Sarà un giorno da ricordare

Cuore
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La storia più votata per il n. 18 è "Sarà un giorno da ricordare" parla una mamma separata con un figlio da riconquistare

 
Oggi sono qui per riconquistare l’amore di mio figlio. Il mio non è mai stato in discussione, ma dopo la separazione da suo padre lui si è allontanato da me. Ha solo 16 anni e ha bisogno di me più di quanto lui stesso creda. Riuscirò a convincerlo?

storia vera di Gabriella Biondi

 

Finalmente sono arrivata, giusto in tempo! Neanche un istante per calmarmi e mettere freno all’ansia che mi sta quasi soffocando. L’edificio davanti a me è austero, cupo come il cielo che sembra fare pendant con quella strana sensazione che avverto.Entro e salgo i gradini. A ogni step sembra che l’aria mi manchi, ma devo farmi forza perché in ballo c’è la mia vita e quella della persona che amo di più al mondo. Mi introduco nella stanzetta adiacente lo studio della Ctu, la consulente del tribunale, incaricata dal giudice di dipanare le trame intricate della mia storia familiare e di trovare un accordo. Eccoli, insieme, uno vicino all’altro: Paolo, il mio ex marito, e mio figlio Alessio.Mi avvicino timidamente. Sono mesi che non lo vedo, non lo sento e certo non per colpa mia. Come sono arrivata a questo punto? Solo un anno fa eravamo una famiglia, fino a quando avevo deciso di andarmene, di voltare pagina lasciandomi alle spalle una situazione in cui non riuscivo più a mentire, accettando di rifarmi una vita accanto all’uomo di cui mi ero innamorata. Io ero nata per le cose lineari: un grande amore, un matrimonio felice, i figli, ma non era andata così.Paolo non mi aveva perdonata e, in sede legale, aveva usato Alessio, approfittando del suo risentimento verso di me, per ottenerne l’affido esclusivo. Io potevo vederlo solo nei tempi stabiliti, ma di fatto si era sempre rifiutato di frequentarmi e di trascorrere anche solo pochi giorni a casa mia, dove vivevo con il mio nuovo compagno che lui definiva “ladro di vite altrui”.

«Ciao amore mio, come stai?». Quella semplice domanda è il mio modo impacciato di dirgli: ”Sono qui, non allontanarti, fatti abbracciare. Ho passato così tanto tempo a sentirmi invisibile che ora ho paura di non essere abbastanza per ricondurti a me”. Il suo sguardo sprezzante mi fa capire che non sarà facile dialogare con lui, trovare un punto d’incontro. Sento la voce della dottoressa che ci convoca nel suo ufficio. Neanche il tempo di sedermi che mi domanda: «Signora, come mai questa richiesta di revisione delle condizioni di affido. Le cose sembravano definite».

«Certo, ma non per me» ribatto. Le parole mi escono spontanee, pronunciate sottovoce, quasi fossero una confessione. «Non riesco ad avere un rapporto con mio figlio, le condizioni decise in sede processuale non vengono rispettate». Ho gli occhi colmi di lacrime mentre aggiungo: «Io non posso rinunciare a lui, lo penso ogni giorno, mi manca, vorrei stringerlo, abbracciarlo, sapere se ha mangiato, se ha dormito, se sta bene».

Mi volto e osservo il sorrisetto beffardo sulle labbra di Paolo, lo sento pronunciare le solite parole sprezzanti. «Un po’ tardi, non credi? Dove sei stata in questi mesi?».

Vorrei rispondergli in malo modo, ma mi sono imposta di rimanere calma. Ho talmente pianto in questo lungo periodo, mentre mi chiedevo il perché di tutto quello che mi stava accadendo e ho provato così tanta rabbia, dolore, tristezza, solitudine da arrivare ad abbracciarmi forte, cercando di consolarmi e credo che ogni lacrima versata sino a oggi mi abbia reso un po’ più forte, indifferente, tanto da guardarlo come se avessi davanti un fantasma e rispondergli.

«Ero dove mi avevi parcheggiato, a riflettere sul male che mi stavi facendo, a pensare di meritarmelo. Ero là, abbandonata, a credere di non valere, a tollerare il tuo disprezzo. Adesso è giunto il momento di raccontarmi una storia diversa, una storia in cui mi perdono, in cui imparo ad amarmi e a non permetterti di tenermi lontana da mio figlio».

«E tu cosa ne pensi Alessio?» gli domanda la dottoressa.

«Il solito» risponde mio figlio, «non voglio avere rapporti con mia madre». Il tono è deciso, pacato, ogni tanto volge il capo come a cercare l’approvazione del padre.

