Nonna Peppina e le case dei terremotati

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Come sopravvivere all'ingiustizia di una politica che disprezza i cittadini

Quando Pinocchio viene portato in Tribunale e processato, sente il giudice che emette la sentenza per un altro accusato

«L’imputato è innocente! In prigione».

Oggi nonna Peppina, innocente Pinocchio di 95 anni, ha subito una delle più paradossali ingiustizie, ed è diventata il simbolo della nostra medievale condizione di cittadini di un assurdo Stato.

Un anno fa, l’Italia centrale viene devastata dal terremoto. Subito i politici si precipitano sulle macerie, generosissimi di promesse: le casette di legno saranno prestissimo consegnate! Prima domanda: ma in un territorio totalmente sismico com’è l’Italia, non ci dovrebbe essere già pronta una riserva per l’emergenza? No, non c’è, ma essendo prefabbricate e di veloce costruzione, si pensa che vengano fatte presto. No, dopo un anno, pochi hanno avuto un tetto seppure di legno, ce n’erano così poche che sono state SORTEGGIATE. Imperdonabile umiliazione: trasformare un diritto in una lotteria – e facendo auto satira involontaria sulla lotteria che è sopravvivere nell’ingiustizia di un tale modo di trattare i cittadini- ingiustizia sanitaria, lavorativa, ambientale.

Nelle Marche terra operosissima, che per la forte personalità e originalità mi ricorda la Sardegna, molti sono allevatori. Non solo gli uomini morivano ma anche le bestie e con esse il pane quotidiano. Visto che lo Stato non c’è, si sono rimboccati le maniche e hanno costruito dei ripari di fortuna per le bestie e gli uomini.

E qui interviene la legge. Non contro i colpevoli e disonesti inetti di una politica che disprezza i cittadini, ma i sinistrati, i danneggiati, le persone in lutto vengono condannate. Nonna Peppina a 95 anni vorrebbe stare sotto un tetto (ma anche se ne avesse 30, trovarsi senza casa ti esilia da ogni certezza), ha un giardino dove figlie e generi la aiutano a costruirsi una casetta di legno. Chiedendo i permessi. Su tre, due ne arrivano. Ma il terzo non arriva mai, e loro intanto vanno avanti. Qui la macchina giudiziaria e statale, da atrofizzata diventa efficientissima e con un guizzo eroico corre a mettere i sigilli a quella casina da Sette nani, e sfratta nonna Peppina, che dice «Non mi muovo. Mettetemi le manette». Non gliele hanno messe, ma l’hanno sbattuta fuori. Ma chi ha dato l’ordine – non certo i Carabinieri, che devono obbedire – davvero non muore di vergogna?

 

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