Fra i libri che divoravo da ragazza, c’erano titoli come Il barone rampante o Il visconte dimezzato. Che mi tenevano incollata alle pagine per le allegorie e i paradossi con cui Italo Calvino trasfigura la realtà. Quindi non mi sono lasciata sfuggire l’opportunità di un tour a Sanremo che, per ricordare la scomparsa dello scrittore, avvenuta 40 anni fa, ha creato un circuito ad hoc. Nella Città dei fiori il romanziere ha ricevuto un’educazione laica, nutrendosi di cinema, letture, discussioni con gli amici.
DAL LUNGOMARE AL CENTRO
Nato nel 1923 a Cuba, dove aveva lavorato il papà, sanremese, rientra in Liguria piccolissimo per rimanerci fino al dopoguerra. E nonostante i viaggi in tutto il mondo e i lunghi soggiorni a Torino e poi a Parigi, l’autore di Marcovaldo rimane legato a doppio filo al centro ligure. Il mio percorso muove dal lungomare Calvino, con il borgo che si arrampica alle mie spalle fra il verde dei giardini terrazzati: chiudo gli occhi, per godermi qualche zaffata di salsedine e quando lascio vagare lo sguardo, oltre le palme che svettano come sentinelle, mi si profila la distesa azzurra nella quale si insinuano i caratteristici speroni rocciosi. Sono pronta per la Passeggiata dell’Imperatrice, intitolata alla moglie di Alessandro II, la zarina Maria Aleksandrovna, che dopo avervi soggiornato nella seconda metà dell’800 vuole abbellire Sanremo, che stava allora emergendo come meta turistica privilegiata a livello europeo. Qui, in riva al mare, il piccolo Italo ammirava i parchi e le ville che da levante a ponente costeggiano la ferrovia, e nelle sue pagine il ricordo della strada ferrata sarà sempre filtrato dall’incanto infantile. Sempre qui, da ragazzo Calvino incontrava gli amici, per chiacchierare attorno alla panchina delle “discussioni filosofiche e letterarie”. Mi addentro nella cittadina, con una tappa alla Chiesa russa, con le cupole a cipolla che richiamano quelle di San Basilio a Mosca: il luogo di preghiera amato dalla regina Elena del Montenegro è una delle architetture fiabesche di Sanremo, dove svernavano artisti e architetti stranieri, che tendevano a riproporre qui la loro cultura figurativa.
CASINò E CINEMA
Raggiungo il Casinò, maestoso, con la struttura che fonde la severità neoclassica al guizzo ornamentale del Liberty. Chissà quante volte Calvino avrà visto e rivisto questo edificio, destinato anche a feste e spettacoli, che ha giocato un ruolo chiave nel richiamare un turismo internazionale: vicino alla celebre casa da gioco, che dal ‘51 al ’76 ha ospitato il Festival della canzone, c’è Villa Angerer, la prima abitazione della famiglia Calvino al rientro da Cuba. Dopo un’occhiata ai giardini, alle aiuole e ai fiori curatissimi, infilo corso Matteotti, su cui si apriva la pasticceria Daetwyler, anche sala da tè e da ballo, cara al giovane scrittore come il Cinema Centrale: nell’architettura pensata come un teatro decò, con tanto di cupola dipinta, dove ora sono in calendario tante serate, prima della guerra Italo andava tutti i giorni, talvolta anche due volte al giorno. Le immagini di avventure e mete esotiche che gli si accavallavano in testa saranno fondamentali nella trasfigurazione del reale che connota le sue opere. In zona c’era anche il Caffè Venezuela, con la sala da biliardo, dove Carlo Dapporto esordisce con le sue barzellette. Uno scatto accanto alla statua in bronzo dedicata a Mike Bongiorno e sono sotto all’iconica insegna dell’Ariston, che accende un vortice di ricordi legati alle stelle della musica.
IL MARE VISTO DALL’ALTO
Quindi mi dirigo verso Piazza Eroi Sanremesi, un salottino a cielo aperto, che si snoda sotto le mura medievali, fra case strette le une alle altre, lampioni in ferro battuto e campanili che fanno capolino. Nell’ex Convento delle Turchine Calvino frequentava il Liceo Cassini, che ha segnato un periodo importante per lui. Italo, che al ginnasio non frequentava religione, una scelta non comune per l’epoca, rivela inclinazioni diverse da quelle di mamma Eva Mameli, la prima italiana a docente universitaria in botanica. L’adolescente, bravo in italiano, si cimenta nel disegno di fumetti e vignette, che anticipano il suo gusto per il paradosso. Da qui mi avvio verso la Pigna, la città vecchia al centro della letteratura calviniana. Un intrico di viottoli, archi, passaggi coperti, con le vie a semicerchio e a raggiera che partivano dall’antico maniero, mi porta a piazza Castello, sulla cima della collina, con una visuale che spazia sul mare. Scorgo carrugi, portici, angoli mai baciati dal sole. Un fazzoletto labirintico, con sottopassi e cunicoli che ha lasciato un’impronta indelebile nell’immaginario dell’autore. Poi mi soffermo su pendenze, terrazzamenti e coltivi, provando a condividere il punto di vista di cui godeva il giovane da Villa Meridiana, dove abita fino a 22 anni, guardando il mondo come fosse affacciato a un balcone. Quindi, mi preparo a lasciare Sanremo. Felice di aver fatto il pieno di immagini, profumi e suggestioni letterarie.●
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Testo di Stefania Romani pubblicato su Confidenze n 46/2025
















