Dal teatro al bordello: la fine della Pompadour

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Per dieci anni fu la "favorita" di Luigi XV, e la donna più potente di Francia. Poi lui la scacciò, ma lei non si arrese

 

Per dieci anni la marchesa di Pompadour fu la padrona del re Luigi XV, e la donna più potente di Francia, nonostante l’odio della corte. Poi, la disgrazia. Era stata la più bella, diventò la più brutta.

Il suo corpo, sfibrato dalle droghe per fingere il piacere e nascondere il suo segreto- essere frigida – invecchiò di colpo. A 35 anni era da buttare. Quando il re la scacciò dal letto, lo seppero tutti. A corte si viveva in pubblico. Lei e il re non erano mai soli. Un occhio di serva o un orecchio ducale li spiava nel buio. Lei come una pazza guardava sotto il letto, negli armadi: inutile. Tanto era il re, la prima spia.

Fu lui ad avvertire i nemici di lei che non la toccava più, che gli faceva ribrezzo. E subito si scatenò la gara per trovargli l’amante.

Ma la Pompadour li fregò tutti: fu lei a mettergli la prima ragazza nel letto. E diventò la sua fedelissima ruffiana. Dopo di lei, lui si era buttato sulle altre come un orco. Lei era al suo servizio, contenta che fossero tante. Tante è come nessuna, si diceva. E smistava il turpe traffico del Parc-aux-cerfs,  il bosco dove alloggiavano le donne che il re marchiava. Diventò mezzana, levatrice, economa, sicario. Le istruiva, le agghindava, le faceva partorire, collocava i bastardi, per non essere scacciata, per essergli necessaria. Mentiva, premiava, puniva, capo di un bordello da rinnovare di continuo, per un suo colpevole sorriso. E com’era gelosa!

Non sempre si trattava di capricci,  ogni tanto il re si innamorava davvero, e lei si sentiva morire, ma sorrideva sempre. Gli portava la preferita come fosse stato un gioco, ed era la sua morte. Non essendo più la sua amata, voleva testardamente diventare l’amico del re.

Morì per quella pretesa contro natura, morì per troppo dolore, morì di quella ambizione assurda, essere la sua complice. Lui lo sapeva. Sapeva di ucciderla, e aveva per lei l’attaccamento morboso e crudele del sadico per la sua vittima. Un ambasciatore che l’aveva conosciuta a vent’anni, scrisse dopo una visita “Che vecchiezza, che forme degenerate! Che orrore, quel viso. Crede di sotterrare sotto una maschera di trucco la sua bruttezza. La sua allegria è atroce,il suo sorriso uno spasimo. Ha ancora grandi e begli occhi. Ma quale sguardo esce da quelle caverne!”.

Dalla sfida che aveva lanciato al re, si ritirò solo con la morte. Pioveva, quel giorno. Con lei c’era solo una vecchia serva. La portarono via alla chetichella. Il re non pianse. Disse “Finalmente. Mi sento più leggero”.

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