Un mese per innamorarsi

Cuore
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Vi riproponiamo sul blog la storia più apprezzata del n. 6

 

Per lavoro cerco di trovare l’anima gemella alle persone, ma con quest’uomo è molto difficile: non crede nei sentimenti e fa di tutto per ostacolarmi. Più lo conosco però e più mi accorgo che la candidata ideale esiste…

STORIA VERA DI LARA G. RACCOLTA DA SIMONA MARIA CORVESE

 

In un sabato mattina di febbraio raggiungo la villa sul lago di Alberta e Jacopo, due fratelli chef stellati. Sono consulente per agenzie matrimoniali e sono stata contattata da Alberta per trovare una danzata a suo fratello, con la quale si presenterà al matrimonio della sua ex danzata. Scapolo impenitente e professionista ambito, Jacopo ha lavorato a New York, Londra, Il Cairo, ma ha anche collezionato una serie di relazioni fallimentari. Sua sorella però è convinta che sia un uomo capace di sentimenti pro- fondi. Il problema è che il matrimonio è tra un mese. «Se non ci riesco, mi rovino la reputazione» mi dico presa dall’ansia, ma il mio orgoglio m’impedisce di scoraggiarmi: «Sono certa che non fallirò».

Alberta mi accoglie e mi parla un po’, poi mi presenta Jacopo. Rimaniamo soli nel salotto e ci sediamo su un divano con cuscini colorati e coperte piegate gettate sullo schienale, accanto a un camino in pietra grezza, nel quale arde il fuoco, emanando un confortevole tepore. Fuori il vento di febbraio fa sbattere le imposte e soffia neve gelata contro i vetri. Dopo l’imbarazzo iniziale, Jacopo e io cominciamo a parlare e scopro con sgomento che lui non sa niente della decisione di Alberta di usufruire del mio servizio. M’indispone subito mostrando, con i suoi modi impeccabili, scetticismo e anche un velo di derisione nei confronti del mio lavoro. È un bel tipo, dal fisico slanciato ed elegante. Ha un volto dai tratti aristocratici, una folta chioma di capelli scuri e occhi nocciola screziati di verde che affascinerebbero qualunque donna. Appena apre bocca però, con quel modo di fare di chi si sente superiore e sa come tenere le persone a distanza con un’impareggiabile cortesia, mi risulta antipatico. Cerco di rassicurarlo: «Ho esperienza e una sensibilità individuale quando conosco le persone».

Il suo sguardo non muta: ci manca poco che mi rida in faccia. «Capisco… e che sensazione le suscito io?».
«Credo che lei sia diverso da come vuole apparire e probabilmente non crede nell’amore vero» gli rispondo decisa. Jacopo si sente punto sul vivo e mostra risentimento, ma recupera subito il suo cortese distacco. «Bene, allora iniziamo. Ha bisogno delle carte per farmi i tarocchi, oppure mi fa l’oroscopo? Io sono dell’Acquario».

Ho l’impulso di alzarmi e andarmene, ma sono una professionista. Mentre prendo la tazzina di tè dal vassoio sul tavolino davanti a noi, la mano mi trema per il nervoso. Ne sorseggio un po’ per calmarmi, poi gli spiego che ho solamente bisogno di trascorrere del tempo con lui per studiarlo. Jacopo non mi è di nessun aiuto. «Secondo lei io dovrei condarmi con una perfetta estranea?» mi chiede, scettico. «Stia tranquillo, Jacopo e mi conceda la sua fiducia». Lui sorseggia lentamente il tè dalla sua tazza, facendo calare un imbarazzante silenzio. Mi lancia un’occhiata penetrante che mi fa sentire le farfalle nello stomaco, nonostante abbia fatto di tutto per indispormi.

«Non regalo la mia fiducia a nessuno. Se la dovrà guadagnare» mi provoca, senza girarci intorno.
Poso la mia tazzina sul vassoio e guardandolo dritto negli occhi magnetici gli rispondo con fermezza che sono pronta a conquistare la sua stima. Lui abbozza un sorriso cortese, ma i suoi occhi ridono maliziosi. È solamente il primo incontro ma ho già capito che Jacopo adora mettere alla prova le persone e anche provocarle.

Tornata in ufficio non perdo tempo. Fisso una cena di lavoro con Jacopo, forse sarà più bendisposto in un simile contesto. «Va bene, ma scelgo io il ristorante» replica lui. Io non sollevo obiezioni: attraverso i suoi gusti posso capire chi sia veramente.

