Magico settembre

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Ho molto amato Paolo e dopo tanto tempo ricompare: mi propone un viaggio in Canada per vedere insieme la cosiddetta estate indiana, a inizio autunno, quando il clima
è dolce e la natura acquista colori caldi. Una proposta da amico o c’è dietro altro?

storia vera di Angela Bonacini  

 

 

Ho incontrato per caso Paolo a Roma, circa un anno fa, a un convegno di Storia moderna. Non lo vedevo da quando il nostro amore era finito. Da anni insegna a New York, ci scambiamo gli auguri per le feste e per i compleanni, ma nient’altro. Quindi mi ha sorpresa molto quando ieri mi ha inviato un messaggio via WhatsApp. L’ho letto più volte, anche se il testo era chiaro. “Ciao Angela, come stai? Ho molta voglia di vederti e di parlarti. Vorrei fare un viaggio in Canada con te a fine settembre. Ti propongo un itinerario a sorpresa. Il tuo cuore è impegnato?”.

Ma cosa vuole da me?

Meglio rispondere subito: lo ringrazio per la proposta, aggiungo che non ho impegni sentimentali al momento e che lo richiamerò fra pochi giorni per una risposta.

Non posso nascondere quanto le sue parole mi abbiamo sconvolta: abbiamo vissuto una storia d’amore importante, tra noi è accaduto qualcosa difficile da spiegare e da descrivere, ma che purtroppo è finito.

Ci siamo conosciuti in Corsica, dove eravamo in vacanza, ognuno con il suo gruppo di amici. Per una serie di comiche coincidenze, trascorremmo insieme da perfetti sconosciuti una notte intera: era circa la metà di agosto.

Ci incontrammo sulla spiaggia del campeggio dove entrambi passeggiavamo soli: eravamo stati invitati dai nostri rispettivi compagni di viaggio a trovarci un alloggio per la notte. Luisa, la mia amica, aveva incontrato la copia perfetta di Alain Delon giovane e con lui si era rifugiata nella nostra tenda. L’amico di Paolo, invece, si era chiuso a chiave nella loro roulotte per migliorare il suo francese con una giovane e bella corsa.

Paolo aveva portato in spiaggia la sua amata chitarra e stava suonando. Mi avvicinai a lui: sentivo freddo ed ero arrabbiata con Luisa che mi aveva messa in quel pasticcio; la notte sarebbe stata lunga.

Iniziammo a chiacchierare di musica, poi ci confidammo. Venne fuori che quella notte eravamo tutti e due senza tetto, per la stessa ragione. Prima di salutarci, quando ormai stava sorgendo l’alba, lui mi baciò pudicamente sulla guancia.

 

Mi innamorai del suo modo di parlare, oltre che del suo fisico atletico, ma ciò che più mi conquistò fu la sua sensibilità quasi femminile. Da quella strana notte, infatti, iniziò la nostra storia d’amore. Un anno dopo Paolo vinse una borsa di studio per un dottorato a Boston. Cercò di convincermi a seguirlo, non riuscii a decidermi. Per alcuni mesi continuammo a telefonarci e scriverci, ma il nostro rapporto non sopravvisse alla lontananza.

Ora, dopo tanto tempo, mi propone un viaggio. In realtà, sono furiosa con lui: perché dovrei andarci insieme in Canada, a quale scopo? Ci sarà neve, ghiaccio, bufere di vento, fossi matta. A settembre di solito faccio gli ultimi bagni della stagione alle Cinque Terre, ho ancora voglia di sole. E poi, che cosa si aspetta da me? Ho saputo che si è sposato, perché non parla della moglie? E poi, che diritto ha di chiedermi se ho incontrato un altro uomo? Di certo lui si è consolato velocemente.

Quando lo chiamo due giorni dopo, gli chiedo senza preamboli: «Verrà in viaggio con noi anche tua moglie?».

Mi risponde con un tono di voce alquanto serio che saremo soli: ha divorziato dopo solo un anno di matrimonio. Non ha avuto il coraggio di dirmelo quando ci siamo incontrati e riconosce di avere sbagliato.

