Non diventiamo abitudine

Cuore
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“Non diventiamo abitudine” è una delle storie vere più apprezzate del n. 1 di Confidenze. Ve la riproponiamo sul blog

 

Succede in molti matrimoni. Nel mio, per esempio, Emanuele era quasi un coinquilino e io non mi sentivo più desiderata. Così mi sono lasciata coinvolgere da un gioco pericoloso

Storia vera di Rossella L. raccolta da Lorenzo Iero

 

Un vivido ricordo emerge dalla mia mente ogni anno in prossimità del Natale: io ancora ragazzina che attraverso il ponte di pietra innevato e per poco non scivolo. Una mano forte mi afferra ed è quella del mio Emanuele.

Attingo al ricordo del fresco odore del suo dopobarba ogni volta che voglio fuggire dal presente e trovare riparo in tempi più felici, quando tutto era semplice e profumava d’amore.

«Mattia, chiama tuo padre e venite a tavola» grido dalla cucina, fermando la malinconia sul nascere.

Mi asciugo gli occhi, scolo la pasta e do un rapido sguardo al display del cellulare, che si è appena illuminato: un suo messaggio!

Mattia si precipita in cucina come una saetta. «Mamma, l’hai finito il vestito del pastore?».

Nel frattempo mio marito, con la sua aria pigra e trasandata, si trascina svogliatamente fino alla sedia. Inizio a distribuire la pasta nei piatti, evitando il suo sguardo.

«Sì, amore, è quasi pronto. Dopo pranzo lo proviamo, così vediamo come ti sta. Ora devo andare un attimo in bagno. Inizia a mangiare se no si raffredda».

Al sicuro dagli occhi accusatori di Emanuele (anche se dubito che lui badi così tanto a me da curarsi dei miei intrallazzi), visualizzo emozionata il messaggio ricevuto: “Non ho fatto altro che pensare a te per tutto il giorno, Rossella”.

Alzo lo sguardo e, per un attimo, vedo riaccendersi nello specchio tutta la mia vanità, accompagnata sul mio viso dai solchi del tempo e dal fascino dei primi capelli bianchi: anche loro contribuiscono a creare una nuova forma di bellezza, più matura. Mi piace sentirmi ancora desiderata. Non che tema il passare degli anni: l’età, per me, è  solo un numero. Ma ho paura di non essere più considerata una donna piacente. Credo da sempre ai sentimenti e alle passioni coinvolgenti, ai tormenti che arroventano l’animo. Ma da tempo mi sento svuotata accanto a mio marito che ormai sembra solo un coinquilino. Perciò ho iniziato a flirtare, quasi per caso, con un uomo conosciuto in palestra. Quel gioco pericoloso mi ha fatta tornare indietro negli anni e, a dirla tutta, non ci vedo nulla di male fino a che non si supera un certo limite.

Con le dita tremanti digito: “A domani” e torno in cucina.

 

Questa sera il paese è in festa: luci colorate e alti pini addobbati abbelliscono le strade affollate; la gente si riversa fuori dai negozi con grandi buste colme di regali. Mancano pochi giorni alla Vigilia.

Nel piazzale adiacente alla chiesa è stato allestito un presepe vivente con i bambini a impersonare i soggetti della Natività. È coinvolto anche mio figlio al quale faccio complimenti svogliati mentre di tanto in tanto mando un sms all’uomo della palestra.

“Indovina cosa indosso stasera?” lo stuzzico. Emanuele continua a guardare l’orologio, sospirando nervosamente, poco distante da me. Mi sento così trascurata da lui che quasi non mi importerebbe niente se mi cogliesse in flagrante; anzi, forse sarebbe meglio, così ridesterei un po’ la sua attenzione.

«Mamma, facciamoci la foto» mi grida Mattia dopo aver visto fare la stessa cosa agli altri genitori abbracciati ai loro figli.

«Sì, amore, un attimo» rispondo quasi senza ascoltarlo, assorta come sono nella mia vita virtuale.

“E se invece di tirare a indovinare ti vedessi di persona? Dove ti trovo?”. Avvampo in viso.

«Mamma, dai!» ribatte Mattia esasperato. Ma non gli bado più: sto pensando solo a come rispondere al messaggio.

Il pensiero di incontrare “l’altro” mentre sono insieme a mio marito mi stuzzica e risveglia in me l’ardore tipico del proibito.

Improvvisamente il telefonino mi viene tolto dalle mani con veemenza.

