Quante bufale sulla salute! Impariamo a smascherarle

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Le cure alternative esercitano un grande fascino. Ma non è facile capire quando possono funzionare davvero e quando invece si tratta di bufale vere e proprie. Come difendersi?

Limone e bicarbonato per curare il cancro, l’alimentazione vegana che previene ogni malattia, elisir di erbe con effetti terapeutici più potenti di quelli dei farmaci, diete che assicurano di far vivere più di 100 anni. Quante sono le terapie alternative spacciate per efficaci, benché prive del minimo riscontro scientifico? Oggi, con la diffusione di internet e dei social network, non si contano più.

Su chi soffre e non è riuscito a trovare soluzione ai propri problemi di salute queste cure sono in grado di esercitare un fascino irresistibile. Perché, sostanzialmente, promettono miracoli.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, i loro rischi sono più dei benefici. Tra questi c’è persino il pericolo di abbandonare terapie riconosciute dall’intera comunità scientifica per ricorrere a cure millantate dal sedicente esperto di turno, quando non addirittura da sconosciuti membri di un gruppo Facebook.

Smascherare le bufale sulla salute non è facile: le teorie pseudoscientifiche sono in genere confezionate ad arte, si presentano come verosimili e risultano, appunto, molto allettanti per la loro vantata validità.

Per evitare di farci del male, quando veniamo a conoscenza di un metodo o di un rimedio non convenzionale che promettono benefici insperati prestiamo attenzione innanzitutto a questi tre aspetti.

 

1 – I giusti riferimenti

Chi fa affermazioni perentorie ha l’obbligo di dimostrarle, e di farlo citando fonti scientifiche. Frasi generiche come “Molti medici ormai sostengono…”, “Ci sono tante ricerche che oggi attestano…”, “Sono diverse le persone guarite…” non significano nulla e non meritano considerazione. Ci vogliono le prove.

 

2- Un libro non è uno studio scientifico

Praticamente chiunque può scrivere un libro e pure riempirlo di ciò che vuole, senza che venga verificata più di tanto la veridicità del contenuto. Al contrario, una ricerca può essere pubblicata sulle principali riviste scientifiche internazionali solo se ha seguito protocolli precisi, è stata condotta in modo controllato, è stata revisionata da altri studiosi. Tutti elementi che danno garanzia di una ben diversa affidabilità dei risultati. Per citare uno degli esempi più pertinenti, il China Study, con le sue “rivoluzionarie” teorie sugli alimenti animali che provocherebbero il cancro, è un semplice libro: il lavoro non è mai apparso su alcuna rivista di settore, perché il suo autore, T. Colin Campbell, sapeva bene che non sarebbe riuscito a rispettare i crismi di scientificità richiesti.

 

3 – Le voci fuori dal coro

Alcune teorie sono promosse da personaggi effettivamente all’interno del consesso scientifico, magari anche molto noti. Tuttavia non bisogna ignorare quando le loro posizioni sono, e restano, del tutto isolate. Se qualche medico sostiene che dovremmo tutti seguire una dieta priva di latticini e il restante 95% della comunità scientifica la pensa diversamente, sarebbe ingenuo ritenere che le due posizioni abbiano lo stesso peso e godano della medesima credibilità.

 

Tutto ciò naturalmente non significa che non si possano considerare approcci di carattere non convenzionale, che anzi rappresentano una risorsa spesso preziosa. Solo uno sciocco o chi è abbagliato dalla presunzione potrebbe rifiutare in blocco, ad esempio, la medicina ayurvedica, oppure quella cinese, semplicemente perché di scientifico hanno poco: si tratta di tradizioni mediche con millenni di storia e di pratica alle spalle e già soltanto per questo meriterebbero attenzione.

 

È tuttavia sempre necessario sapere quando si ha a che fare con tecniche e metodi comprovati, scientifici, oggettivi e quando invece no. Coloro che li propongono devono avere l’onestà di evidenziare questo distinguo e coloro che vi ricorrono il buon senso per comprendere la differenza. Chi si riferisce all’efficacia dei fiori di Bach con la stessa indubitabilità e perentorietà che potrebbe utilizzare parlando di antibiotici dimostra, in un sol colpo, di non conoscere né i fiori di Bach né gli antibiotici.

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