Questo cambia le cose, mi dico. Cosa devo fare: partire o rimanere a casa? Cosa mi offrono i prossimi mesi? Dove porterò a passeggio solitudine e depressione? Una parte di me, quella razionale, mi consiglia di non farmi tentare: un viaggio di due settimane con un uomo che è diventato un estraneo sarebbe un grosso errore. Va detto che anche le coppie più affiatate si accapigliano durante le vacanze.

Ma non posso ignorare la mia parte romantica. È lei a suggerirmi che quest’uomo è stato la mia ossessione amorosa e in fondo non l’ho mai dimenticato.

Nel corso della telefonata questi due aspetti della mia personalità si combattono aspramente, ma il cuore prende il sopravvento sentendo la sua voce.

Forse commetto un grave errore, ma gli prometto che lo raggiungerò a fine settembre.

Quando chiudo la telefonata, sono sorpresa dalla mia decisione.

I mesi trascorrono veloci in una piatta tranquillità. Eppure mi sento meglio, in fondo mi aspetta un’avventura.

 

Quando arrivo a New York, la giornata è quasi autunnale. Paolo mi si para davanti e resto sorpresa nel vedere come il tempo non sembra trascorso per lui: forse è addirittura dimagrito dal nostro ultimo incontro.

Arrivati a casa sua, apro il mio grande borsone e Paolo scoppia a ridere fino alle lacrime: ci ho stivato tutto quello che mi serve per una spedizione antartica.

«I doposci, la giacca a vento, le ghette per la neve! Ma non mi hai ascoltato quando ti ho parlato di una sorpresa? Ebbene, la sorpresa si chiama “estate indiana”: dalla fine di settembre arrivano alcuni giorni con una temperatura mite prima che inizi il grande freddo e cominci a cadere la neve» mi spiega ridendo. «Avrai l‘occasione di ammirare un evento naturale davvero unico. I boschi si vestiranno di giallo e marrone. Vedremo uno spettacolo della natura con colori impensabili in questa zona del continente. È difficile spiegartelo a parole, lo vedrai di persona».

Grazie a queste nuove informazioni, preparo una borsa da viaggio senza indumenti pesanti.

Prima di dormire, Paolo mi mostra l’itinerario sulla carta geografica: ha evidenziato in verde il nostro percorso. Partiremo da New York in direzione est. Attraversato il confine con il Canada, ci spingeremo fino alla penisola di Gaspésie, quindi ci dirigeremo verso Québec City e attraverseremo con l’auto il grande fiume San Lorenzo. Concluso il percorso, punteremo di nuovo a sud per rientrare a New York.

Sono stanca e frastornata per il volo, osservo i nomi di quelle località senza realmente rendermi conto di quanta strada dovremo percorrere.

Avverto un leggero disagio, mi sento quasi spaventata: forse mi sono lanciata in un’avventura troppo intensa, meglio dormire e ragionare domani a mente fresca. Auguro buona notte a Paolo e mi ritiro nella camera preparata per me: è calda e intima, in un ordine perfetto.

Purtroppo a causa del jetlag mi sveglio alle cinque e preparo senza fare rumore il caffè con la mia fedele caffettiera che viaggia sempre con me. Bevendo con calma la prima tazza, mi domando come ci comporteremo. Avremo qualcosa da dirci? Ci sentiremo a disagio?

Meglio non rimuginare troppo e chiudere i bagagli. Dopo aver caricato tutto, partiamo. Uscire dalla metropoli è un viaggio nel viaggio. Si susseguono ponti, strade sopraelevate; i miei occhi curiosi osservano tutto.

La giornata è assolata, la temperatura buona, le nostre conversazioni interessanti e senza che vengano mai toccati argomenti troppo personali. Mi sento imbarazzata? Più che altro, continuo a chiedermi se ci sarà qualcosa d’importante che vorremo dirci.

Anche la seconda notte non riesco a dormire. Guardo l’ora: sono le due del mattino. Decido di uscire dalla mia camera e passeggio nel piccolo giardino davanti al motel. Con mia sorpresa, Paolo mi ha sentita. Ho cercato di non fare rumore, ma le nostre stanze sono comunicanti. Si avvicina e quando mi raggiunge mi abbraccia.

