Dissonanze d’amore

Cuore
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Studiavo per diventare concertista ma poi mi sono ammalata e tutto è cambiato. Mio marito mi ha lasciata e io non voglio essere un peso per nessuno. Per questo tengo a distanza Guido, che invece mostra tante premure per me. Sarò nel giusto?

Storia vera di Zoe A. raccolta da Simona Maria Corvese

 

Stendo il braccio e porgo il diapason all’accordatore. «Ha bisogno di questo?».Nello studio di registrazione le note dissonanti di un elegante piano a coda, scordato, stridono nelle mie orecchie. L’uomo che mi da le spalle, curvo sul pianoforte, armeggia con una striscia di temperamento in feltro rosso: «No grazie, accordo a orecchio». Con un cacciavite piatto la infila tra le corde.Sollevo un sopracciglio, incredula. «Ma è da tanto che è lì: non va in confusione?».Lui prende la chiave di accordatura e con un movimento lento gira una caviglia. «Accordo pianoforti da 25 anni. Ci vuole solo pazienza».Toglie la chiave e sfila la striscia rossa. «Questa era l’ultima corda. Lo strumento è accordato: mi suoni qualcosa».

Si alza e si volta verso di me con gli attrezzi in mano. Sgrana gli occhi e il sorriso incerto si allarga man mano che la sua sorpresa cresce: «Io ti ho già visto. Sì, al Conservatorio, una vita fa. Chloe?».

«Zoe, veramente».

«Sì, scusa, Zoe. Sono Guido, ti ricordi di me?».

«Guido, cosa ci fai qui?».

Gli tolgo dalle mani la chiave e la appoggio su un tavolo, insieme al mio diapason. Di fronte a me ho un bell’uomo di mezza età: qualche sottile ruga increspa gli angoli degli occhi e del naso mentre mi sorride. Ora però ride, con la stessa espressione che aveva a 20 anni.

«Mi sono innamorato di questo lavoro e non l’ho più lasciato. Cosa ci fai tu, piuttosto, in questa scuola privata?».

Una parete di vetro ci separa dai tecnici del suono ma la luce che segnala le registrazioni in corso è spenta.

Mi siedo al pianoforte: «È una lunga storia. Te la racconterò».

Guido si pianta le mani sui fianchi, con il nastro rosso che gli pende da un lato, fino alle ginocchia. «Sì ma quando ci siamo diplomati tu miravi alla carriera concertistica. Cosa è successo?».

Taglio corto: «Sono tornata a casa e mi sono appassionata all’insegnamento». Interrompo il nostro contatto visivo, così capisce che non voglio parlarne. Sfioro i tasti in cerca di concentrazione e inizio a suonare.

«Il Preludio n.2 in do minore BWV847 di Bach è ancora il tuo preferito». Si siede su una sedia lì vicino e sposta il leggio che si frappone tra lui e me.

Un formicolio s’impadronisce delle mie mani e sbaglio una nota. Mi fermo, senza parole e mi agito sullo sgabello imbottito.

Guido si sporge verso di me: «Continua, per favore, suonavi benissimo».

Arrossisco e scuoto la testa: vorrei fuggire da qui. «Sei gentile ad aver fatto finta di non notare il mio errore ma oggi gira tutto storto. Non sono in vena di continuare».

Cos’altro potevo dirgli? Che oggi non ho il pieno controllo delle mie mani?

«Continua tu la prova» concludo.

Guido si alza e prende il mio posto. Non guarda il leggio, ma mi osserva silenzioso e corruga la fronte. Fa un respiro profondo e inizia la sua interpretazione del preludio.

Ha lo stesso tocco meraviglioso di quando eravamo più giovani e alla fine lo applaudo. Non per cortesia ma per le emozioni che mi ha smosso dentro.

«Bravissimo, lei è il nostro nuovo accordatore?».

Guido si volta verso la ragazza giovanissima che lo applaude insieme a me. È appena entrata nello studio.

«Guido, lei è Lara, l’allieva che preparo per un concorso provinciale: studia su questo pianoforte a coda».

Lara gli tende la mano: «Molto lieta».

