Scusate le ceneri

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Il romanzo biografia di Dorothy Parker, giornalista e poetessa, temuta per la genialità del suo sarcasmo

 

Dorothy Parker ( 1893-1967), nata Rothschild (ma non quelli ricchissimi, solo benestanti). Fisicamente comune, ma affascinante, con una personalità dirompente, impossibile da ignorare. Fin da piccola, e poi quando diverrà giornalista, poetessa e sceneggiatrice, è temuta per la genialità del suo sarcasmo. Amori folli, drammatici e farseschi, e anche un generoso impegno politico che pagherà caro.

Leggendo questo libro ho capito che se si vuole vivere a lungo bisogna tentare il suicidio spesso, come Dorothy Parker. Ci ha provato coi barbiturici, il laccio, il rasoio, gli stravizi…niente, la morte non la voleva, era condannata a vivere. E morì nel suo letto, a 73 anni, dopo una vita che sarebbe piaciuta ai romantici dell’ 800.

Il romanzo- biografia

Scusate le ceneri, dice Dorotky Parker prima di morire. Ma ci può essere un epitaffio più bello, più ironico, più tenero e sprezzante? Ed è un grande titolo. Scusate le ceneri  di Gaia de Beaumont (Marsilio), uscito nel 1993, fortunatamente è stato ristampato. Avevo perso la vecchia copia, e smemorata come sono è stata una gioia nuova rileggerlo, e ritrovarmi in compagnia di quell’ibrido pericoloso e irresistibile che è Dortothy-Gaia.

  • Martini, due al massimo. Al terzo sono sotto il tavolo, al quarto sotto il cameriere.
  • Amo gli animali e non le persone. Nulla impedisce agli altri di occuparsi di bambini e altre sciocchezze.

Alla mia prima lettura aveva prevalso il divertimento per questo umorismo spietato e paradossale, spaventosamente vicino alla verità. Il libro è come una sonata di Tartini, un trillo indiavolato, ironico, elegante. Con una levità che non ho mai visto in una tragedia greca. Anche il ritmo è irriverente. Ho seguito nello scriverlo il ritmo dei balli degli anni 20 e 30 (Gaia de Beaumont)

Giornalista di punta di Vanity Fair, Dorothy Parker non risparmia nessuno, (Odio le donne, mi annoiano, coi loro pranzetti i loro marmocchi, i loro mariti da compiacere). E sconta le critiche teatrali troppi feroci con  dispetti professionali ed emarginazioni.

Dorothy scrive benissimo ma poco, e beve, sperando che l’alcol la aiuti a comporre. Ma il bere diventa una passione a sé, lei non è un’alcolizzata che vorrebbe smettere, spera solo che il suo fisico le permetta di vivere più a lungo possibile per bere ancora, lei è una credente nell’alcol, per lei il bere è una fede. La realtà  è intollerabile. Deve distorcerla, passare direttamente alla visione.

Questo non aiuta i rapporti col prossimo, e la sua vita è tutta una piazzata, coi direttori, i produttori, gli amanti, gli amici. Famose quelle con Ernest Hemingway, sprezzante il ritratto col quale Dotty (il diminutivo con cui tutti la chiamano) distrugge Francis Scott Fitzgerald, rivelando la sua volgarità. Non è solo scintillante mondana e polemica Dorothy, ha un profondo senso della giustizia. Si schiera a favore di Sacco e Vanzetti, contro il nazismo, per Martin Luther King, e pagherà carissimo durante il maccartismo la sua  simpatia per un ideale comunista.

Il ritratto di Dorothy di Gaia de Beaumont non ha indulgenze verso il personaggio, come Dorothy non ne aveva per se stessa, un ritratto che ha la potenza di farti sentire lo sturm und drang distruttivo della protagonista, e il terzo occhio che tutto vede, l’umorismo. Un’eroina assolutamente originale: una donna sinceramente dalla parte della propria disfatta (eppure capace di grande allegria).

L’autrice ci ha messo tutte le sue anime. L’artista, l’amante, l’intellettuale, l’umorista, l’aristocratica che non vuole esserlo, la pessimista, la vitalista, la guastatrice, la bambina con una smisurata capacità  di illusione e di dolore.

Alla seconda lettura di questo libro, mi sono fatta dei pianti che non riuscivo più ad andare avanti. È un capolavoro della crudeltà. Con tutto il suo brio trapassa il cuore.

Confidenze