In ostaggio

Cuore
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Abbiamo deciso di rendere disponibili online quattro storie vere, pubblicate sul n. 12 in edicola questa settimana, da poter leggere a casa durante l’emergenza Coronavirus. Ecco la terza

 

Mio marito aveva un carattere dispotico, ma non era mai stato violento e noi ci amavamo. Però, quando gli dissi che per me le cose erano cambiate e volevo lasciarlo, la gelosia gli fece perdere il controllo. E diventò il mio aguzzino

STORIA VERA DI ANNA MERLINO RACCOLTA DA VALERIA CAMAGNI

 

C’è un prima e un dopo nella mia vita, il prima sono stati gli anni del mio matrimonio con Maurizio, il dopo l’assedio e la persecuzione di cui sono stata oggetto dall’uomo che diceva di amarmi. Mi sono sposata a 19 anni, poi sono arrivati i figli, insieme il lavoro nell’azienda di famiglia a Napoli dove vivo tuttora, che ci teneva impegnati tutto il giorno gomito a gomito.

Per 29 anni abbiamo tirato avanti così, lui aveva un carattere dispotico, poco propenso al dialogo, e io cercavo di essere accondiscendente, di andargli incontro in ogni scelta, di non creare motivi di attrito. Però ci amavamo o almeno io pensavo così.

Poi forse è stato il caso o forse doveva davvero succedere, fatto sta che per un incidente d’auto nel 2010 sono rimasta a letto immobilizzata per più di un mese.

In quel periodo mi sentivo più sola di prima, i nostri figli erano ormai grandi, 24 e 28 anni, e avevo la sensazione di avere al fianco un uomo che non mi capiva, per cui ero diventata davvero invisibile. Così, un po’ per gioco un po’ per noia, cominciai a conversare su Facebook con un mio vecchio fidanzatino di quando avevo 14 anni. Ci eravamo ritrovati sui social entrambi adulti e sposati, parlare con lui mi faceva sentire capita, l’amicizia era rinata e ben presto si trasformò in qualcosa di più.

I contatti si intensificarono e quando mi rimisi di nuovo in piedi il mio primo desiderio fu di incontrarlo. Il resto venne da sé e in me si fece strada l’idea che Franco fosse l’uomo giusto per me.

Dopo tre mesi presi la decisione che molte donne giudicherebbero folle: confessai a mio marito di essermi innamorata di un altro.

Mi ricordo ancora, era settembre del 2010. Da quel  momento cambiò tutto. Lui uscì letteralmente di testa, sentì crollare il suo mondo, si vide portare via la donna che amava e questo lo fece diventare violento. Invece di chiedersi perché, di pensare alle ragioni del mio gesto, cominciò a insinuare in me sensi di colpa, pregandomi di non lasciarlo in nome della famiglia e dei figli che avevamo insieme.

Cedetti e decisi di restare con lui, tagliando ogni comunicazione con Franco (che nel frattempo seppi poi aveva ricevuto minacce di morte da mio marito).

 

Da qui ha inizio il mio sequestro: lui mi seguiva ovunque anche in casa, non potevo andare in bagno senza che mi venisse dietro, il cellulare era continuamente sotto controllo, non potevo parlare neppure con i miei familiari senza che lui fosse presente. In pratica ero suo ostaggio,  sempre accompagnata ovunque e la cosa stupefacente era come cambiava comportamento tra il giorno e la notte. Durante il  giorno mi riempiva di attenzioni, era amorevole e quasi stucchevole, cercando di colmare tardivamente l’assenza precedente. Di notte invece diventava il mio  carnefice, mi insultava, non mi faceva dormire. Arrivammo al punto di dormire in stanze separate, lui nel frattempo era caduto in depressione, tentando più volte il suicidio. Venne anche ricoverato al centro psichiatrico.  Fu in una di queste notti incubo, in cui lui voleva a tutti i costi dormire con me, che si verificò la prima esplosione di violenza fisica: mi tirò contro una bottiglia e cercò di picchiarmi con una mazza.

In quel momento realizzai che la mia vita era in pericolo, che lui era fuori controllo e avrebbe potuto uccidermi. Ho ancora davanti a me il suo sguardo ineittato di sangue, il volto paonazzo, trasformato. Quella sera intervennero i vicini, lui li cacciò prendendoli a male parole, tentai di chiuderlo fuori casa ma non ci riuscii, lui mi seguì e mi picchiò.

A quel punto decisi di sporgere denuncia.

In verità non era la prima volta che chiamavo i Carabinieri, ma in questa occasione mi rivolsi a un’associazione che collaborava con il Comune di Napoli su questi temi a difesa della donna contro la violenza domestica. Da quel momento è cambiato tutto, ho trovato sostegno psicologico e un supporto legale. Lui è andato via di casa ma è rimasto in zona e quel periodo lo ricordo come il più terribile perché nonostante avesse il divieto di avvicinarsi a me, me lo trovavo  intorno ogni momento.

Nel frattempo avevo cambiato lavoro, mi ero trasferita a Capri dove gestivo un ristorante e un locale disco-bar. Ma lui riuscì ad arrivare anche lì, cercando in ogni modo di ostacolarmi sul lavoro, parlando male di me con i miei titolari, facendo pressione perché mi licenziassero. Alla fine è  stato arrestato e condannato a nove mesi per violenza privata, è stato tre mesi agli arresti e poi ha avuto la pena sospesa con la condizionale.

 

Io ancora non mi rendo conto di quello che ho attraversato. Se non avessi avuto il supporto psicologico e l’assistenza costante delle terapeute dell’associazione, da sola non ce l’avrei mai fatta.

Loro mi hanno aiutata a trovare un senso di riscatto in me, a capire che potevo ricominciare basandomi sulle mie sole forze, che non dovevo più essere vittima di sensi di colpa.

Se ripenso a quel periodo di “assedio” mi chiedo come ho fatto a sopportare tutto ciò, adesso ho recuperato anche il rapporto con i miei figli che mi sono sempre stati vicini ma che in tutta questa vicenda erano stati strumentalizzati come arma di ricatto nei miei confronti.

Oggi dedico una parte del mio tempo a portare in giro la mia testimonianza perché sia di aiuto ad altre donne, a uscire da quell’invisibilità in cui la violenza le relega. Invisibili a se stesse, e a agli altri.

E per quanto riguarda l’amore, al momento ci ho messo una pietra sopra. Franco, l’uomo per cui avevo lasciato mio marito, non l’ho più rivisto, mentre lui, il mio ex marito, si è rifatto una vita accanto a un’altra donna da cui ha avuto anche un figlio. Ecco questa è la mia storia, non è la solita vicenda di emarginazione e degrado della periferia partenopea, anche se vivo a pochi chilometri da Scampia, con tutti i problemi che questo territorio rappresenta nell’immaginario delle persone. È una storia che voglio dedicare a tutte le donne perché non commettano l’errore di stare in silenzio, diventare invisbili come avevo fatto io.

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