I due Tancredi

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Parabola sulla schizofrenia, o leggenda di paese? Così la sentìi raccontare, e così ve la racconto. Al cimitero del mio paese c’era una lapide con due foto racchiuse in una sola cornice, e un solo nome: Tancredi. Si diceva che fossero stati una persona sola: Tancredi, il ragazzo con due teste, diversissime fra loro, vissuto 100 anni prima.

Il Tancredi di destra era biondo, di sentimenti delicati. Quello di sinistra, moro e ribaldo. Erano dispiaciuti di essere costretti a portare lo stesso abito, essendo di gusti opposti anche nell’abbigliamento, e rimediavano con l’unica distinzione possibile, mettendosi cappelli diversi. Il Tancredi di destra ne portava uno romantico, a larghe falde, l’altro un basco polveroso, che si calava in testa e non salutava nessuno.

Fra loro si detestavano. Quello di destra era pio e obbediente e pregava sempre, quello di sinistra imprecava e bestemmiava. Era scomodo avere un corpo solo in due, con inclinazioni tanto diverse. Il maggior fastidio era che quando il sinistro faceva una cattiva azione, poi le cinghiate della madre le prendevano insieme lui e l’innocente, nel loro unico corpo.

Il peggio fu quando il Tancredi sfrenato prese a frequentare la Sbrega, una robusta donnaccia nelle cui mani finiva il gruzzolo che Tancredi di destra risparmiava per le elemosine.

Non potendone più di quello scempio della purezza,  il Tancredi costumato, dopo una notte di lussuria, prese a insultare la donna e l’altro Tancredi. Mentre i due lo deridevano, contenti del loro peccato, lui per espiare si ficcò uno spillone nella pancia, in un sol colpo, prima che l’altro glielo impedisse.

Tancredi il bruno con un urlo di collera cominciò a picchiare la testa di destra, finché spinto da una irrefrenabile ira, le strinse forte la gola. La testa bionda di Tancredi il buono ciondolò senza vita, e Tancredi il cattivo si rese conto solo allora di avere ucciso la testa gemella. Per la prima volta scoppiò in singhiozzi. Con tenerezza la sorresse, l’ accarezzò e disse smarrito “Avanti ipocrita, che fai finta”. Ma gli occhi dell’altro lo fissavano spenti. E lui, tenendogli il volto con tutte e due le mani ormai solo sue, cantò una mesta canzone di sonno, e chiuse gli occhi a quel fratello se stesso. Pochi istanti dopo, quando la morte dell’altro arrivò fino al loro unico cuore, morì anche lui. Ed ora erano insieme in quella foto, sorridenti, d’accordo per sempre.

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