Lui gliela stringe. «Ma è gelata!».

Lei la sottrae alla stretta. «Fuori c’è un vento gelido che spinge la neve in cumuli». E la friziona contro il maglione di lana lavorato a mano. «Quando sono arrivata l’autobus aveva già uno strato di bianco sul tetto. Tranquilli, comunque: hanno spalato il marciapiede e i vialetti intorno alla scuola».

 

 

Mi avvicino a loro due. «Lara è già stata mia studentessa in passato, ma faccio un’eccezione con lei».

Si sorridono con immediata simpatia.

«L’insegnante che avevo prima mi preparava solo con l’obiettivo di vincere. Non riuscivo più ad amare la musica, Guido. Io voglio solo suonare e Zoe mi trasmette tanta passione». Emetto un pesante sospiro: vorrei accarezzare i lisci tasti del piano, ma incrocio le braccia con uno sguardo silenzioso.

Guido si volta verso di me: «Perché un’eccezione?».

«Sono anni che non preparo studenti ai concorsi d’interpretazione musicale e che non partecipo alle giurie. Non sono convinta di questo modo di selezionare i pianisti».

Mi pento di essere stata così diretta: la mia educata opposizione verbale è una menzogna, ma come faccio a dire loro che ogni giorno potrebbe essere l’ultima volta che posso suonare?

Guido si alza, ma urta gli spartiti, che cadono sul pavimento, ai miei piedi. Ci chiniamo a raccoglierli ma è più svelto lui. Me li porge e le nostre dita si sfiorano: una scarica elettrica mi percorre il braccio.

Mi guarda incredulo, ma non commenta e sposta lo sguardo su Lara. «Anch’io ho partecipato a concorsi per pianoforte da giovane. Lì ho conosciuto maestri che mi hanno dato consigli che sono valsi più di qualunque vittoria».

Con le mani nelle tasche dei jeans, sorride e si china verso di lei: «Ti confido che grazie a quelle esperienze ho capito che la mia strada sarebbe andata in un’altra direzione».

Lara volta la testa e indica il pianoforte: «Io voglio scoprire se riesco a combinare qualcosa di buono seduta di fronte a una tastiera e sotto tutta quella pressione». Torna a guardare Guido dritto negli occhi. «È una competizione con me stessa, non con gli altri».

Guido alza un sopracciglio e, compiaciuto, mi guarda: «Vedi che allieva matura che hai?».

Si volta di nuovo verso Lara e le da una lieve pacca sulla spalla. «Questo ti fa onore, Lara. Brava, continua così».

Guido raccoglie le sue cose per andarsene, ma si attarda e dà voce al suo dilemma. «Scusa, Zoe, mi hai colto di sorpresa. Anche tu hai partecipato a concorsi da ragazza ed eri molto brava». Scuote la testa: «Cosa è successo? Dovresti far parte delle giurie ora».

Gli porgo gli oggetti che ha dimenticato sul tavolo. «Preferisco dedicarmi alla composizione» taglio corto.

Sgrana gli occhi: «Componi?».

«Sì, vado in quella direzione».

Alzo lo sguardo verso i tecnici che parlano nella sala di controllo: «Scusa, devo prenotare lo studio per la prossima registrazione. Vieni anche tu, così concordiamo la data?».

Più tardi, seduta al pianoforte interrompo l’interpretazione. Le dita sono ancora sui tasti e lo sguardo chino sulla tastiera. Guido è nello studio di registrazione con me. «Suonavi benissimo. Perché ti sei fermata?».

«Non riesco a concentrarmi e ho vuoti di memoria». Scuoto la testa. «Non mi è mai accaduto con questi brani».

Guido si alza dalla sedia e fa cenno ai tecnici in sala registrazione di aspettare. La luce on air si spegne. «Può accadere a tutti. Ti prendo gli spartiti?».

«No, grazie. Volevo registrarli per Lara. Li potrebbe ascoltare a casa tra una lezione e l’altra».

Guido mi guarda e alza un sopracciglio. «Non capisco: dov’è il problema se ti faccio da voltapagina?».

