Due città, un confine

In viaggio
Ascolta la storia

Gorizia e Nova Gorica fanno parte di Nazioni diverse, ma hanno condiviso molto. Per questo, insieme, hanno il titolo di Capitale europea della Cultura. E ospitano, fino a fine anno, tantissime iniziative

Due città, un riconoscimento: Go!2025 Borderless è il progetto che ha unito due capoluoghi di nazionalità diverse, nominati insieme “capitale europea della cultura”. Gorizia con la sua storia secolare e multietnica, e Nova Gorica, città slovena, strettamente intrecciata al lato italiano del confine. Un paesaggio lambito dai frutteti delle valli di Brda e di Vipava, dove l’Isonzo porta acqua color smeraldo dalle Alpi, e dove il Carso e il mare sono a portata di sguardo. Attraversare le due città significa conoscere la storia sofferta del Novecento in un luogo che ha saputo reinventare l’idea di confine.

La vecchia signora

Gorizia è una vecchia signora dal fascino blasé: per anni quasi arresa al tramonto, oggi splende di nuova luce e si offre al turista come un concentrato di cultura frontaliera che mescola influenze austroungariche, ebraiche, slave e la propria radice italiana. Tutta da attraversare a piedi partendo da corso Verdi, cuore della vita goriziana con negozi, librerie, il teatro e all’angolo con via Boccaccio il vivacissimo e colorato mercato coperto aperto nel 1927, dove ogni mattina si trovano ortaggi e fiori, formaggi e carni. Un luogo significativo della città è il Trgovski Dom, l’attivissima biblioteca slovena progettata nel 1907 dall’archistar Max Fabiani e riportata al suo splendore dopo anni difficili. Trgovski Dom racconta la Gorizia orgogliosa di vivere in un impero multietnico. Le cose qui sono cambiate più volte e ancora c’è chi si ricorda di cosa ha vissuto la città dalla forzata italianizzazione di epoca fascista alla fine della Seconda guerra mondiale. Il valico secondario del Rafut si trova in piena città, a 15 minuti a piedi dal centro: venne istituito quando, in seguito ai trattati di Parigi del 1947, si delineò il nuovo confine fra Italia e Jugoslavia, tagliando in due la città. In territorio italiano c’è il piccolo museo del Lasciapassare (in sloveno Prepustnica), con filmati d’epoca e pochi oggetti che, letti da uno schermo multimediale, raccontano storie: tra questi, il documento che dal 1954 permetteva ai goriziani di accedere per dieci km oltre confine. Oltre la ferrovia, in terra slovena, c’è invece il Museo del contrabbando, che racconta storie e aneddoti su questa fiorentissima attività transfrontaliera.

Il passaggio in Slovenia

Seguendo l’andamento irregolare dei cippi che segnavano il confine, dove ora c’è una ciclabile, si arriva alla stazione di Gorizia Nord su cui affaccia piazza Transalpina (per gli sloveni Trg Evrope). È il luogo simbolo della capitale europea della cultura e oggi emblema della caduta delle frontiere, ma nel 1947 stazione di confine tra Italia e Jugoslavia. Gli interni della stazione, immutati nel tempo, ospitano un minuscolo Museo del confine. Subito oltre le rotaie invece, dove prima c’era campagna, negli anni Cinquanta è nata Nova Gorica. Costruita dalle brigate giovanili di Tito su progetto di Edvard Ravnikar (allievo di Le Corbusier), oggi è luogo della movida anche per i giovani goriziani. Intorno al Travnik, il grande prato che d’estate è sede di concerti e performance, si trovano i tre edifici principali della città: il municipio, la biblioteca e il Teatro Nazionale. Di fronte ecco l’Eda center, il grattacielo che apre alla zona pedonale: blocchi di cemento squadrato, caffè e ristoranti. Poi i casinò, che salvarono l’economia yugoslava quando Tito inaugurò la politica di non allineamento con i Paesi satellite all’Unione Sovietica. Il casinò Perla ha vissuto molte vite e ricorda, negli interni scintillanti, quegli anni.

Nell’antico ghetto

Si rientra in Italia attraverso Erjavceva ulica, un viale un po’ magniloquente con i busti celebrativi degli eroi sloveni che, a un certo punto incrocia la sinagoga di via Ascoli. È determinante il ruolo della minoranza ebraica nella storia di confine della città. Gorizia, fino alla fine della Prima guerra mondiale città asburgica, era un vivace centro di cultura organizzato intorno allo Stadtgymnasium. Uno dei suoi maggiori protagonisti è Carlo Michelstaedter, filosofo, poeta, autore di opere grafiche e pittoriche. Seguire le sue tracce è percorrere l’antico ghetto (dove si trova la Vecia Gorizia, l’osteria oggi ancora aperta che fu quartier generale della Resistenza) per arrivare in via Rastello. In questa arteria molto old fashion, ancora ferma ai primi del Novecento con luoghi perfettamente conservati come la ferramenta Krainer, è stata inaugurata una statua in memoria.

Territori affini

Da qui si scende a Piazza Vittoria, detta semplicemente travnik (prato) e dominata dalla chiesa di Sant’Ignazio, oggi il salotto buono della città. Al n 14 si trova la casa della contessa Lyda de Nordis Hornik o Lyduska. Figura celebre e controversa, alla fine della Seconda guerra mondiale rientra a Gorizia dall’Africa per salvare le sue proprietà. Grazie all’amicizia di Sarah, figlia di Winston Churchill, e alla dolce vita goriziana che inaugura in quei mesi disperati riuscirà a far annettere la sua casa di villeggiatura, geograficamente in territorio sloveno, all’Italia. Oggi è ancora così: il confine è un concetto evanescente perché nonostante la linea bianca questi territori sono da sempre affini, mai completamente indivisi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Testo di Elena Filini pubblicato su Confidenze 39/2025

Foto: Fabrice Gallina, Castello di Gorizia

Confidenze