Sei il peggior paziente possibile?

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Perché una cura o una dieta siano efficaci c'è bisogno sì di un buon terapeuta, ma anche di un buon paziente. Voi quanto lo siete? Verifichiamo un po'

Dopo tanti anni di attività, credo di non sbilanciarmi troppo se affermo di aver avuto l’occasione di incontrare ogni fattispecie possibile di paziente: quello timidissimo, che parla a voce bassa e che ha bisogno che gli tirino fuori le parole con le pinze e quello che ti sommerge con una storia che parte dall’infanzia ed è straricca di dettagli; c’è il paziente che arriva agli appuntamenti sempre in ritardo e quello che immancabilmente si presenta in studio con mezz’ora buona di anticipo; c’è la persona che sta sulla difensiva, si chiude a riccio e teme di mettere a rischio un equilibrio psicofisico magari conquistato a fatica e chi, al contrario, ha modi irruenti e un atteggiamento di sfida. E mi fermo qui per necessità di sintesi, perché il campionario è in realtà vasto.

Naturalmente questi sono i casi limite e sono innumerevoli le sfumature tra i due estremi. In ogni caso, tutti i pazienti vanno bene: un professionista sanitario degno di questo nome sa gestire qualunque “tipologia” di paziente, adeguando la sua comunicazione e il proprio operato secondo necessità.

Ci sono tuttavia alcuni comportamenti, non esclusivi di nessuna delle personalità sopra individuate, né di altre, che rappresentano un vero ostacolo. Non danneggiano tanto il professionista – medico, nutrizionista o chi per lui , ma innanzitutto il paziente stesso, la buona riuscita della visita medica o nutrizionale e persino l’efficacia del trattamento proposto. Certe modalità di comunicazione e determinate azioni del paziente possono rivelarsi controproducenti e pregiudicare gli esiti della visita, sebbene vengano messi in atto in buona fede, nella convinzione che siano utili, se non indispensabili.

 

Voglio elencarvi alcuni degli atteggiamenti sbagliati più diffusi. Provate a verificare se vi riconoscete in qualcuno di loro e, nel caso, a correggerlo. Constaterete con i vostri occhi che la relazione paziente – terapeuta ne beneficerà.

 

Il paziente che non segue

Gli consegni un elenco di indicazioni stampato nero su bianco, glielo commenti in sua presenza, ma quando il paziente torna per un controllo ti dice che questo non l’ha seguito, quest’altro non gli piace, questo purtroppo non ha avuto il tempo di farlo, questo “sa com’è dottore… in famiglia siamo in quattro e non posso costringere tutti a seguire la mia dieta” e in più “ah sì, l’integratore che mi ha prescritto non l’ho assunto perché le pastiglie mi dimentico sempre di prenderle”. E magari poi si stupisce pure di non aver avuto i risultati che si aspettava… È la cosiddetta “non-compliance”, la mancata aderenza alla terapia o alla dieta. Seguire le indicazioni che vengono fornite (possibilmente tutte) è essenziale per ottenere i benefici attesi. Sembra ovvio, ma vi garantisco che per tanti non lo è.

 

Il paziente che non ascolta

In ogni seduta, c’è un momento in cui il paziente deve poter parlare liberamente (racconta il motivo della visita, la sua storia, persino le emozioni che prova e ogni altro aspetto che reputa necessario), ma poi questo momento si chiude e se ne apre un altro in cui è il terapeuta a parlare, fornendo le sue prescrizioni. Se però anche in questa seconda fase il paziente si inserisce continuamente, aggiungendo dettagli non rilevanti (in genere le cose importanti emergono in fretta, ovvero nella prima parte), curiosità, supposizioni, domande non pertinenti, “sentito dire” e simili, il buon andamento della visita ne risente. Alcuni pazienti sembrano interessati più alle proprie parole che a quelle del professionista a cui si sono rivolti, il che è per certi versi paradossale. Parlate, ma poi ascoltate.

 

Il paziente che ha qualche problema con la cartella clinica

Qualcuno non si sogna nemmeno lontanamente di portare con sè almeno mezza riga vergata dal medico di famiglia. All’opposto, c’è il paziente che si trascina dietro una valigia di incartamenti, che partono dalla tonsillectomia fatta da bambino e che ti sparpaglia sulla scrivania, con il risultato che è lui stesso a non raccapezzarcisi più dopo dieci secondi. Ordinare e selezionare la documentazione clinica per tempo rende le visite più proficue.

 

Il paziente che “studia” su internet

Il web è una risorsa incredibile e certo non lo criticherò io che sono stato tra i primi, già alla fine degli anni 90 del secolo scorso, a scrivere on line di naturopatia e di alimentazione. Internet però dev’essere usato con senso critico, perché insieme a notizie vere raccoglie tante castronerie. Sopratutto va impiegato per cercare informazioni e non invece come sostituto virtuale del medico. A volte mi trovo a dover discutere con certi pazienti di luoghi comuni, bufale e notizie prive di fondamento, di cui sono profondamente convinti e che rappresentano ostacoli all’adesione al piano nutrizionale che fornisco loro. Se non vi fidate del professionista che avete davanti, cambiatelo. Altrimenti, ascoltate lui, che è un esperto della materia e sta rivolgendo i suoi suggerimenti specificamente a voi. È meglio invece evitare di prestare cieca fiducia a sconosciuti che parlano da dietro un monitor, magari pure senza titoli e a una massa indefinita di persone.

 

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