Gli poso una mano sul braccio: «Grazie, sei sempre gentile ma la tensione che ho alla schiena è troppo forte. Per oggi mi fermo» decido.

Guido non risponde: continua a studiarmi, preoccupato. Tiro giù il coperchio della tastiera, ma ci ripenso. «Senti, noi due abbiamo idee molto simili nell’interpretare la musica e tu non hai nulla da invidiarmi a suonare». Lo guardo negli occhi e spero mi dica di sì. «Non so come starò nei prossimi giorni: mi aiuteresti a finire di registrare tu?».

Ci riflette sopra. «Posso aiutarti, Zoe. Grazie per la fiducia che dai a un accordatore che non si esibisce da anni».

Mi alzo dallo sgabello imbottito. «No, Guido, non importa se non sei un concertista: sei ancora un ottimo pianista».

Guido si siede al piano: «Va bene, allora inizio dalla Sonata al chiaro di Luna di Beethoven e finisco con il Notturno opera 15 n. 2 di Chopin».

Mi avvicino a lui: «Se ti faccio da voltapagina te la sentiresti di suonare anche il suo Studio opera 25 n.1? Così Lara si esercita sugli arpeggi e le modulazioni armoniche».

 

 

Scorgo un bagliore malizioso nei suoi occhi. «Non riesco a dirti di no, Zoe».

Io faccio un respiro profondo: ho bisogno di rallentare i battiti accelerati del mio cuore.

Guido ridacchia. «Pronta? Si inizia».

Seduta al suo fianco, resisto fino alla fine, ma ho dolori a tutta l’ossatura: sono al limite della sopportazione.

Guido finisce l’interpretazione e si volta verso di me. «Tutto bene? Ti vedo provata. Non dovresti essere esausta per quello che abbiamo fatto».

Lo guardo dritto negli occhi: è inutile mentire. «Ho la sclerosi multipla, Guido».

Lui sgrana gli occhi, ma riprende subito il controllo di se stesso.

«Le medicine che prendo mi permettono di continuare a lavorare ma ho paura di perdere il lavoro e di non potermi permettere le cure». Mi accarezza una spalla con una dolcezza che mi scalda il cuore. «Ho paura di diventare un peso per gli altri».

Nel suo sguardo leggo sincero rincrescimento. «Vieni a cenare a casa mia, Zoe: ti cucino qualcosa di buono e ne parliamo. Vorrei esserti vicino come amico».

Mi sento le farfalle nello stomaco e per la prima volta da quando mi sono abituata a convivere con la malattia sono felice. Sensuale com’è Guido, sarà difficile rimanere semplici amici. A peggiorare le cose c’è questa sua peculiarità di dare la massima attenzione alle persone che ascolta e di farti sentire unica. Questo può generare fraintendimenti. Io mi sono presa una cotta per lui, neanche fossi tornata studentessa al Conservatorio. E lui è interessato a me oppure è innata gentilezza che riserva a tutte le persone?

Seduti al tavolo dell’elegante sala da pranzo di Guido, gustiamo la setosità del nostro vino preferito, dopo una lunga giornata. Le luci sono soffuse e la musica soft si diffonde da un sistema audio.

«Quando mio marito ha saputo della malattia, mi ha lasciata. Non riusciva a sopportare il peso emotivo della situazione». Guido sgrana gli occhi. «Come? Proprio quando avevi più bisogno di lui?».

Giro a vuoto il cucchiaio nella vellutata di zucca. «Eravamo diventati note dissonanti. Lui non capiva che cosa provavo ma anch’io non ho ascoltato i suoi turbamenti».

Guido si passa una mano tra i capelli spettinati. «E gli amici? Non hanno fatto qualcosa per aiutarvi?».

«No, ma è colpa mia: mi sentivo sempre triste e mi ero isolata. Non accettavo gli inviti a uscire al di fuori del lavoro».

«Allora con te sono riuscito in un’ardua impresa stasera!».

Scoppio a ridere di fronte alla sua disarmante sincerità e anche lui mi sorride con gli occhi che gli brillano.

