Il mare annulla le diversità

Cuore
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Vi riproponiamo sul blog la storia vera più apprezzata del n. 12

 

All’inizio è stato quasi un gioco offrire un giro sulla mia barca a ragazzi con disabilità e ai loro cari. Non immaginavo che quell’idea così semplice mi avrebbe ripagato con tanto amore

STORIA VERA DI GIUSEPPE VALROSSO RACCOLTA DA CLAUDIA TURCHIARULO

 

Ho sempre avuto due grandi passioni: il mare e aiutare il prossimo, tanto che, da più di 20 anni, faccio il pompiere. Sin da quand’ero adolescente, non sono mai riuscito a restare indifferente davanti a una persona in difficoltà e non capisco come tanti riescano a vivere nelle loro camere dorate, senza curarsi di chi, pochi metri più in là, sta andando a fondo. Non riesco a voltarmi dall’altro lato come se nulla fosse e a pensare soltanto a me stesso.

Correva l’estate del 2020 e, con la mia famiglia, ero in vacanza in campeggio a pochi chilometri da casa, nella mia amata Puglia.

Confesso che non sono mai stato troppo pratico di social network e di web e, un po’ per pigrizia, un po’ per mancanza di tempo, non ho mai avuto voglia di approfondire l’argomento. Quella mattina, però, curiosavo su internet e mi sono soffermato sul video di un nonno in barca con suo nipote affetto da autismo.

Il bambino era felice. I suoi occhi mi trasmettevano amore e per me è stata una vera illuminazione. Senza rifletterci troppo, ho pubblicato sul mio profilo un annuncio che mi avrebbe cambiato la vita, arricchendola profondamente: “Regalo giro in barca a bambini con disabilità e alle loro famiglie”.

Ho riposto il telefono nel borsello e non ci ho più pensato, credendo che il mio annuncio sarebbe stato letto al massimo dai miei parenti, o dagli amici più stretti.
Invece, quando dopo un paio d’ore ho ripreso il cellulare, mi sono accorto che il post era stato condiviso più di 2.000 volte, diventando virale. La messaggeria privata era rovente.Avevo ricevuto tantissime richieste provenienti da associazioni di ogni parte d’Italia, da genitori e insegnanti, e non sapevo da dove cominciare per riuscire a rispondere a tutti. Entro un paio di giorni televisioni e giornali iniziarono a contattarmi chiedendomi interviste e sostenendo che il mio fosse un atto eroico. Eppure non avevo fatto altro che pensare di donare il mio tempo e la mia barca al servizio di tanti bambini che soffrono e che, troppo spesso, vengono completamente abbandonati dalle istituzioni e dalla società. E non ha prezzo vedere il sorriso e la spensieratezza sui volti dei loro genitori che, per un paio d’ore, possono dimenticare tutti gli insormontabili ostacoli con cui devono lottare ogni giorno per regalare ai figli una vita migliore. Così, da allora, ogni estate organizzo diverse uscite con ragazzi speciali e con i loro accompagnatori.

Non ho mai accettato nemmeno una moneta in cambio perché le risorse spese per questa iniziativa non fanno che rendermi un uomo felice e appagato.

Per esempio, come potrei spiegare a parole l’immensa emozione che provai quando conobbi Antonio? Era un bambino gracilino di sette anni che, appena giunti in spiaggia, si spogliò e si tuffò senza alcuna reticenza, travolto dall’eccitazione. Mi avvicinai e gli donai uno dei berretti che utilizzo in navigazione. Lui mi guardò con gli occhi luccicanti di gioia e mi strinse in un abbraccio che mi parve durare un’eternità. Sua madre mi spiegò che, di solito, è molto schivo con chi non conosce, e non elargisce mai manifestazioni d’affetto. Ancora oggi, Antonio conserva quel cappello con cura e io custodisco nel cuore la sua riconoscenza sincera e autentica che non potrò mai dimenticare e che mi ha fatto letteralmente commuovere.

A riempirmi d’orgoglio è anche il fatto che diversi colleghi mi hanno contattato in questi anni per seguire il mio esempio e per chiedermi delle dritte.

Nemmeno l’aggravarsi della pandemia ha arrestato il mio progetto. Seguendo tutti gli accorgimenti del caso, ho continuato a regalare un sogno a tanti bambini.

Fino a oggi ho ospitato sul mio gommone più di 130 persone, su un totale di 15 uscite, e spero di poter presto raddoppiare questi numeri. Se le condizioni meteorologiche lo permettono, non mi limito a fargli osservare la bellissima Bari dal mare al tramonto, ma li porto in una caletta dove possono fare il bagno, liberi e spensierati. Tante volte, ad attenderci ci sono amici che continuano la mia catena di solidarietà: il panettiere offre ai ragazzi della focaccia calda, qualcun altro distribuisce aranciate, altri scattano fotografie per immortalare il momento. Con molti bambini si è instaurato un rapporto di amicizia, proprio come con Antonio.

Mi chiamano “capitano” e mi chiedono quando potranno tornare a navigare con me.
La verità, però, è che da solo non posso accontentare tutti. Se ne avessi la possibilità, concederei loro ogni singolo istante in cui non indosso la mia divisa da vigile del fuoco.

Sarebbe ancora più gratificante scoprire che le persone non restano a guardare perché basta così poco per regalare a questi ragazzi un tocco di magia. E se non sono le calde onde dell’Adriatico a inebriarli, può essere una passeggiata in bicicletta, un laboratorio di pittura o di panificazione, l’escursionismo.

Basterebbe anche una chiacchierata con loro, o con chi se ne prende cura tutto il giorno senza mai abbassare la guardia. Ciascuno di noi potrebbe impiegare anche soltanto un’ora alla settimana o al mese per donare sorrisi a chi è più fragile, ne riceverebbe in cambio un vortice d’amore.

Per fortuna, in Italia l’associazionismo è molto diffuso, ma non è sufficiente. Tutti noi dovremmo fare qualcosa per chi soffre, non solo in occasione delle giornate internazionali dedicate ai bambini o a una determinata patologia. Con il mio mestiere affronto ogni giorno situazioni di necessità, ma i veri eroi sono quelli sempre pronti a tendere una mano verso l’altro. Io non credo di essere un eroe e mi imbarazzo quando qualcuno mi attribuisce questa qualifica. Sono un tipo riservato e non amo stare al centro dell’attenzione, ma se raccontare la mia storia servirà a smuovere almeno una coscienza e a dare felicità anche a un solo bambino, allora correrò il rischio.

La mia barca e il mio cuore sono pronti per accogliere nuove storie e nuovi sorrisi. E voi, cosa siete disposti a fare per il prossimo? ●

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