Il mio amore a tutto gas

Cuore
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“Il mio amore a tutto gas” di Marco Bergamaschi è la storia più apprezzata del n. 25. Ve la riproponiamo sul blog

 

 

Per tutti siamo la COPPIA che corre con la foto delle FIGLIE sul cofano dell’AUTO. È come se ci fossimo SPOSATI una seconda volta: con il RALLY abbiamo trovato più COMPLICITÀ

Storia vera di Federica Milesi e Marco Presenti raccolta da Marco Bergamaschi

 

La prima volta che ho visto Marco è stato ai tempi dell’asilo; teneva in mano un’automobilina gialla e quando i nostri sguardi si sono incrociati, mi ha sorriso. Quella stessa mattina abbiamo condiviso la merenda e lo abbiamo fatto il giorno dopo e quello dopo ancora. Il nostro sodalizio si è fortificato con l’inizio della scuola: ci siamo ritrovati vicini di banco prima alle elementari e poi alle scuole medie e complice l’abitare a pochi metri l’uno dall’altro, siamo diventati inseparabili. Facevamo parte di una squadra di ragazzini che si divertiva molto e che era capace di inventarsi giochi tutti i giorni. Poi la magia è finita: all’età di quattordici anni io mi sono iscritta a Ragioneria e Marco alla Scuola per Meccanici, una passione ereditata dal padre che aveva una sua officina. E lentamente ci siamo persi di vista. Io ero la classica secchiona, trascorrevo molto tempo in compagnia dei libri, mentre lui ai testi scolatici preferiva i motori. Ogni tanto lo vedevo sfrecciare in sella al suo motorino, ma niente di più.

Ci siamo rivisti l’estate della Maturità grazie a un amico comune; dopo un primo momento di imbarazzo, abbiamo trascorso la serata a parlare e ridere come se fossero passati solo pochi giorni dal nostro ultimo incontro. Ci eravamo ritrovati.

Marco mi piaceva come amico: era timido, discreto e sempre presente quando ne avevo bisogno, certo non lo immaginavo come principe azzurro. Lui però non la pensava allo stesso modo: nei giorni successivi al nostro incontro aveva cominciato a lanciarmi dei messaggi che lasciavano poco spazio al dubbio e più io facevo finta di non capire, più lui diventava determinato. Poi una sera, complice una luna argentea che illuminava tutt’intorno, ci siamo baciati. Ed è andata come non mi sarei mai aspettata: sono seguiti cinque anni di fidanzamento bellissimi e speciali, sfociati in una proposta di matrimonio ricevuta nello stesso prato dove da bambini rincorrevamo le lucciole. L’ho guardato negli occhi e gli ho risposto «sì» con il cuore pieno di gioia.

Presto la nostra nuova famiglia si è allargata con l’arrivo di due bimbe, Sara e Martina e così i due ragazzini che tanti anni prima trascorrevano le estati a giocare a guardia e ladri, hanno cominciato l’avventura della genitorialità.

All’inizio eravamo un po’ spaventati, poi ci siamo presi per mano e abbiamo capito che insieme nulla sarebbe stato impossibile. Giorno dopo giorno abbiamo imparato a essere genitori, crescendo le nostre figlie e noi siamo cresciuti con loro. Tra il mio lavoro in banca, quello di Marco in officina e il tran tran quotidiano di una famiglia normale e indaffaratissima sono passati quasi quindici anni. Me l’ha fatto notare Marco: «In questi ultimi anni non ci siamo mai fermati e abbiamo vissuto a cento all’ora come in una corsa continua». Quella sera ho pensato alle sue parole e devo dire che aveva ragione. Io e Marco avevamo sempre inteso la vita come una grande tela bianca dove rovesciare più colori possibili per creare un disegno complesso e bellissimo. E noi di colori ne avevamo utilizzati tanti e il risultato piaceva molto a entrambi. Il giorno seguente ci siamo visti per la pausa pranzo e mi ha chiesto: «Posso farti una proposta indecente?». Ho sorriso, pensando mi stesse prendendo in giro e invece ha continuato: «Vorrei proporti di ritagliare del tempo solo per noi e nessun altro. Forse abbiamo un po’ dimenticato Federica e Marco come coppia e io ne ho nostalgia. Hai voglia di fare qualche corsa di rally con me?».

Sono rimasta senza parole e non ho saputo rispondere nulla. Ci ho riflettuto una settimana, le paure erano tante poi mi sono fidata di Marco e gli ho detto: «Io sono terrorizzata, ma proviamo. Se non mi piace, smettiamo».

A giugno del 2014 ho partecipato al mio primo rally: a tifare per noi le nostre figlie, i miei genitori, quelli di Marco e un po’ di amici. Una volta partiti, la paura si è trasformata in adrenalina e man mano che macinavamo chilometri io e Marco siamo diventati una sola persona. Lui il pilota alla guida e io il navigatore che dava le indicazioni, due persone che interagivano all’unisono e che erano lì l’una per l’altra.

A pochi metri dal traguardo l’abitacolo si è riempito di fumo e una nuvola grigio-bianca ha invaso l’auto. Senza scompormi, ho abbassato i vetri del finestrino con il piede (le imbracature di sicurezza non mi permettevano di muovere le braccia) e ho detto a Marco: «Non fermarti». Forse siamo stati incoscienti, ma siamo arrivati primi. E non ci siamo più fermati.

Gara dopo gara io e Marco ci siamo riscoperti più affiatati e innamorati che mai.

Non lo sapevo, ma il rally non è solo una disciplina basata sulla velocità e sulla prontezza di riflessi, è anche e soprattutto affiatamento e fiducia reciproca; se mancano queste, si può fare poco. Il pilota guida seguendo le indicazioni del navigatore che non alza mai gli occhi per guardare la strada, anzi li tiene incollati su un quadernetto per indicare le informazioni sul percorso

 

Ognuno ha un preciso compito e tutti e due dipendono l’uno dall’altro. I rischi sono calcolati, ogni cosa è studiata nei minimi dettagli; con il tempo ho imparato a leggere le note con ritmo, a sottolineare gli aspetti più importanti, a capire quale è il tono di voce che rassicura Marco e quello che lo incita. È una questione di feeling. Per tutti siamo la “coppia a tutto gas”, quella che gareggia su una Peugeot 106 con la fotografia delle figlie serigrafata sul cofano, la coppia sprint che alla fine di ogni prova telefona ai familiari per dire: «Abbiamo finito, tutto ok» e se le prove sono dieci in un giorno, telefona dieci volte, così tutti sono sereni e tranquilli.

Ogni tanto ripenso alla prima corsa e non posso che concludere che è come se ci fossimo sposati una seconda volta: le gare di rally ci hanno regalato una nuova complicità, un rinnovato entusiasmo, tante emozioni e il nostro rapporto è diventato più forte e meraviglioso che mai. Le mie amiche mi chiedono: «Ma non hai paura?». E io rispondo «Se sono con Marco, mai».

Qualche mese fa abbiamo festeggiato il decimo rally e per noi è stata una specie di luna di miele formato velocità, perché in amore non vince chi fugge, ma chi si tiene per mano giorno dopo giorno e percorre insieme la stessa strada.

 

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