Corpo a corpo
di Silvia Ranfagni

Cuore
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La cronaca di questi giorni ci presenta un altro volto della maternità, lontano dalla retorica che vuole la donna all'apice della felicità nel ruolo di mamma e questo libro ne è la conferma

“Nella sala d’attesa del pediatra le altre sorridono. Sembrano generali durante una parata. Tra le braccia reggono come un’arma il risultato della propria orgogliosa gestazione. Sulle sedie di plastica e metallo ‘il miracolo della nascita’ pare a ciascuna di loro una conquista del tutto personale. Tu le disprezzi, come disprezzavi quelle incontrate la notte del parto, fantasmi in camicia da notte che vagavano contente del loro ciabattare, spettinate e curve e assolutamente ignare del degrado estetico che la maternità aveva loro visibilmente arrecato. Le donne dal pediatra almeno profumano di fresco e chiacchierano volentieri. Purtroppo il loro linguaggio è intriso di deprecabili diminutivi da asporto: bodini, lenzuolini, pannolini, bavaglini, passeggini, salviettine e, in via del tutto eccezionale, ‘ovetti’. Ne scusi la noia mortale. Sono tutte zuppe, come te, di prolattina, un ormone poco eccitante, zero competitivo, meno simpatico di adrenalina e dopamina, ormoni dell’azione. Le donne dal pediatra al massimo parlano di argomenti come irritazione dell’ano, pomate allo zinco, talco mentolato e se mangiare o no i fagiolini durante l’allattamento per evitare gas intestinali. A quanto pare bisogna rinunciare anche agli asparagi. Danno al latte un sapore amaro. (…) Una delle oratrici ha occhi da rana e lunghi capelli mori. Il fagotto che si agita tra le sue braccia contiene un Corpo con gli stessi occhi da rana della madre. Proprio non capisci perché la proprietaria abbia tanto da sorridere. Non lo vede che il suo Corpo è brutto quanto lei? Se sperava in un salto evolutivo, rana era e rana resta, si è letteralmente riprodotta tale e quale. Sorride perché le hanno fatto il lavaggio del cervello, come a te, dicendole che la maternità è meravigliosa. Le tocca sorridere per forza”.

Ci sono letture che sono come un farmaco salvavita; il libro (si legge in 45 minuti, quindi non avete scuse) della Ranfagni andrebbe consegnato a tutte le donne e anche agli uomini insieme al risultato dei valori delle Beta-HCG (la frazione di ormone della gonadotropina corionica prodotto dalla placenta dopo l’impianto dell’ovulo), non per togliere valore all’avventura della riproduzione umana, ma per smascherare il circo della retorica e dei significati pesanti che violentano e deformano un percorso, a differenza di quanto si vuole far credere, non lineare. Le pubblicità e molta narrativa e tanta canzonetta, per non parlare di film e religioni, hanno apparecchiato un banchetto per infiniti crimini perfetti: cosa vuol dire essere Madre? Facile. Vuol dire essere Pura, Sacra, Amorevole, Fonte dalla quale sgorga Abnegazione Felice. Una Madre non può essere donna naturalmente inquinata dai fattori ambientali della sua esistenza, no! Una Madre è Madonna dell’Abbraccio e della Colazione, del Rammendo e della Fiaba.

Quanto accaduto a Vicenza pochi giorni fa (una neomamma di 42 anni – donna tutta casa e chiesa che aveva addirittura aperto una specie di blog, lei che madre non era, nel quale durante i 9 mesi di gravidanza ha dispensato consigli alle mamme, ha sbattuto a terra per due volte la bimba che aveva partorito cinque giorni prima provocandole ferite mortali e tentando subito dopo il suicidio) è solo l’ultimo di una lunga serie di drammi che dobbiamo sforzarci di capire ampliando l’orizzonte: la depressione non scatena solo il gesto estremo. E ancora: anche senza depressione si può essere colte da stupore, stupore per un cuore che non si riempie di meraviglia (ti avevano detto che sarebbe stato automatico), di un amore che non avverti (come è possibile? Nei film le neomamme toccano il cielo con un dito e versano lacrime di gioia strette tra le braccia dei mariti che porgono loro un brillante per ringraziarle del dono immenso), di una propensione alla maternità che ti risulta estranea (devi correre dal prete? Sei posseduta? Sei brutta e cattiva?), di un seno che non vuoi offrire, che non vuoi diventi mammella (scriteriata, ti dicono, tuo figlio non crescerà sano come dovrebbe. Vergognati!).

La maternità di ognuna di noi è scritta nella nostra biografia, ha una voce originale e sacche di solitudine, disperazione, inquietudine. Cominciare da questo può prevenire non il peggio, materia della medicina psichiatrica, ma può consegnare ad ognuna un attestato speciale, dove nessuna perfezione è richiesta per raggiungere una sufficienza (Winnicott, mio Winnicott) che in ogni singola maternità equivale a una laurea con lode.

Silvia Ranfagni, Corpo a corpo, e/o

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