«Ma la smetti di fare la ragazzina? Perché non pensi invece a tuo figlio che ti sta chiamando?».

Emanuele è di fronte a me infuriato e mi vomita addosso tutto il suo astio represso.

Ma allora ha capito… Vergognandomi di me stessa, abbasso gli occhi umiliata. Lo oltrepasso per andare ad abbracciare Mattia: in quel momento mi sembra l’unica certezza a cui aggrapparmi.

Ci riavviamo verso casa poco dopo. Mattia dorme esausto in braccio al padre e io cammino dietro di loro, intirizzita non tanto per il freddo, quanto piuttosto per la consapevolezza di quello che sarebbe potuto accadere se non mi fossi in qualche modo ravveduta. Quest’episodio mi ha messo di fronte alla possibilità reale di perdere mio marito.

«Chi è lui?» mi chiede Emanuele con tono diplomatico.

Fisso le sue spalle larghe.

«Che importanza ha?» rispondo con un filo di voce. Mi sento delusa da me stessa: sono stata così stupida da credere che lui non se ne sarebbe accorto. O tanto sciocca da sperare che se ne accorgesse?

«Provi qualcosa per lui?».

«Certo che no!» rispondo convinta. Ed è vero: per me quell’uomo è solo un modo come un altro per evadere dalla routine quotidiana.

Lui sembra soppesare quell’affermazione, poi cambia strada, allontanandosi dalla direzione di casa.

Lo seguo titubante. Arriviamo sul ponte a due arcate a me tanto caro. Mi si stringe il cuore: si ricorda ancora del nostro primo incontro avvenuto in quel posto! Le acque scorrono placide sotto di noi e lo scrosciare tranquillo del torrente ha un effetto distensivo sui nostri nervi tesi.

 

Emanuele accarezza delicatamente i capelli di Mattia che, intanto, continua a dormire tranquillo. Quindi affronta l’argomento. «Rossella, gli anni passano per tutti. Non possiamo pretendere di provare in eterno le stesse emozioni di quando eravamo due adolescenti. Questo non vuol dire che ho smesso di volerti bene, ma la passione presto o tardi si affievolisce e ci si trova a dover fare i conti con l’abitudine».

Io annuisco mesta, ripercorrendo con la mente gli anni intensi vissuti insieme. Forse ha ragione lui: ho caricato di così tanta passione il nostro rapporto che nel tempo l’energia si è esaurita.

Poi lui prosegue: «Anche se non ti dimostro il mio amore come prima, non vuol dire che questo sia svanito. Quando mi sveglio la mattina, la prima cosa che faccio è girarmi verso di te per osservare il tuo viso sereno e ancora dopo tanti anni provo a indovinare cosa stai sognando. E quando portiamo Mattia a messa la domenica, mi piace stare seduto sulla panca accanto a voi mentre ripenso alla solenne promessa che ci siamo fatti in quella chiesa. La passione si attenua, ma l’amore no: quello non vacilla mai».

Calde lacrime mi rigano il viso. Abbraccio forte colui che ho rischiato di perdere solo per un inutile capriccio.

«Vorrei che ogni tanto mi ricordassi quanto sono importante per te. Basterebbero delle piccole attenzioni in più, non chiedo altro».

Emanuele mi rassicura. «Non ti darò mai più per scontata. Mi dispiace di averti fatto sentire trascurata».

Mattia ci interrompe svegliandosi all’improvviso.

«Sta nevicando!» esulta entusiasta. Piccoli fiocchi iniziano a cadere, poi sempre più copiosamente.

Mi stringo al braccio di mio marito e osserviamo divertiti il nostro bambino cercare di catturare la neve.

Mi sembra di sentire di nuovo quel fresco odore di dopobarba.

Rivedo la scena di me che scivolo goffamente sulle pietre sdrucciolevoli ed Emanuele che galantemente mi sorregge. E poi il primo appuntamento, il primo bacio, quel figlio tanto atteso…

«Buon Natale!» grida Mattia elettrizzato e noi due scoppiamo a ridere. «Tesoro, al Natale manca ancora qualche giorno» gli faccio notare.

Però, pensandoci bene, non ha tutti i torti: è davvero Natale, il nostro Natale, la nascita di un sentimento nuovo, più maturo e consapevole.

Così, teneramente abbracciati, festeggiamo lì quel nuovo inizio, proprio sul ponte dove tutto è nato, e dove da quel giorno tutto sarebbe ricominciato.

 

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