di Tiziana Pasetti
Trama – Dawn ha un marito, Heron, e una figlia, Maggie. È il 1982. Dawn ha ventitré anni. Tutto è già deciso, il suo presente e il suo futuro. Poi un giorno, a un mercatino di beneficenza, conosce Hazel. Nel suo presente e nel suo futuro non sembrava esserci altro spazio, non troppo, almeno. Ma l’amore funziona così e non si prende parti residuali, quando è vero sconvolge e si prende tutto. Dawn si innamora. E lo dice e Heron, quel marito mite che, ne è certa, saprà capire. Ma l’amore quando è ferito non funziona come vorremmo, l’amore quando è ferito è una furia. Una donna che lascia un uomo, e una figlia piccola, per un’altra donna non può essere una brava madre, questo sostengono in tribunale gli avvocati di Heron. È il 1982. Dawn si innamora e perde la custodia di sua figlia. Passano quarant’anni. Maggie è cresciuta, è madre di due figli. Suo padre le è sempre stato accanto, non come sua madre che, Heron non glielo ha mai nascosto, l’ha abbandonata. È il 2022. Heron si ammala, un cancro. Incurabile. Maggie ha davanti a se un dolore immenso da affrontare. Anzi. Non solo uno.
Un assaggio – Dawn era sicura di aver chiacchierato più quell’estate che in tutta la sua vita. Hazel era una miniera di storie. Parlava e parlava delle sue compagne del college, dei loro nomi altisonanti e delle loro abitudini eccentriche. Raccontava di aver attraversato la Grecia in autostop durante le vacanze, dei paletti che aveva scavalcato o abbattuto in nome della pace, e in cerca di un pizzico d’avventura. Le manifestazioni erano come feste, ha raccontato a Dawn. Tutta l’organizzazione. Tutta la gente. Ti davano l’impressione di contare, di fare qualcosa di reale. Le storie di Hazel non nascevano dalla spavalderia, ma dalla voglia di condividere, come raccontare a un’amica fin nei minimi dettagli cosa è successo nell’ultima puntata di EastEnders, nel caso se la sia persa. L’unico intento di Hazel è quello di aggiornare Dawn; è come se fosse sorpresa che lei non ci sia stata fin dall’inizio. D’altro canto, le storie di Dawn sembrano troppo tranquille, spente e prevedibili. Non è mai stata da nessuna parte da sola, non ha mai vissuto altrove. Se ha qualche storia da raccontare, allora sono tutte storie che riguardano Maggie. La sensazione che ha avuto il giorno in cui è venuta alla luce, di contare qualcosa, finalmente, come se il mondo avesse davvero bisogno di lei. La meraviglia che ha provato nel contemplare quella nuova versione di sé che camminava, parlava, Maggie che diventava un essere autonomo da lei. Quando Dawn parlava davvero di sé, ha notato, per la primissima volta, che non c’erano spazi nella sua vita, nessuno iato tra la scuola e il lavoro, o la casa e il matrimonio. Non aveva avuto il tempo di accumulare esperienze da trasformare in una storia che valesse la pena raccontare. Era agosto quando Dawn si è accorta che non era né per il taglio di capelli né per le cose di cui parlava che Hazel le piaceva tanto. Era per il modo in cui l’atmosfera cambiava quando c’era lei.
Leggerlo perché – Intanto perché è scritto benissimo, lo leggi e lo vedi, un film di quelli che non si dimenticano. Leggerlo perché l’amore è roba che scotta, roba che sembra perfetta e invece è solo una confusione e spesso un gioco di potere e quasi sempre un abbaglio, un azzardo della fantasia, un errore figlio della fretta, degli ormoni, dell’immaginazione. Leggerlo perché l’Amore è roba complessa, quando è reale. Roba che lascia lividi. E tracce. E legami. Leggerlo perché racconta una pagina della nostra storia: negli anni Ottanta, nel Regno Unito, circa il novanta per cento delle madri omosessuali coinvolte in casi di divorzio – l’Amore in certi tempi e in certe latitudini è coraggio e mossa culturale, martirio personale e sociale– hanno perso la custodia legale dei loro figli.
Claire Lynch, Una questione di famiglia, Fazi Editore
Traduzione di Velia Februari
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