La vita ricomincia sempre

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L’autrice si presenta: “Mi chiamo Anna, adoro leggere e scrivere. Adoro le stazioni e i treni che passano. L’ inverno è la mia stagione preferita, seguo con piacere le nuvole e le giornate fredde”. 

Storia vera di Silvia raccolta da Anna Bellisai

Un raggio di sole illumina la finestra e lentamente si posa sul tavolo; ecco perché non ho mai voluto le tende alle finestre e perché le serrande sono sempre alzate, la mattina ho bisogno di luce, soprattutto d’estate quando anche il sole si sveglia presto e scaccia via il buio. Quando ho comprato questa casa, non ero molto soddisfatta, ora apprezzo che si trova nei piani alti e che di fronte non ci sono palazzi, soltanto un ponte costruito da poco.E poi c’è un grosso albero, con tante foglie che si rinnovano ogni anno.

Quando piove troppo, di fronte alle mie finestre, si forma sempre un piccolo specchio d’acqua dove nuotano, a volte, dei germani reali, il mio angolo di natura.
Io vivo in città e sinceramente mi mancano gli spazi verdi, la vista di un cielo azzurro; qui è quasi sempre grigio, il colore che predomina.
Nella vita bisogna accettare dei compromessi, io volevo una casa vicino a quella dei miei genitori, vicino al mio quartiere d’ infanzia e di mille ricordi.
Nei momenti di pausa della giornata mi capita spesso di rimanere in cucina e di sentirmi come l’albero quando perde le foglie: spoglia.
Nascere in una famiglia numerosa ti toglie i tuoi spazi e t’insegna a trovarti il tuo quando devi dividere la casa con le sorelle, quando il bagno è sempre occupato, quando sai che tua madre è una sola e devi spingere per averla un po’ con te. Però c’è sempre una canzone nell’aria, la tavola è sempre piena di piatti, e quante voci, noi siamo quattro sorelle e un fratello, e  c’è anche Willy, il mio cucciolone anziano.
Avevo tanta voglia di andarmene e ora questo bagno sempre libero, questa tavoletta di cioccolato sempre in bella vista, mi fanno scendere grosse lacrime.
I cambiamenti non sono mai facili, le abitudini danno sicurezza e crearne nuove non è cosi spontaneo.

La mia vita ora è con Francesco, lui che ha insistito affinché comprassimo questa casa, vicino a quello che amo.

Oggi il raggio di sole non riesce a scaldarmi, mi sento sola, un anatroccolo alla deriva, ho voglia di tornare dai miei genitori, anche se le mie sorelle già hanno spiccato il volo e hanno le loro famiglie, però c’è mio fratello e Willy.
Il mio pelosetto è un arzillo vecchietto, ho provato a portarlo con me, nella mia casa, solo per farlo salire sull’ascensore è stata un impresa, poi ha cominciato a girare, a cercare e mi guardava con gli occhi impauriti, guardava me e la porta d’uscita, ho preso il guinzaglio e saltava di gioia, lo sapeva che lo riportavo alla sua casa. E siamo “tornati”.
Mia madre appena ci ha visto ha fatto un grande sorriso, anche lei ha sofferto molto quando ci siamo sposate e ci accoglie sempre con gioia quando torniamo a trovarla.

Voglio bene a lei e a Willy, ho la fortuna di lavorare solo la mattina e ho deciso tutti i pomeriggi porterò il mio cucciolone al parco, passare del tempo con lui è sempre un’ottima scelta.

Uno squillo del telefono mi allontana un attimo dai miei pensieri, il display indica che è Francesco, rispondo contenta, lui ha la capacità di spezzare i miei momenti nostalgici. Un’ottima notizia, oggi pranzerà con me, di solito si ferma dalla madre perché dice che è vicina al suo ufficio, e il tempo è sempre poco, oggi prenderà un permesso per tornare a casa.
Il sorriso torna sul mio viso, il sole scalda il mio cuore, viviamo insieme da un anno ed è la prima volta che cambia la sua comoda abitudine e viene da me.

Non sono stata mai una buona cuoca, oggi però voglio stupirlo!
Ho messo dei fiori al centro della tavola, delle candele profumate e aspetto un suo messaggio per buttare la pasta, intanto l’acqua comincia a fare piccole bolle, mi sento contenta, è sufficiente un raggio di sole ha scacciare i nuvoloni neri.

Squilla di nuovo il telefono, eccolo che arriva, butto giù la pasta e rispondo: “pronto Francesco, sei arrivato?
«Ciao Silvia, sono Marco, volevo avvertiti che Francesco ha avuto un incidente stradale, vieni subito all’ospedale».

«Cosa è successo?» rispondo. «Vieni, cosi parli con i dottori».

Marco è il suo migliore amico, perché hanno chiamato lui? Ho paura di sapere, devo spegnere le candele, devo uscire, devo sbrigarmi… ho paura.

Esco e mi trovo investita dalla solita folla di persone super impegnate, dal solito traffico impazzito, dal caldo e la luce fastidiosa, e penso che se i dottori mi vogliono parlare sicuramente non è niente di grave. L’ospedale è lontano e ci metterò un po per arrivare, il tempo a volte è cosi lento quando si ha paura.

