Ho avuto un tumore e accolgo ogni giorno come un dono, grata per la salute ritrovata. Correre con altre donne che hanno avuto esperienze simili alla mia mi aiuta tanto. Ora il nostro prossimo traguardo è la gara di Atene
Storia vera di Giulia Cirelli raccolta da Alina Rizzi
Avevo 36 anni quando sotto la doccia mi sono accorta di avere un nodulo al seno. Ma non mi sono preoccupata: è abbastanza normale quanto prendi la pillola anticoncezionale e se hai un seno predisposto. Un mese dopo, però, leggo in internet un articolo del marito di una nota giornalista, morta di tumore al seno, che invitava le donne ai controlli preventivi. La cosa mi colpì molto e poiché il nodulo era ancora lì, pensai che fosse il caso di farlo controllare. Non avevo mai fatto una mammografia prima, perché era consigliata dopo i 50 anni per prevenzione. Ma in quel frangente mi decisi.
Il responso è stato davvero imprevisto: «Non morirà per questo tumore, ma deve assolutamente farselo togliere» mi dissero. Ovviamente prenotai subito all’ospedale di Bergamo un ago aspirato, con tutta l’ansia del caso. Scoprii così che avevo un tumore e anche piuttosto aggressivo. Era estate, il senologo mi tranquillizzò in tutti i modi: disse che c’erano diverse opzioni di cura e che la ricerca aveva fatto passi da gigante negli ultimi anni, quindi le possibilità di guarigione erano molto alte. Decisi di accogliere le sue parole con sano ottimismo e iniziai a fare gli esami prescritti, le visite. Avere un tumore non è una passeggiata e con il sostegno della mia famiglia, marito e due figli, cercai di essere forte. Affrontai la doppia mastectomia: la forma tumorale era così aggressiva che era meglio togliere entrambi i seni. Feci la ricostruzione plastica in contemporanea all’intervento, poi la radioterapia. Purtroppo le mie difese immunitarie ne risentirono, di conseguenza ebbi un rigetto della protesi e fui di nuovo operata. Alla fine ho dovuto fare sette interventi estetici per poter riavere il mio seno nel 2019. Comunque, la cosa che davvero mi buttò a terra, fu la notizia che dovevo iniziare anche la chemioterapia. L’idea di stare male e di perdere i capelli, mi gettò nello sconforto. In realtà, solo dopo averla iniziata, capii che la perdita dei capelli era davvero una questione secondaria rispetto alla stanchezza e ai dolori che procuravano le infusioni di quei farmaci necessari, ma altamente tossici.
Stavo male per giorni: non ce la facevo a fare la solita vita, dovevo riposare. La stanchezza cronica mi toglieva l’appetito, le difese immunitarie si abbassavano, spesso mi veniva la febbre. Solo quando, verso la fine del ciclo, iniziavo a ritrovare le forze e a guardare avanti con più ottimismo, iniziava una nuova somministrazione e si ripeteva tutto da capo. È durata sei mesi e in quei pochi giorni in cui stavo meglio, tra una chemio e l’altra, ho compreso il vero significato dell’essere in buona salute. La diamo tutti per scontata, come se non potesse succederci nulla di male. E invece la salute è un dono immenso e dovremmo esserne grati ogni giorno. Stare bene fisicamente è già una ottima ragione per alzarsi alla mattina con un sorriso e affrontare la giornata con grinta. Terminata la chemio, iniziai a temere per eventuali recidive: pensavo spesso alla mia famiglia, che non volevo perdere, e ai miei bambini, che volevo crescere con le mie forze. Certe malattie ti cambiano le priorità di vita: capisci quali sono le cose davvero importanti e quali no. Infatti, oggi che sono guarita, vivo in un altro modo: faccio ogni cosa senza angosce inutili e se succede un contrattempo pazienza. Allo stesso tempo, non voglio più rimandare nulla perché non sappiamo cosa ci riserva il futuro. Se voglio fare un viaggio lo faccio. Se ho un desiderio importante lo assecondo. In tutto questo mi hanno aiutato e sostenuto le donne che ho incontrato mentre facevo la chemio, le altre pazienti, quelle grintose Pink Ambassador che quando stavano bene correvano la famosa maratona rosa che sostiene la ricerca scientifica contro il tumore al seno. E un giorno ho deciso: avrei partecipato anche io alla maratona di New York. Perché? Perché stavo bene finalmente, volevo vedere la città da tanto tempo, fare una vacanza con la mia famiglia e sentirmi forte e libera. In realtà avevo già iniziato a correre e ad allenarmi e mi faceva sentire molto bene, sia fisicamente che psicologicamente, ma poi, a causa del Covid, le maratone vennero sospese.
Tenni duro nel mio proposito e nel 2021 mi iscrissi al gruppo di Bergamo. Così ho potuto correre la maratona di Ravenna nel 2022, quella di Roma nel 2023 e Verona nel 2024. Ma nel 2023 ci fu anche New York! Era così liberatorio misurarmi con le mie forze, sentirmi in salute e raggiungere il traguardo. Facevo la terapia ormonale, che è durata otto anni, ma avevo ritrovato le energie.
E poi le altre Pink sono diventate un gruppo di amiche e confidenti insostituibili. Insieme si parla di paura, risultati, speranze come non si potrebbe fare con chi non ci è passato. Infatti io non ho seguito alcuna terapia piscologica in quel periodo perché c’erano loro con cui confrontarmi. E dopo gli allenamenti, vere sessioni atletiche eseguite con un allenatore che mette a disposizione la Fondazione Veronesi per ogni gruppo rosa, si esce, si va a mangiare una pizza o a ballare.
Ora che ho concluso anche la terapia ormonale, che mi aveva messo in menopausa, con tutti i sintomi che questa comporta, sto davvero bene. Sono tornata a lavorare come commercialista, vado ai concerti, mi diverto ogni volta che posso. Perché io non lo so quanto tempo ho davanti e quindi è meglio utilizzare il presente per ottenere il massimo. Ce lo ricordiamo a vicenda, tra Pink Ambassador, perché siamo tutte consapevoli di essere a rischio di recidiva. Lo vediamo. Una di noi se ne è andata dopo pochi mesi dall’intervento, un’altra dieci anni dopo la fine delle cure. Non si può dire è finita per sempre anche se i medici, a un certo punto, ti considerano guarita. Ogni donna che ci è passata vive comunque con la preoccupazione che una cellula impazzita possa ripresentarsi in un’altra parte del corpo.
Ciò nonostante è importante vivere ogni giorno positivamente, con grinta, felici di essere in salute. Il mio mantra? “Tutti abbiamo due vite, la seconda inizia quando ci rendiamo conto di averne una sola”. Tramite le Pink Ambassador cerchiamo di portare questo messaggio nel mondo, per ricordare che il tumore al seno è diventato guaribile in tanti casi, ma occorre prendersi cura di sé, facendo prevenzione. Io mi sento una vera ambasciatrice di questo modo di vivere, ne riscontro i vantaggi ogni giorno e voglio che anche le altre donne si sentano altrettanto combattive, forti, capaci di prendersi cura del proprio benessere fisico e interiore.●
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