Con la scusa di sentirmi viva

Cuore
Ascolta la storia

La storia più apprezzata del n. 3 di Confidenze è “Con la scusa di sentirmi viva” di Roberta Giudetti.

Ve la riproponiamo sul blog

 

Storia vera di Marta C. raccolta da Roberta Giudetti

 

Ci sono donne che hanno una specie di doppia vita interiore. Donne che possono vivere con un fardello sul cuore e continuare a sorridere. Si convincono che proprio quel fardello, comunque sia, è servito ad andare avanti, a capire qualcosa di importante.

Dicono di me che sono una brava ragazza. Moglie devota, madre amorevole. Angelo del focolare. Ci si può fidare di Marta, lo pensano tutti.

Eppure ho tradito mio marito. Non è capitato, l’ho cercato.

Non so se mi sento davvero in colpa: è una sensazione strana, ma ora che è passato del tempo, mi faccio un po’ schifo. Per come è successo.

All’improvviso ho iniziato a percepire il vuoto. A sentire che mi mancava qualcosa. A non sentirmi più attratta da mio marito. Forse la sensazione del tempo che inarrestabile avanza, l’idea di afferrare l’ultimo treno che passa. Banale ma vero. O forse perché ero stata messa in cassa integrazione, avevo troppo tempo libero e mi sentivo persa. Allora una mattina ho iniziato a chattare con lui. Mi attirava perché sapevo che era sposato, come me, ma frequentava un sacco di gruppi per single. Postava foto di donne mezze nude in pose provocanti, uno schifo. Esattamente il tipo di uomo maschilista e sessista che non avevo mai sopportato. In chat, all’inizio, era stato educato. Non aveva capito cosa volessi. Sembravo, dal mio profilo Facebook, una persona così perbene, aveva detto. Poi un giorno si era sbilanciato. Mi aveva scritto che dovevo essere un gran bel pezzo di figliola e che avrebbe voluto vedere di più di me. Io, senza battere ciglio, gli avevo mandato una mia foto in topless. Era rimasto fulminato. Da lì avevamo iniziato uno scambio di messaggi sempre più espliciti.

Non pensavo che a lui. Un’ossessione che mi portava a vivere con lo smartphone in mano sperando di ricevere un suo messaggio. Non ne ero innamorata, nemmeno lo conoscevo. Lo volevo. Desideravo un perfetto sconosciuto. Lo desideravo perché sapevo che mi avrebbe trattata male. Che voleva solo un’avventura. Che mi avrebbe usata e gettata subito dopo. Quello che ci scrivevamo era di una volgarità esasperata, come se volessimo umiliarci. Senza filtri. Senza pudore. Appena leggevo le schifezze che mi scriveva arrossivo disgustata e allo stesso tempo vibravo. Ero gelosa di qualsiasi altra donna lo avesse contattato allo stesso modo, perché era chiaro che non potevo essere l’unica. Era un traditore seriale, ma non me ne importava niente. Volevo toccare il fondo. Farmi trattare come un oggetto. Lui mi ordinava come mettermi in posa e che tipo di foto o video inviargli. Ormai vivevo in una bolla dove, insieme a lui, potevo realizzare qualsiasi fantasia erotica.

 

Il giorno in cui mi ha scritto che eravamo andati troppo oltre, che era tempo di darci un taglio, ho pianto come se mi avesse lasciato mio marito. Non avevo più la misura della realtà. Ho rilanciato. «Vediamoci. Un paio di ore, ci guardiamo negli occhi e ridimensioniamo tutta questa storia. Ci facciamo quattro risate e tanti saluti».

All’inizio aveva esitato. Un conto è tradire virtualmente, un altro dare appuntamento a una persona reale. Anche questo mi dava fastidio in lui, il fatto che fosse un vigliacco. Eppure restavo lì, incollata ad attendere un suo sì. Per qualche mese aveva valutato se fosse il caso di oltrepassare quel confine. In fondo non era male quella trasgressione sicura. Metteva al riparo dall’ansia e persino da sensi di colpi più ingombranti. Niente coito, niente tradimento. Anche a me stava abbastanza bene, però c’era quella vocina che voleva di più. Volevo sporcarmi le mani. Rischiare davvero. Camminare sull’orlo del baratro. Con la scusa di sentirmi viva.

Poi a un tratto Paolo mi aveva scritto che potevamo vederci. Vivevamo lontani, a quasi quattrocento chilometri di distanza. Per motivi di lavoro avrebbe dovuto fare un viaggio: potevamo incontrarci a metà strada. Non ero mai stata tanto attratta da un uomo in tutta la mia vita.

Avevo guidato a cuor leggero. Eccitata, non mangiavo da giorni per l’agitazione. Ma non pensavo che sarei andata fino in fondo. Eppure avevo indossato stivali, minigonna jeans e una scollatura indecente: era chiaro cosa volessi fare. Mi sono lasciata trascinare nella toilette di un autogrill. Gli ho permesso di fare tutto quello che voleva. Non so nemmeno se mi è piaciuto. Ma ripensarci mi faceva impazzire. L’atto in sé era stato consumato in fretta, ma il ricordo di quegli istanti mi era rimasto appiccicato addosso.

Non pensavo sarebbe stato così facile tradire mio marito e me stessa. Sì perché quello che avevo fatto era esattamente tutto quello che avevo sempre criticato e condannato quando mi era capitato di sentirlo in giro. Non ero più innamorata di mio marito, non stavo più bene con lui? Come capita a molte coppie dopo tanti anni, vivevamo una situazione di stallo, ma gli volevo bene. Lo consideravo un uomo speciale e un padre splendido. Allora perché? Per rispondere a tutte quelle domande, avrei avuto bisogno di un aiuto. Avevo fissato un appuntamento con una psicologa, ma non ero riuscita a raccontarle tutto.

Qualche settimana dopo quell’incontro, Paolo mi ha pregata di uscire dalla sua vita. Cronaca di una morte annunciata. «Non sono innamorato di mia moglie, ma le voglio bene e la rispetto troppo per farle questo». Aveva già adescato un’altra? L’ho implorato, gli ho gridato al telefono che ero innamorata di lui e in quel momento ci credevo. Paolo si è talmente spaventato da chiudere ogni contatto con me.

Come ha fatto mio marito a non accorgersi di quanto fossi fuori di testa in quei mesi, ancora non lo so. Persino Caterina, mia figlia di dieci anni, spesso mi ha chiesto: «Mamma, cos’hai? Sei malata?».

Un po’ malata lo ero. E una cosa avevo capito: non mi conoscevo fino in fondo. Accettare quella parte di me è stato il passo più difficile.

Non ho avuto bisogno di cercare altre avventure. Giorno dopo giorno, ho iniziato a dimenticare. Ho ricominciato a fare tutte quelle cose che facevo prima e che mi rendevano serena. Ho tolto Facebook dal cellulare. Sono tornata a essere amorevole con Luca, mio marito. Toccando il fondo, avevo compreso quello che non avrei voluto perdere. Sto ancora cercando di perdonarmi. Allora volete sapere perché mi faccio schifo? Perché, nonostante tutto, lo rifarei.

 

Confidenze