Il senso del mio viaggio

Cuore
Ascolta la storia

Il senso del mio viaggio di Antonella Tomaselli, pubblicata sul n. 42 di Confidenze, è una delle storie vere più apprezzate della settimana sulla pagina Facebook. Ve la riproponiamo sul blog

 

Stefano ama la musica, è un’emozione sentirlo cantare. E gli piace costruire piste per automobiline, ne crea di spettacolari. Ma accanto a certe superbe abilità, ha una serie di problemi. Io lo aiuto ad affrontarli, lui mi regala qualcosa di impagabile

Storia vera di Giulia F. raccolta da Antonella Tomaselli

 

«Stefano, è ora di andare a letto». Lui si infila ubbidiente sotto le coperte. Gli sorrido e gli dico: «Ciao amore». «Non sono amore. Sono Stefano» mi risponde tutto serio. Non faccio caso a questa sua puntualizzazione. Lo so, potrebbero sembrare parole polemiche, ma non lo sono. Gli chiedo: «Ti racconto una favola?». Lui mi guarda con quei suoi occhi limpidi e mi dice: «Mamma, dormi». Il mio bambino è così. Gli danno fastidio troppe parole. E pensare che io sono una che parla, parla, parla. Soffrivo quando ancora non sapevo, quando aspettavo le mille domande con cui ogni bimbo bombarda sua madre, quelle che da Stefano non arrivavano.

Lui è nato nel 2012. Nel 2015 è scoppiata la bomba: mio marito è diventato il mio ex. Per dirla tutta, io non volevo neanche sposarmi, non mi interessava il matrimonio. Però ero tanto innamorata di quel bel ragazzo e lui desiderava che ci sposassimo. Così avevo acconsentito. Dopo dieci mesi era nato Stefano. Gioia immensa! Ma, di lì a poco, avevo scoperto che mio marito aveva una relazione con un’altra donna. Mi era caduto il mondo addosso quando, per caso, avevo letto sul suo telefono un sms che non lasciava spazio a dubbi. Un classico, vero? Ero rimasta lì a lungo, attonita, a leggere e rileggere quel messaggio a cui non volevo credere. Era stato devastante.

Ho vissuto male la separazione. Però quando si cade bisogna riuscire a rialzarsi. Ed è quello che ho fatto. C’è voluto del tempo. Pure tanta forza.

 

Intanto Stefano cresceva. Aveva due anni quando successe qualcosa e fu come una sferzata di aria gelida. Una gita in una fattoria, tutto perfetto. Fino a quando mi accorsi che lui non stava giocando e correndo con tutti gli altri bimbi, non ammirava i cavalli, né accarezzava le pecore. Dov’era? L’avevo perso di vista solo per un momento, eppure sembrava essersi volatilizzato. Lo chiamavo, ma non mi rispondeva. Finalmente lo scorsi e tirai un sospiro di sollievo. Era rannicchiato dietro un carretto. Teneva tra le mani la brochure che illustrava le meraviglie della fattoria. Era completamente assorto nella contemplazione delle foto. Ed era tutto solo.

Mi chiesi perché non stesse con gli altri bambini ed ebbi un brivido involontario.

Parecchio tempo dopo, durante un colloquio con l’insegnante della scuola d’infanzia, lei mi disse: «Giulia, Stefano socializza poco. Dobbiamo cercare di capire perché». Risentii lo stesso brivido del giorno della gita alla fattoria.

E così cominciò la sarabanda delle visite mediche che si concluse con una sentenza: sindrome di Asperger. Piansi tanto. Poi cominciai a leggere tutto quello che trovavo sull’argomento. Volevo capire per aiutare il mio bambino.

Gli Asperger hanno i sensi più sviluppati. L’udito per esempio. A Stefano infatti danno molto fastidio certi rumori. E ama la musica: è un’emozione sentirlo cantare, è bravissimo. Gli basta ascoltare due volte una canzone per riconoscerla già dall’attacco e fischiettarla senza sbagliare una nota. Quando gli chiedo cosa farà da grande, ha la risposta pronta: il batterista! Me lo dice con quel suo faccino così serio e convinto. Quando gioca da solo Stefano è sereno. Gli piace costruire delle piste per le automobiline; ne crea di spettacolari, super elaborate, incredibili. Accanto a certe sue superbe abilità Stefano ha anche una serie di problemi. È un Asperger di livello leggero, ma ha comunque le sue difficoltà. Per esempio, la già citata fatica a relazionarsi con gli altri. Per questo volli da subito fare in modo che avesse degli amichetti.

Ero amica di tre mamme della scuola d’infanzia. Con loro provai la bellezza e la forza della solidarietà. Facemmo in modo che i nostri bambini stessero parecchio tempo insieme e se una di noi era impegnata o non si sentiva bene, erano le altre tre a portare i piccoli al cinema o al parco. Che sodalizio fantastico! Per me e Stefano, direi vitale. Nonostante questo ero infelice. Non sopportavo più di vivere nella casa che mi ricordava la vita con il mio ex, mi sentivo in gabbia, schiacciata. Avevo bisogno di voltare pagina.

 

Ritornai al mio paese natio e mi innamorai di una casa sulla riva del fiume. Era quello che ci voleva per ricominciare. Così, io e il mio bambino ci trasferimmo. Siamo tuttora qui. E anche qui ho creato da subito momenti sociali. Per cominciare, in paese c’è tutta la mia famiglia: mia madre, mio padre, mio fratello, mia zia, e via dicendo. Punti di riferimento importanti. Loro ci sono sempre. E sono innamorati del mio bimbo. Mia mamma dice che Stefano è un genio. In effetti è risaputo che gli Asperger spesso sono particolarmente intelligenti. Qui, nella casa sulla riva del fiume, mi sono inventata i giovedì e i venerdì sociali. Sono i giorni in cui vengono gli amici con i loro bimbi. Si sta insieme, senza formalità: qualcuno cucina, qualcun altro prepara la tavola, altri ancora giocano, o chiacchierano, o ballano. In questo modo mio figlio è invitato a uscire dal suo “mondo” e a formare dei legami.

Non è facile per lui perché il suo modo di comunicare segue canali diversi. Ma i nostri amici ce la mettono tutta per rendergli più semplice socializzare.

Da qualche mese abbiamo un gatto. Ho preparato gradualmente Stefano leggendogli un libro dopo l’altro e facendogli vedere cartoni animati, tutti con protagonisti dei mici. Il suo l’ha chiamato Gino e se la intendono che è un piacere.

I medici mi hanno detto che Stefano è un “visivo”, allora io gli organizzo la giornata con l’aiuto di disegni che facciamo insieme. Ho tappezzato la casa. In bagno ci sono dei foglietti che illustrano come lavarsi i denti.

Per non dimenticare nemmeno un attimo della nostra vita insieme, scrivo tutto su un diario. Comprese le sue parole dette una mattina quando aprii la finestra della camera. «No mamma, così svegli il buio». Stefano riesce sempre a stupirmi. E a strapparmi sorrisi. A dispetto di tutti i problemi, ridiamo tanto insieme.

Non mi piace programmare, ma sto imparando per lui. Lo so, non sono perfetta, ma con il mio amore e le mie strategie, sono la “risorsa” di Stefano. Però, alla fine, è lui che mi dà tantissimo: ogni giorno mi regala il senso del viaggio. Del viaggio della vita.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Confidenze