Fuga dal matrimonio

Cuore
Ascolta la storia

Una storia vera nel numero in edicola, mi ha fatto tornare con la mente al mio (primo) matrimonio, alla paura irrazionale di sposarmi e all'improvvisa voglia di scappare. Ho capito più tardi che capita (quasi) a tutti

L’ormai lontano giorno del mio (primo) matrimonio ho creduto di aver perso improvvisamente la ragione.

Ne ho dato segno già dalla mattina quando, sotto gli occhi esterrefatti di tutta la famiglia, dopo due ore di lavoro della parrucchiera venuta appositamente in casa per dare un senso ai miei capelli, mi sono buttata sotto la doccia senza proferire parola.

Dopodiché, in cinque minuti, mi sono asciugata le chiome al naturale, come al solito e, apparentemente – mi dicono – che sembrava mi fossi data una calmata.

Ma non era affatto così: poco dopo ho preso infatti a  girare per la casa, spiritata, lasciando lettere d’addio sotto i cuscini di mamma, papà e fratelli. Pigliavo in braccio il cane e scoppiavo a piangere, aprivo e chiudevo i cassetti alla ricerca di non so che cosa, preda di un ipercinetismo innaturale.

«Lasciamola stare, non guardatela, fate finta di niente…» sentivo bisbigliare la mamma ai miei fratelli.

E la “vestizione”? Che supplizio. Allacciato l’abito me lo sarei stracciato di dosso, ma a quel punto era fatta. Quante lacrime… possibile che non ci fosse scampo?

S’erano fatte le quattro del pomeriggio, finalmente, e tutti con un sospiro di sollievo anche se preoccupatissimi, se ne sono andati per precedermi in chiesa, eccetto mio padre.

La funzione era alle cinque e mezza, dall’altra parte della città: io e papà, naturalmente,  dovevamo arrivare per ultimi. A casa vuota, mi stavo schiantando disperata sul divano, quando lui, intuendo le mie intenzioni, mi ha afferrata al volo e mi ha piazzato uno sgabello sotto il sedere. «Così non roviniamo l’abito…» ha detto con un sorriso storto.

«Papà, io non mi sposo più».

Come descrivervi gli occhi di quel pover’uomo?  «Be’ è un po’ tardi adesso, non credi?» ha abbozzato.

«No. Non me la sento. Restiamo qui…».

Per qualche secondo mio padre è rimasto in silenzio. Poi si è inginocchiato davanti allo sgabello, mi ha preso le mani e, con il suo sguardo più autentico mi ha detto sottovoce: «È davvero troppo tardi. Ci sono duecento persone che ci stanno aspettando. Già se partiamo adesso arriveremo con almeno mezz’ora di ritardo. Però tu devi stare tranquilla perché – in qualunque momento, anche domani – se vorrai tornare, io ti aiuterò. Questa è la tua casa, noi ci saremo sempre».

Ogni tanto guardo la nostra fotografia, mia e di mio padre, per mano, all’ingresso della chiesa e ogni volta mi commuovo. Avevamo la faccia di chi si sta avviando al funerale di una persona cara. E spesso ricordo invece quanto abbiamo riso prima di entrare in Comune per il mio secondo matrimonio, quando, sempre tenendoci per mano, lui mi ha sussurrato: «Scappiamo?».

In realtà, anche se dopo qualche anno io e il mio primo marito ci siamo separati,  mi sono sposata per amore. Credendo in un grande amore e lo credo ancora oggi. L’ho scoperto a posteriori che succede (quasi a tutti, probabilmente anche a voi) a poche ore dal “sì” di  essere assaliti da un’irrefrenabile voglia di scappare per le più svariate ragioni.

Un esempio? Leggete la storia vera di Alice F., nel numero in edicola di Confidenze e ne riparliamo.

 

Confidenze