Sposarsi a 60 anni? C’è chi dice no

Cuore
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Rifiutare la proposta di matrimonio di un uomo quasi perfetto dopo gli “anta”, a me sembra una follia. E rischioso. Ma qualcuno la pensa diversamente

Francesca D, separata da una vita e mamma di un figlio ormai adulto, da un paio di anni frequenta Alberto, il proprietario del bar accanto al suo negozio, che le ha appena chiesto di sposarlo.

A questo punto vi aspetterete di leggere che lei ha accettato commossa e che ora è tutta presa dai preparativi del matrimonio. Invece no. Nonostante con lui stia molto bene e lo consideri l’anima gemella, la pazza ha rifiutato la proposta e ha testualmente dichiarato: A 60 anni, non voglio una storia seria (che poi è il titolo della sua testimonianza, su Confidenze in edicola adesso).

Non so come la pensiate voi, ma a mio avviso questa signora è completamente fuori di testa. E se non è ancora pervenuta la reazione definitiva di Alberto, per il momento si sa che non ha preso benissimo il due di picche. Tant’è che Francesca si sta chiedendo quanto futuro abbiano ancora insieme.

In realtà, se lui dovesse darsela a gambe, la nostra lettrice dovrebbe fare un gigantesco mea culpa. Innanzitutto, perché dare un calcio a una storia seria all’alba dei 60 anni (parlo io che ne ho 57) è come rifiutare un’eredità inaspettata. Cioè, equivale a voltare le spalle a un botto di fortuna miracoloso. Sul “mercato”, infatti, quanti sono gli uomini dal carattere accogliente, capaci di smussare gli aspetti spigolosi della compagna, andare d’accordo con suo figlio e decisi a impegnarsi per sempre? Non molti, credo.

Per quale motivo, allora, rischiare di perdere una perla simile, visto che il mondo è pieno zeppo di donne disposte a spintonarsi pur di accaparrarselo appena torna su piazza?

Certo, qualcuno potrebbe obiettare che se Alberto è tanto innamorato, non riuscirà facilmente a dimenticare Francesca. Ebbene, a chi sostiene questa clamorosa idiozia, consiglio di guardarsi un po’ intorno. Per poi dirmi, quando una coppia si separa, quanto impiega il lui di turno a rimettersi con un’altra. Un nano secondo, anche se fino a un attimo prima si dichiarava (con sincerità) inconsolabile.

Se questo succede ai più giovani, figuriamoci dopo gli “anta”. Ovvero, nel periodo in cui, volenti o nolenti, si comincia a sentire la vecchiaia che bussa alla porta e si palesa lo spauracchio di trascorrerla da soli. Con ciò non invito nessuno ad andare alla spasmodica ricerca di una sorte di badante a casaccio. Però, faccio presente che trascorrere gli anni azzurri con una bella persona accanto (e il povero Alberto pare proprio esserlo) è meno malinconico.

Ma non è tutto. Tra le (patetiche) scuse, Francesca accampa il suo vecchio matrimonio finito male. E io mi chiedo cosa diavolo c’entri. Nel corso della vita succede spesso che le cose non vadano per il verso giusto. Eppure, non è una buona ragione per rinunciarvi definitivamente. Assumere un atteggiamento tale significherebbe non mettere mai più piede in un cinema solo perché l’ultimo film non è piaciuto. Oppure, optare per la disoccupazione dopo un’esperienza professionale poco gratificante.

Ma quel che più mi colpisce di questa storia, è la totale assenza di romanticismo di Francesca. Che davanti alla richiesta di un uomo che le piace, la fa stare bene e le dà sicurezza, invece di fare i salti di gioia sostiene di «Non sentire la necessità di formalizzare il rapporto». Una frase talmente burocratica da togliere qualsiasi entusiasmo. Forse pure ad Alberto, anche se ancora non sappiamo che programmi abbia per il suo avvenire sentimentale. Ma se posso scommettere, dico che i due il panettone insieme non lo mangeranno.

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