Faccio ordine perché mens sana in domus sana

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Sono abbastanza ordinata e, comunque, come molti ho il mio modo personale di esserlo. Per esempio, per quel che riguarda i documenti è vero che li appallottolo tutti in un cassetto che non somiglia affatto a un archivio come si deve. Ma se ho bisogno di prenderne uno, so che è lì dentro. E se non lo trovo, ho la certezza di averlo perso quindi non mi danno l’anima cercandolo chissà dove.

Il cassetto raccoglitore, però, non ha solo il pregio di placare il panico quando mi chiedono una fattura di due anni fa. E’ fondamentale anche per lasciare libera le casa da buste, cartellette, risme di carta abbandonate (in un primo momento), accatastate le une sulle altre (nel secondo) e puntualmente dimenticate in qualche stanza nella terza fase della loro vita con me.

Ve lo racconto perché su Confidenze in edicola adesso c’è un articolo in cui mi sono riconosciuta. Si intitola Riordina la casa, calmerai la mente e sostiene che occuparsi dell’ambiente che ci circonda è un fenomenale antidoto all’ansia.

Verissimo! La prova è che, in pieno lockdown, tutti quelli che sentivo al telefono mi elencavano le faccende domestiche sbrigate con lo stesso entusiasmo che prima dell’8 marzo 2020 avrebbero riservato a un viaggio oltreoceano, una festa danzante pazzesca o l’arrivo nella loro vita di un nuovo amore.

Così, cambio degli armadi, pentole impilate con la precisione di un costruttore di piramidi, libri sistemati per autore, casa editrice o colore (a seconda dell’estro dell’interlocutore) in quei giorni assurdi erano gli altrettanto assurdi protagonisti delle nostre chiacchiere. Anzi, delle loro.

Chi mi segue sa che ho vissuto la quarantena in un appartamentino di fortuna (dove abito tutt’ora) perché sto (ancora!!!) ristrutturando il mio. Questo significa che in casa non avevo niente, ma proprio niente da mettere a posto. E mi è mancato da morire.

Tant’è che per supplire alla carenza di impegni domestici e, soprattutto, per aver qualcosa da dire anch’io durante le telefonate, mi inventavo strane incombenze. La più maniacale era mantenere il lavandino della cucina (che qui è anche salotto) pulito come se fosse nuovo di pacca.

Morale, per due mesi l’ho passato con spugna ruvida, spugnetta morbida, straccio e carta assorbente ogni volta che l’aprivo anche per un solo secondo. E quando le amiche mi chiedevano perché non diversificassi la routine casalinga, magari mettendomi a stirare qualcosa, spiegavo che non possedendo nemmeno la lavatrice, non avevo la fortunata opportunità di placare l’ansia da Covid con il bucato. Che “generosamente” ho fornito a uno dei miei simpatici bimbotti.

Durante il lockdown, l’adorato pasticcino si è occupato dei miei vestiti (di solito è il figlio che si rivolge alla mamma, ma il virus ha ribaltato davvero il mondo), che ritirava e riconsegnava lavati e stirati, neanche fosse il titolare di una tintoria. E davanti al mio stupore (denso anche di gratitudine) mi ha spiegato che vedere la montagna di biancheria stropicciata assottigliarsi e trasformarsi piano piano in una millefoglie di magliette e camicie ben piegate lo aiutava a calmare la mente.

Il servizio laundry, quindi, è stato perfetto. Al punto che io ormai mi auguro che il piccino abbia bisogno di rilassarsi anche quando finalmente entrerò nella casa nuova. Così potrò chiedergli una mano per  svuotare gli scatoloni, mettere a posto gli armadi, riempire la libreria con criterio, organizzare la zona cucina, appendere i quadri….

Sì, perché queste sono le incombenze che mi aspettano in agosto. Ma sono tranquilla: fare ordine mi metterà in pace con il mondo.

Confidenze