Così mi sembra di ricordare

Cuore
Ascolta la storia

Riproponiamo sul blog la storia vera più apprezzata del n. 52 di Confidenze

 

Io e Luca ci infatuammo in cinque minuti e continuammo tra addii, litigi e sensi di colpa. Da tanto non lo vedo. Oggi mi chiama la sua ex moglie per farmi una proposta sconcertante. Che sia lei, l’unica tra noi ad amare davvero?

STORIA VERA DI AURELIA L. RACCOLTA DA TIZIANA PASETTI

 

In genere non rispondo ai numeri di telefono che non ho registrato in rubrica. Non so perché quel pomeriggio, stavo lavorando e forse ero sovrappensiero, ho agito in modo contrario, ma con il tempo ho imparato che spesso è inutile farsi troppe domande. Le risposte, in questi casi, semplicemente non ci sono e, se ci sono, appartengono a mondi che la razionalità imperante, quella che ci dà l’illusione di poter controllare tutto e tutti, rifiuta.

«Sì?» domando senza schiarirmi la voce. «Aurelia?», mi torna indietro il mio nome da una voce che non conosco.
«Sono io, chi sei?». Continuo a guardare lo schermo del computer mentre aspetto che l’altra voce risponda.

«Perdonami se ti disturbo, forse avrei potuto mandare prima un messaggio. Sono Tamara, la moglie… l’ex moglie di Luca». Lo dice così, come se niente fosse, come se l’ultima volta che ho sentito la sua voce per telefono, 11 anni fa, non mi avesse lanciato dietro tutte le maledizioni possibili.

«So che vivi a Milano, adesso. Possiamo vederci per un caffè? Di giorno, in centro. Giuro che non ti uccido» le scappa mezza risata. Io aggiungo l’altra metà.

«Ciao», si alza e mi tende la mano. Lascio che me la stringa, approfitto per piantarle gli occhi addosso, dritti nei suoi. Io e questa donna ci siamo odiate oltre ogni immaginazione anche se non ci siamo mai incontrate. Lei ha odiato me perché io e suo marito ci siamo innamorati, io ho odiato lei perché è stata il freno che ha impedito a me e Luca di realizzare il nostro sogno d’amore. O almeno così mi sembra di ricordare.

«Allora», mi siedo e accendo una sigaretta, le faccio segno di servirsi, lei ne prende una, «il motivo di questo incontro?».

«È da un po’ che ci penso. Riguarda soprattutto Matteo, in realtà». Ricordo che 11 anni fa era sciatta, oggi è una donna curata. Ha un paio di anni più di me, manca poco ai 50, ma il suo viso è rilassato, sereno. Matteo. Rifletto.

Matteo aveva otto mesi quando io e Luca ci siamo incontrati e, in cinque minuti, innamorati. O almeno così mi sembra di ricordare. Perché è passata un’infinità di tempo, da allora. Perché ci siamo distrutti a vicenda e a picco con noi, con la nostra incapacità di scegliere, abbiamo portato tutte le persone alle quali dicevamo di voler bene. Perché ci siamo raccontati un milione di bugie e altrettante ne abbiamo raccontate a chiunque ci capitasse a un passo.

Abbiamo attraversato il mondo per rincorrerci, ma poi la conclusione era sempre la stessa, ogni volta: accuse, grida, litigi, separazioni, addii. «Io e Luca siamo stati due vigliacchi. Non lo so, vuoi le mie scuse? Possono servire?», sono io a interrompere il silenzio. Tamara si allunga sul tavolino rotondo, di un color verde menta, che ci separa, prende un’altra sigaretta dal mio pacchetto: «Quando io ho conosciuto Luca, ma la storia dovresti conoscerla, ho capito subito chi avevo davanti. Un uomo che avrei dovuto sempre trascinare. Un uomo affascinante, brillantissimo nei pensieri, sensuale, ma del tutto privo degli strumenti necessari per affrontare la vita. Ma io ero una donna che sapeva reggersi da sola, potevo permettermelo. Il vostro problema è stato il fatto

che eravate troppo uguali: due infermi. E questo nessuno dei due lo ha mai perdonato all’altro». Mi guarda, continua a parlare con una voce calma, senza tracce di rancore. «È una grande attrice» mi diceva sempre Luca. «Io ero davvero convinta che sarei riuscita a riprendermelo. Per un periodo lui forse ha anche provato ma poi niente, ha ricominciato con le bugie, i sotterfugi. Ci sono state molte altre, Aurelia».