 

Abbasso lo sguardo per un istante che sembra infinito. Ho inseguito il mio ragazzo come si insegue un sogno che non vuole farsi afferrare, l’ho aspettato nei giorni più lunghi, gli ho dato ragione quando non ne aveva, ho sofferto per il vuoto che mi lasciava, l’ho capito e perdonato.

Alzo la testa, lo guardo dritto negli occhi mentre lo sento pronunciare: «Ribadisco la mia ferma intenzione di rimanere a vivere con mio padre perché mi sento tranquillo, non ho intenzione di lasciare la mia casa, i miei amici, il mio paese, di cambiare le mie abitudini. Mia madre ha fatto la sua scelta, adesso deve rispettare la mia».

Sembra una lezione imparata a memoria, poche parole che hanno il sapore di una sentenza. In quel preciso momento mi sento morire. Ancora una volta mi volta le spalle, mi nega il suo sostegno, una parola di conforto. Opta per non avere una madre. Vittima inconsapevole dell’ignoranza, dell’odio, del rancore, della prepotenza che ha fatto sue. Non si può spiegare la delusione che provo, ma non è il momento di abbattermi, di chiudere il sipario su questa dolorosa situazione. Sono qui per cercare un compromesso, per fare breccia nella corazza che si è costruito per non ricevere altre ferite.

Provo a spiegare il mio punto di vista: «Penso che sia giunto il momento di riconsegnare non una madre a suo figlio, perché l’ha sempre avuta, ma un figlio a una madre, perché impari ad amarla, a rispettarla, a esserne orgoglioso». Mi avvicino al mio ragazzo e gli sussurro: «Se questo non avviene, se continui a rifiutarmi, a rifiutare il mio amore, come puoi crescere sensibile e sereno? Sei mio figlio, sei la mia vita e io per te ci sarò sempre».

Passano istanti che sembrano eterni. La dottoressa prova a suggerirgli di trovare dei momenti da trascorrere insieme. «Ascolta Alessio: non ho intenzione di suggerire al giudice un cambiamento delle modalità di affido, se tu non vuoi, ma penso che sia importante per te provare a ricostruire un rapporto con tua mamma. Hai 16 anni, ritengo che tu possa decidere di vederla ogni volta che ne senti il desiderio, consentendole di essere più presente nella gestione della tua quotidianità».

Respiro mentre aspetto la sua risposta. Lo osservo… è bello da paura. Gli occhi sono i miei, i capelli biondi, che gli cadono sulla fronte, alta e spaziosa, sono i miei. Infila le mani nelle tasche della tuta, come a prendere coraggio mentre mormora: «Sono disponibile a vedere mia madre tutti i lunedì dalla fine della scuola alla sera dopo cena, ma non voglio assolutamente rimanere a dormire da lei né tantomeno trascorrere il weekend a casa sua».

Adesso la voce di mio figlio è flebile, quasi impaurita. Dolce cucciolo perso nella tempesta della vita, la sua breve vita già intrisa di dolore, pedina inconsapevole nelle mani di chi ci vuole tenere separati.

«Va bene così» riesco a sussurrare.

Nonostante il poco che sono riuscita a ottenere sono felice perché penso che ne sia valsa la pena. L’aver trovato un punto d’incontro, l’amore immenso che provo per lui faranno il resto.

Ringrazio la consulente per aver capito e aver provato a riavvicinarmi al mio ragazzo. So che per molti potrà sembrare incredibile, ma mi sento leggera come una farfalla, libera di volare incontro al futuro che mi appare più roseo rispetto a qualche ora prima. Mi volto verso mio figlio. «Posso darti un bacio?» domando speranzosa. Si avvicina porgendomi la guancia.

«Sì mamma» risponde stendendo le labbra in un timido sorrisetto e mentre si allontana, si volge un’ultima volta per dirmi: «Ci vediamo presto».

«Sì, Alessio! Prestissimo». Sbaglio o mi ha fatto l’occhiolino? Non importa, mi sembra di camminare a un metro da terra. Mi scapicollo giù dalle scale. Ho bisogno di aria. Guardo in alto, incredibilmente le nuvole si sono diradate lasciando posto a un pallido sole. Mi sembra un segno del destino. Questa giornata, iniziata con il gelo dentro al cuore si è tinta dei colori caldi della primavera e rappresenta un passo avanti verso la normalità, verso la riconquista del mio ruolo di madre. Vincerò la mia battaglia, adesso ne sono sicura.

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