Mi vengono in mente le parole di mio padre: “Il coraggio è fatto di paura e tu Silvia sei coraggiosa”. Me lo diceva sempre quando la notte non riuscivo a dormire perché avevo paura di mostri immaginari.
Sono arrivata finalmente, vedo Marco venirmi incontro, gli chiedo in che reparto si trovi Francesco, forse si è rotto un braccio e lo troviamo in ortopedia. Mi guarda con gli occhi bassi: «Silvia lui è in rianimazione».
Poche parole che bloccano le mie, i miei passi lenti e il mio sorriso spento, come una candela dopo una folata di vento.

Devo vederlo. Devo sapere, sono certa un dottore mi spiegherà che non è niente di grave, deve essere così. Entro in una saletta con le tende scure, c’è un uomo con il camice bianco al computer, non alza lo sguardo, mi chiede se io sia la moglie del paziente, rispondo che sono la convivente, allora si gira un attimo e mi dice di chiamare i suoi genitori, che dovrà essere operato e a me può dire poco.

È umiliante, è come se io e Francesco fossimo due estranei e alle mie troppe domande risponde che è in pericolo di vita, che ha il femore fratturato, che bisogna aspettare un giorno e una notte per poter sperare.

Mi accompagna per vederlo, provo a entrare, pochi lettini e tante macchine attaccate, lui è in fondo, la sua gamba sollevata in alto e un gran sorriso verso di me. Con grande difficoltà lo raggiungo, è cosi bello malgrado gli ematomi sul viso, le sue spalle sono nude. Pochi minuti e mi fanno uscire, posso rimanere solo fuori e vederlo un ora al giorno.

Fuori fa caldo e io mi sento ferma come se stessi assistendo a un film.
Ho chiamato i suoi genitori, che non hanno mai avuto troppa fantasia per me, anche loro increduli e terrorizzati.
Chiudo gli occhi un attimo e come quando ero piccola chiamo mio padre, ho bisogno di lui. Eccolo, mi prende per mano e mi dice che passerà anche questa e io lo seguo, sono fuori dal tempo e dallo spazio, come se non fossi io, come se tutto stesse accadendo a un altra persona, lo seguo mi porta a casa.
Ritrovo il mio letto e il mio Willy che non mi lascia un attimo, ritrovo il suo calore quando si addormenta dietro le mie gambe, sensazioni tiepide sul mio cuore agitato.

Dalla mia finestra si vede il cielo ed è difficile dormire un po, ogni ora che passa e che il telefono tace, un sospiro avanza. Arriverà domani mattina e avrà ancora il suo sorriso per me, per questa vita, per i giorni che verranno.
Finalmente il suo amico mi viene a prendere, ha il viso stanco, parla troppo e non è da lui, ma in certi momenti il silenzio è un nemico da riempire.
Conosco la strada, i miei passi veloci mi portano al mio compagno, mi sorride, anche se vedo tanta sofferenza per le cure ricevute. Però la notte è passata, vorrei scostare le tende e far entrare il sole, per lui e per gli altri lettini. Poi mi guarda e mi dice che ha un infermiera solo per lui, triste privilegio per il reparto di rianimazione.

Mi fanno uscire e io mi siedo ad aspettare, a sperare.
Giorni lenti, confusi, quasi immobili, ma passano e finalmente il giorno dell’intervento.
Adesso passerà tutto, lui è fuori pericolo, tornerà a casa, nella nostra casa.
Francesco scompare sopra una barella e appare mio padre, ha portato la colazione e il pranzo, sa che saranno ore lunghe, la sua frattura avrà bisogno di viti per essere ricomposta. Peccato io non riesca ad avvicinarmi ai suoi genitori, stanno soffrendo, lo so, ma li sento sempre estranei.
Finalmente esce il medico per rassicurarci, è andata bene, anche se la convalescenza sarà lunga, con un fissatore nel femore non potrà camminare per mesi. Non so come ci organizzeremo, ma lui tornerà a casa con me e questo è l ‘importante. Sua madre non è d’accordo, ma io voglio stare con lui.
I giorni che sono seguiti non sono stati facili, Francesco ha avuto i suoi momenti di crisi, di pianto, di ore vuote, però il suo amico Marco è stato sempre con noi, ha sistemato piccole e grandi cose di ogni giorno nelle difficoltà che si incontrano quando si ha una disabilità, quando si prova a uscire con una sedia a rotelle e si torna indietro perché i limiti di una città ci sono tutti.

Io ho fatto quello che potevo, ho asciugato le sue lacrime e le mie e quando avevo bisogno sono corsa a casa dai miei genitori e da Willy.
Gli anni sono passati veloci, adesso Francesco fa il vigile urbano e si occupa spesso di incidenti come il suo, ci siamo sposati, e il nostro piccolo Andrea, ci ha portato le fedi. La vita ricomincia sempre, non è triste, ha solo delle ore tristi e mancanze che non sono mai tali perché Willy ora ci guarda dal ponte e aspetta di vedere un altro cucciolo che ci corre incontro.

Confidenze