«Sei venuta a dirmi questo? Luca che si è innamorato molte altre volte. Sai che novità!». Afferro il pacchetto mezzo vuoto, accendo un’altra sigaretta anch’io.

«Non ho detto che si è innamorato. Vedi? Sei come lui. Non ascolti, sei arrogante e permalosa. Luca non ti ha mai dimenticata, io non so se sia un sentimento reale o solo idealizzazione, ma la sua disperazione è un esempio tremendo per Matteo. E se c’è stato un giorno, neanche troppo lontano, lo ammetto, in cui ho lasciato andare via Luca dal mio cuore, non sono disposta a cedere su Matteo. Luca si è anche risposato. Una di 20 anni più giovane, la sorella maggiore di un amico di scuola di nostro figlio. Il matrimonio è durato cinque mesi. Poi lei ha trovato le tue foto e tutto quello che vi siete scritti, i ritratti che ti ha fatto, tutto. C’era Matteo, con loro, quel giorno. Io non posso più accettarlo, Aurelia», le dita che stringono la sigaretta ormai quasi del tutto consumata tremano. Non cerca di nascondere, quello che non riesce a controllare: se non è odio è qualcosa di più maturo, è disgusto. È rimprovero.

Tamara mi aveva cercata perché voleva che io e Luca, dopo anni di lontananza e ripicche sentimentali, liberi come ormai eravamo da altri legami, ci guardassimo di nuovo negli occhi. «Avete fatto male a un mucchio di gente e l’avete fatto anche a voi, forse è arrivato il momento di capire se siete davvero la coppia del millennio o se avete solo buttato via un sacco di tempo, un sacco di vita». I suoi occhi non mi lasciavano. «Sai, io non rinnegherò mai il mio amore per Luca. I tentativi che ho fatto per riprendermelo. Ma oggi c’è un’altra persona accanto a me. C’è davvero e Luca no, a Luca, in quel senso, non penso più. L’inferno bisogna attraversarlo, per venirne fuori. Se continui a fare passi indietro come avete sempre fatto tu e il tuo degno compare non se ne esce». In piedi era più bassa di me ma la sua figura mi sovrastava. «Luca sa che sono qui. È a casa sua che trema, cuor di leone. Decidi tu. Vai a conoscerlo davvero, concediti questa opportunità».

Non l’ho chiamato Luca. Gli ho mandato un messaggio: “Siamo penosi”, ha risposto con un indirizzo. Ho guardato la risposta e senza pensare, sperando cogliesse l’ironia, ho scritto: “Devo portarti anche una pizza e una birra?”. Due secondi, è comparsa la sua: “La solita diavola”, seguita immediatamente da un “la pizza, intendo”. La nostra storia è durata poco più di un anno. Non ci vediamo da 11. Tempo in cui solo lui sa cosa ha combinato. Io so quello che ho combinato io: tanto fumo e niente altro. Grandi atmosfere, nessuna base solida.

Penso a Tamara, alla scelta che lei non ha avuto, al figlio che ha dovuto far crescere comunque, all’uomo che per paura le restava accanto e intanto continuava a tradirla. Luca aveva quasi 40 anni, a quel tempo, io quasi cinque di meno, ma eravamo identici, ancora bambini. L’ho amato immensamente o almeno questo è quello che mi sono sempre ripetuta. Chi è che ho amato? L’uomo che mi faceva sentire una regina nei letti degli alberghi? L’uomo che per paura di essere riconosciuto mi lasciò da sola, piegata in due per il dolore, fuori da un ospedale dopo avermi fatto male ”per troppo amore?”. L’uomo che mille volte è tornato e mille volte, senza spiegazioni, è svanito nel nulla?Aveva un sorriso meraviglioso. E le sue mani si incastravano alla perfezione con le mie. O almeno così mi sembra di ricordare. Guardo lo schermo del telefono, poggio la punta del mio dito indice, la stessa che seguiva ammaliata il contorno delle sue labbra, su “Blocca contatto”. È passato davvero troppo tempo. ●

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Confidenze