Fino a quel momento ci siamo comportati come fanno due amici: gentili, corretti. Lui ha prenotato camere separate da vero gentiluomo.

Eppure succede: più ci avviciniamo al confine con il Canada, più desideriamo oltrepassare un confine che si è creato fra noi, quello che separa l’amicizia dall‘eros.

Non posso negare che mi sento ancora attratta da lui. Certo, non sono più la ragazza che lo ascoltava sulla spiaggia quasi in estasi, ma mi affascina ancora molto. Il calore del suo abbraccio mi conferma che entrambi desideriamo sentirci più vicini. Siamo due cuori infranti che insieme fanno un viaggio. Ma io che cosa provo per lui adesso? È semplice attrazione o provo ancora un sentimento forte? Rimaniamo abbracciati a lungo, capisco che mi fa bene, mi regala una grande calma.

Paolo non tenta di baciarmi, né io lo voglio: meglio non farsi travolgere dal desiderio per il momento.

Osserviamo a lungo la luna piena, intorno a noi c‘è silenzio. Rientro in camera tranquilla: forse quella breve vicinanza fisica mi ha fatto dimenticare un senso d’insicurezza che mi accompagna da tempo.

Il giorno successivo percorriamo centinaia di chilometri, la temperatura è primaverile e c’è poco traffico. Quando oltrepassiamo il confine a Bangor, ci dà il benvenuto la statua di Paul Bunyan, il gigantesco boscaiolo barbuto con un’accetta in mano e la camicia a scacchi rossi che appartiene al folklore nord-americano. Non perdo l’occasione di farmi fotografare ai piedi della statua.

Percorriamo la strada 106 in direzione est e finalmente incontriamo i meravigliosi colori dell’estate indiana: boschi a perdita d’occhio, sui rami d’acero foglie di un verde che sfuma nell’arancio fino a diventare rosso acceso. Ora finalmente capisco cos’è! Paolo mi racconta che i nativi canadesi, gli indiani d’America che popolavano un tempo il Paese, approfittavano del clima mite di questo periodo dell’anno, con notti fredde e temperature piacevoli di giorno, per spostarsi con le loro tribù verso sud.

 

Più ci allontaniamo da New York, più ci avviciniamo: tra noi cresce la confidenza mentre ci raccontiamo la vita trascorsa lontani l’uno dall’altro, fatta di lavoro, delusioni e illusioni.

Al parco nazionale Forillon, in Québec, noleggiamo le biciclette per esplorare la costa davvero magnifica. Questa natura selvaggia mi conquista con i suoi panorami incredibili.

A Rivière-du-Loup, sempre in Québec, ci imbarchiamo con l’auto per navigare il fiume San Lorenzo: impiegheremo ore per attraversarlo. Non vedo l’altra riva, tanto è ampio il letto del fiume. Rimaniamo sul ponte per tutta la traversata, protetti dalle giacche a vento; fa freddo. Ci abbracciamo e sento il suo calore. Restiamo in silenzio davanti a quel panorama che sembra chiederci rispetto. A un certo punto, Paolo mi invita a sedermi accanto a lui e inizia a parlare pesando le parole. «Angela, volevo rivederti non solo per fare questo viaggio insieme. Voglio anche dirti che non ti ho mai dimenticata. Ho deciso di rientrare in Italia, vogliamo riprovarci?».

Le sue parole mi meravigliano e mi rendono felice. In questi giorni ho capito che il mio sentimento per lui è rimasto quello di un tempo, lo amo ancora.

Ci baciamo a lungo, talmente concentrati su di noi che rischiamo di non accorgerci che è arrivato il momento di sbarcare.

Tornando verso New York, siamo consapevoli di aver vissuto un’avventura straordinaria.

Ho percorso migliaia di chilometri in una natura stupefacente scoprendo che non ho mai dimenticato Paolo, né lui me. La vita ci offre la possibilità di riprendere il cammino insieme. E non succede a tutti. ●

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