I figli dell’eterologa: cosa prevede la legge

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Su Confidenze la storia di una donna che ha avuto un figlio a 49 anni con la fecondazione eterologa. A che punto siamo in Italia?

Questa settimana su Confidenze trovate la storia vera Il dono dove l’autrice, Giovanna Sica, riporta la toccante testimonianza di una donna che dopo aver inseguito a lungo il sogno di un figlio, mai arrivato per una serie di concause, si ritrova a diventare mamma a 49 anni grazie alla fecondazione eterologa, un tema che ancora oggi divide l’opinione pubblica e su cui anche la normativa negli ultimi anni è molto cambiata.

Senza entrare nel merito di giudizi etici, abbiamo cercato di fare chiarezza spiegando alle lettrici chi può fare cosa in materia di eterologa nel nostro Paese.

In Italia l’accesso alla tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) è regolato dalla legge n. 40 del 2004 che in origine vietava alle coppie infertili di ricorrere alla donazione degli ovuli (la cosiddetta eterologa).

Una sentenza della Corte Costituzionale (162/2014) ha ribaltato questo divieto. Oggi possono quindi accedere alla fecondazione eterologa  “le coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi, per le quali è stata accertata e certificata una patologia che che sia causa irreversibile di sterilità o infertilità per uno o entrambi i partner”. (art. 5 legge 40/2004).

Questo ha in parte ridotto il cosiddetto “turismo procreativo” che costringeva tante coppie ad andare all’estero per  ricevere la donazione di ovociti, ma resta il vincolo dell’età: la norma infatti dice chiaramente che nelle strutture pubbliche e private convenzionate l’età massima per le donne è di 43 anni e sono consentiti massimo tre trattamenti.

Il Ministero della Salute è poi intervenuto per regolamentare con una circolare le modalità di applicazione di tale sentenza della Consulta, precisando soprattutto gli aspetti relativi a chi dona gli ovuli: la donazione dei gameti è consentita e dev’essere gratuita e volontaria e viene equiparata per quanto riguarda costi, rimborsi e permessi lavorativi, a quanto già avviene per i donatori di midollo osseo. Ovvero non è previsto un rimborso e questo è ancora un limite molto forte alla disponibilità di ovociti nel nostro Paese, dicono gli esperti.

 

È possibile la doppia eterologa (ovvero il ricorso anche da parte dell’uomo a un donatore).

L’età  minima e massima per donatori e donatrici va dai 18 ai 40 anni per gli uomini e dai 20 ai 35 anni per le donne.

Il numero massimo di nati da uno stesso donatore è dieci, a livello nazionale, con deroga se una famiglia con figli già nati da eterologa chiede un altro figlio con stesso donatore.

Viene consentito l’accesso a dati clinici del donatore o al donatore stesso per comprovati problemi di salute del nato, su richiesta di struttura del Servizio Sanitario nazionale.

È stato poi istituito un Registro Nazionale dei Donatori presso l’Istituto Superiore di Sanità (all’interno del Centro Nazionale Trapianti) per consentire una tracciabilità completa tra donatore e nato.

E infine la fecondazione eterologa è stata riconosciuta tra i cosiddetti livelli essenziali di assistenza, cioé  le prestazioni erogate dal Servizio Sanitario nazionale.

 

E in concreto come stanno andando le cose dopo questi importanti cambiamenti legislativi?

Dalla relazione annuale sullo stato di attuazione della Legge 40/2004 in materia di PMA risulta che sono soprattutto i centri pubblici e privati convenzionati a effettuare il maggior numero di trattamenti di fecondazione assistita. Infatti, nonostante i centri PMA privati siano in numero superiore a quelli pubblici (101 vs 64), nel privato si effettuano meno cicli di trattamento:

il 35,0% dei centri è pubblico ed effettua il 37,1% dei cicli

il 9,8% è privato convenzionato ed effettua il 28,8% dei cicli

il 55,2% è privato ed effettua il 34,1% dei cicli.

Aumentano le coppie che vi fanno ricorso: dal 2015 al 2016 sono passate da 74. 292 a 77.522 (considerando però tutte le tecniche di PMA), così come i bambini nati sono saliti da oltre 12.000 a 13.582.

Aumenta soprattutto il numero delle donne che ricorrono all’eterologa perché hanno ormai superato i 40 anni: il 35% nel 2016, mentre erano il 20% nel 2015. La maggiore età di chi accede alla eterologa femminile sembra indicare che questa tecnica sia scelta soprattutto per infertilità fisiologica, dovuta all’età della donna, e non per patologie precise.

Chi resta ancora fuori da questa legge sono i single e gli omosessuali ai quali spesso non resta che andare all’estero.

 

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