simpatico gigante; però sono certa che adorerete Leonardo e la sua storia, la sua bella scrittura, i profumi che si liberano dalle parole.

Romanzo di formazione e di legami famigliari e amicali, d’amore, romanzo di (credetemi) cappa e spada, vi riporterà l’emozione di certe pagine di Fante, il ricordo ormai lontano della perfezione narrativa del De Carlo di Treno di panna e il calore dei racconti di chi è stato eroe del proprio quotidiano.

A Michela, la mia prima vera fidanzata, una ragazza bassina con i capelli corti e neri e così timida nel baciarmi di nascosto, come primo regalo ho portato una pagnotta calda chiusa in un fazzoletto, con i quattro lembi annodati in alto come nei fumetti di Topolino. Le ho donato la quarta pagnotta, dopo aver scartato le altre tre che non erano proprio come le volevo io; troppo cotta, troppo poco, forma sbagliata. Mi ricordo benissimo la sua faccia di circostanza, forse nemmeno stupita, solo la faccia di una che si trova di fronte un evento che non sa catalogare. Ricordo che l’abbiamo spezzata e mangiata così, nella piazzetta del paese, non tutta. “Però è sciapo”, è stato il suo commento.

Avevo sopravvalutato il potere del cibo. O avevo sopravvalutato Michela”.

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Leonardo Lucarelli, Carne trita, Garzanti

 

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