La mattina dopo mi sveglio nel suo letto tra la morbidezza di biancheria di qualità, impregnata del nostro profumo. Stendo le dita e trovo il suo calore: Guido è accanto a me. Gli accarezzo la guancia.

«Pensavo che non mi sarei svegliata tra le tue braccia, dopo quello che è successo stanotte».

Ho un brivido di freddo e lui mi rimbocca il piumone. «Perché hai fatto fatica a raggiungere l’orgasmo? È la malattia, Zoe?».

«La mia sensibilità è diminuita ma non è sempre così. Grazie, perché con te mi sono sentita ancora una donna».

«Io ho trovato ancora più bello tutto quello che è successo dopo, stanotte».

Lo guardo stupita. «Come?».

«Aver dormito abbracciato a te ed essermi svegliato accanto a te. Sono stato con altre donne, ma solo tu mi hai fatto provare la magia di questa tenerezza».

Lara si alza di scatto dal pianoforte. «Non è possibile che oggi gli arpeggi mi vengano così male! Quanto manca al concorso?».

Mi avvicino e le faccio una carezza. «Mancano due settimane e tu stai provando troppo, tesoro. Vai a casa a riposarti ora».

Lara esce dallo studio di registrazione e arriva Guido. Io salgo alla control room, lui mi segue e mi si siede accanto. Rivedo la registrazione della lezione, ma la mia testa è altrove.

«Cos’è quell’espressione? Hai bisticciato con Lara?».

Distolgo lo sguardo dal video e mi volto verso di lui. «No, sono arrabbiata con me stessa. Tu non puoi comprendere cosa provo a dover dipendere da te nelle lezioni».

Guido osserva un frammento della registrazione. «Oggi te la sei cavata benissimo senza di me».

Chiudo di scatto la registrazione e mi alzo a guardare dalla vetrata il pianoforte a coda, giù in sala. «La mia vita non migliorerà più: posso solo curarmi e cercare di non peggiorarla». Lui rimane in ascolto.

Non vorrei guardarlo negli occhi ora, ma non sono una vigliacca. «Non voglio la tua compassione, Guido. Perdonami ma io me ne vado».

Ho già la mano sulla maniglia della porta ma lui mi afferra il braccio. «Non ti ho mai compatito, Zoe, ma sai cosa penso? Che sei tu a far andar male le cose perché hai paura di essere felice con me. La tua malattia non centra niente». Mi divincolo e me ne vado: non ce la faccio ad affrontare il suo scomodo silenzio.

Giorni dopo, nella platea del teatro un anziano maestro di musica si avvicina a Lara. «Complimenti signorina. La sua interpretazione è stata la più originale di tutto il concorso: le sue idee mi piacciono».

Lara si porta le mani alle guance infuocate e io sono orgogliosa di lei: non ha vinto a causa dell’ansia, ma il complimento che ha ricevuto vale più di tutto. Una mano mi si posa delicata sulla schiena. «Ottimo lavoro, Zoe. Lara aveva bisogno della tua passione, non delle mie mani».

Riconosco la voce di Guido. Mi volto e i nostri occhi rimangono avvinti in un istante saturo di attrazione.

«Ho cercato di dimenticarti, ma non ci riesco. Provo dei sentimenti veri per te, Zoe».

Io sorrido e ho un brivido di desiderio. «Anch’io, Guido. Con il risultato che mi sei mancato ancora di più». Gli sfioro le labbra con le dita, per impedirgli di riprendere a parlare. «Mi sono concentrata sulle mie emozioni e non ho tenuto conto delle tue. Mi sbagliavo a pensare che fossero gli altri a dovermi venire incontro. Dovevo farlo anch’io. Scusami».

Guido mi prende la mano tra le sue e mi sorride. «Io non mi vergogno della tua malattia, come il tuo ex marito. Non vedo differenze tra noi, ma apprezzo le nostre reciproche unicità. Ricominciamo da qui, Zoe?».

Guido ha sciolto tutte le dissonanze d’amore che c’erano nella mia vita. È lui la persona giusta per me perché insieme siamo diventati note che risuonano in piena armonia.

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