Piccoli atti di misericordia di Dennis Lehane

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Un thriller ci porta nella Boston degli anni Settanta, spezzata in due da un razzismo dilagante e strumentalizzato dalle mafie

di Tiziana Pasetti

Trama – Il 21 giugno 1974 una sentenza del giudice federale Garrity Jr. stabiliva la necessità, per contrastare lo svantaggio delle scuole pubbliche frequentate da alunni neri, la discriminazione e l’odio tra etnie, di trasportare tramite scuolabus gli studenti dei quartieri abitati dai bianchi nelle scuole dei quartieri abitati dai neri e viceversa. Due i quartieri più esposti, la South Boston High School (a prevalenza bianca) e la Roxbury High School (a prevalenza nera). La sentenza non fu ben accolta dai genitori dei ragazzi. Mary Pat Fennessy ha 42 anni, vive nelle case popolari del quartiere irlandese, a Southie, ha perso il primo marito quando era giovanissima e il figlio, Noel, per overdose. Mentre fervono i preparativi per le manifestazioni contro la migrazione scolastica, Jules, uscita per una serata con gli amici e il fidanzato Rum, sparisce nel nulla. Quella stessa notte, nel quartiere di Mary Pat, sulla banchina della metropolitana, viene rinvenuto il cadavere di un ragazzo nero. I due avvenimenti sono collegati l’uno all’altro? Jules dov’è? Lei è ancora viva?

Un assaggio – «Venerdì ci sarà una manifestazione. Una marcia». «Tanto non cambierà nulla». Lo dice in tono apatico, ma Mary Pat vede la paura agitarsi nei suoi occhi, scurendo le occhiaie. Era carina, Jules. Ma proprio carina. E adesso si vede che sta già invecchiando. A diciassette anni. Per tanti motivi: crescere a Commonwealth (che non è un posto che sforni reginette di bellezza e top model, per quanto carine possano essere appena nate); perdere un fratello; vedere il patrigno che se ne va di casa quando stava iniziando a credere che sarebbe rimasto; essere costretta da un’ordinanza federale a fare l’ultimo anno in una nuova scuola, in un quartiere sconosciuto dove i bianchi è meglio che non vadano in giro dopo il tramonto; senza contare che ha appena compiuto diciassette anni e si fa chissà cosa con i suoi amici deficienti. Canne a iosa e acidi, questo Mary Pat lo sa. E alcol, ovviamente; a Southie, la maggior parte dei bambini esce dal ventre materno con in mano una lattina di Schlitz e un pacchetto di Lucky Strike. E poi c’è il Flagello, la polverina marrone e le siringhe del cazzo che in meno di un anno trasformano ragazzi sani in cadaveri ambulanti. Se Jules si limita all’alcol, alle sigarette e a una canna qua e là, perderà solo la sua bellezza. Cosa che da queste parti capita a tutti. Ma Dio non voglia che passi al Flagello. Mary Pat morirebbe per la seconda volta. Negli ultimi due anni si è resa conto che non avrebbe mai dovuto crescere Jules qui. Dalle foto di Mary Pat da piccola – muso accartocciato, spalle larghe, corpo tozzo da giocatrice di roller derby – si capisce che è la classica ragazza irlandese coi controcoglioni. Di solito la gente preferisce affrontare un cane randagio affamato che rompere le palle a una tipa di Southie cresciuta in un caseggiato popolare. Ma Jules è di un’altra pasta. Jules è alta e slanciata, con lunghi capelli lisci rosso ramato. Ogni suo centimetro è delicato e femminile, e un cuore spezzato sarà inevitabile quanto un polmone nero per un minatore.
Leggerlo perché – Chiunque abbia visto i film tratti dai suoi thriller (un titolo per tutti, Mystic River) conosce la bravura di Lehane nel costruire ambientazioni ipnotiche e struggenti. Piccoli atti ci porta nella Boston degli anni Settanta, spezzata in due da un razzismo dilagante e strumentalizzato dalle mafie. La misericordia che fiorisce via via tra i protagonisti, inaspettata e sempre perfetta, è l’elemento di forza di questa storia. Una scrittura cruda, nessuna concessione al politically correct, e nello stesso tempo – magia di chi sa scrivere davvero – delicatissima.

Dennis Lehane, Piccoli atti di misericordia, Tea
Traduzione di Alberto Pezzotta

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