L’amico ritrovato di Fred Uhlman

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Tra le letture che vi consiglio per il Giorno della Memoria c'è questo romanzo: due amici divisi dalla follai della guerra, ma uniti da un senso della giustizia eterno

“Entrò nella mia vita nel febbraio del 1932 per non uscirne più. Da allora è passato più di un quarto di secolo, più di novemila giorni tediosi e senza scopo, che l’assenza della speranza ha reso tutti ugualmente vuoti – giorni e anni, molti dei quali morti come le foglie secche su un albero inaridito. Ricordo il giorno e l’ora in cui il mio sguardo si posò per la prima volta sul ragazzo che doveva diventare la fonte della mia più grande felicità e della mia più totale disperazione. Fu due giorni dopo il mio compleanno, alle tre di uno di quei pomeriggi grigi e bui, caratteristici dell’inverno tedesco. Ero al Karl Alexander Gymnasium di Stoccarda, il liceo più famoso del Württemberg, fondato nel 1521, l’anno in cui Lutero comparve davanti a Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Spagna”.

“Si può sopravvivere con un solo libro”. A pronunciare questa frase è Fred Uhlman in relazione a questo breve ma intensissimo romanzo che, insieme a Un’anima non vile e Niente resurrezioni, per favore, compone la Trilogia del ritorno. Siamo nel 1932, siamo in Germania, Hans e Konradin sono due amici, il primo ebreo, l’altro un conte appartenente alla “razza superiore”. La loro amicizia, meravigliosa e viscerale, nata sui banchi del liceo, si deve interrompere per volere delle rispettive famiglie per i motivi che hanno macchiato per sempre la storia dell’umanità. Passa una vita, Hans si è trasferito da moltissimi anni negli Stati Uniti, e un giorno riceve una lettera. In questa lettera, che proviene dal liceo che aveva frequentato insieme a Konradin, è allegato un elenco di nomi, ex alunni, che si sono battuti in nome della giustizia. Hans, dopo aver letto i primi nomi, posa il foglio e si lascia andare al ricordo, ricordo che pervade ogni pagina scritta da Uhlman. La follia degli uomini lo aveva diviso dal suo amico prezioso, amico prezioso che in quei giorni lontani aveva provato a spiegare cosa volesse dire stare dalla parte dei carnefici per nascita, per Dna. È nelle ultime righe del libro che tutto si rivela, tutto l’amore del mondo, tutto il senso dei legami eterni, tutta l’anima di un Bene che c’è e non conosce differenze di razza, di credo, di ideali: “Afferrai l’opuscolo con l’intenzione di stracciarlo ma, all’ultimo momento, mi trattenni. Facendomi forza, quasi tremando, lo aprii alla lettera H e lessi. Von Hohenfels, Konradin, implicato nel complotto per uccidere Hitler. Giustiziato”.

È, quello di Uhlman, uno dei libri che ha indirizzato la mia vita, la mia scelta di non cedere mai alla menzogna, all’assenza di empatia e sensibilità. Vi invito a leggere molto, questo libro e tanti altri, di prestare ascolto anche a chi, come Konradin, ha scelto la giustizia e ha pagato con la vita le colpe che non appartengono a un popolo ma solo a una parte marcia di esso.

Vi consiglio anche, di Liliana Segre, Scolpitelo nel vostro cuore (Piemme) e, di Edith Eva Eger, La scelta di Edith (Corbaccio). Il primo è il racconto asciutto e tuonante della nostra senatrice, donna di carattere e missione; il secondo un testo davvero sorprendente: Edith, dopo essere stata prigioniera ad Auschwitz, è diventata psicologa e, attraverso la sua esperienza, aiuta i suoi pazienti a non cadere nelle trappole del peggior campo di concentramento – la nostra mente – che esista.

A tutti voi, cari lettori e care lettrici, un augurio di pace.

 

Fred Uhlman, L’amico ritrovato, Feltrinelli

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