Quella sera stessa Jacopo mi porta in un elegante ristorante sul lago. Ha cambiato atteggiamento: è gentile, mi mette a mio agio, fa scivolare lo sguardo sulla mia silhouette fasciata in un tubino bordeaux, con ammirazione. «Senta, tagliamo corto» mi dice deciso. Il tavolo dove sediamo e che Jacopo ha fatto riservare è proprio nel centro della sala.

Il chiacchiericcio delle persone intorno a noi mi rende difficile udire le sue parole. Istintivamente ci sporgiamo uno verso l’altra per capirci e lui mi lancia un’occhiata decisa e intensa che mi fa
mancare un battito. «Sceglierò una ragazza a caso tra quelle che mi proporrà e la inviterò al matrimonio. Saremo tutti contenti e lei avrà assolto il suo incarico».

Salto sulla sedia: «Contenti? Sta scherzando? Io non inganno i miei clienti. Come si sentirà la ragazza che lei avrà preso in giro? E lei sarebbe contento di sostenere una farsa? Di rinunciare a cercare un sentimento vero e disinteressato?». Jacopo è scosso dalle mie parole e ha capito che non accetto compromessi.

«Mi permetta di conoscerla» gli dico con spontaneità.
«È quello che stiamo facendo» ribatte lui prontamente.

«Niente affatto. Lei ha persino scelto il luogo più disturbato di tutto il ristorante, dove facciamo fatica a sentirci» rispondo.
«Va bene, ha vinto lei» replica, gettando sul tavolo il tovagliolo che ha in grembo, in segno di resa. Si alza e mi fa cenno di seguirlo. Andiamo nel giardino d’inverno del ristorante, una serra che si affaccia sul lago. Non c’è nessuno e ci andiamo a sedere su due poltrone, vicino a delle piante di limone. «Così va bene, Lara?», mi chiede Jacopo, guardandosi intorno distrattamente, dopo avermi lanciato un’occhiata furtiva. Io annuisco. «Cosa devo raccontarle di me?» mi chiede. «Mi dica chi è Jacopo, non lo chef stellato e di chi vorrebbe innamorarsi». Dalle vetrate filtra il gelo e mi stringo nel mio gol no. «Esiste l’amore?» chiede lui sarcastico, innalzando di nuovo un muro difensivo tra noi. «Certo, non sia scettico» lo incoraggio. Lui abbassa lo sguardo verso la mia mano. «Non mi pare che lei sia sposata» provoca. Ignoro l’affermazione: non è di me che dobbiamo parlare. «La prego, si lasci conoscere». «Eppure in meno di 24 ore lei è riuscita a diventare la mia prima candidata» mi dice, sprezzante, ignorando la mia richiesta. Questo è troppo, così mi offende.

«Io non sono un’arrampicatrice sociale e questo non è un appuntamento» ribatto, ferma.

«Avevo frainteso, chiedo scusa» risponde insolente, punzecchiando. Mentre me ne vado, non posso fare a meno di pensare che Jacopo mi è apertamente ostile e non crede nell’amore. Nei giorni successivi Alberta si scusa con Jacopo per avermi assunto senza prima averlo consultato. Gli chiede anche di aver rispetto del mio lavoro, che prendo sul serio. Jacopo concorda e viene a trovarmi in ufficio, dicendo che vuole collaborare con me. Io lo punzecchio e dico che, nonostante tutto, potrei avere ancora fiducia in lui. Lui m’incenerisce con lo sguardo ma, subito dopo mi lancia una delle sue occhiate irresistibili, con gli occhi che ridono e io arrossisco. Ammetto che siamo stati tutti e due un po’ provocatori e gli chiedo se posso seguirlo nelle sue attività quotidiane, nei prossimi giorni, per cercare di capire la sua personalità. Quando lui accetta, esprimo la mia felicità in modo spontaneo e lui mi guarda con tenerezza, proponendomi di darci del tu. Nella sua quotidianità vedo però solamente il lato formale di Jacopo. Da un album di fotografie che ci ha dato suo fratello, scopro qualcosa di sorprendente sul suo conto: fa volontariato internazionale: ha cucinato in mense per poveri e senza tetto a NewYork.

Jacopo è una persona sensibile, generosa e che vuole realmente aiutare gli altri. Gli chiedo perché non fa sapere a nessuno di questa sua attività: «È meraviglioso quello che fai» gli dico con ammirazione, vedendolo in una luce diversa che me lo fa piacere moltissimo: non è la persona distaccata che vuole sembrare.

«È una cosa che ha a che fare con la mia vita privata» mi risponde con uno sguardo diretto, poi si fa pensieroso, come se stesse decidendo se confidarmi ancora qualcosa. «Alberta e io eravamo ancora bambini quando mio padre ha lasciato mia madre e lei è rimasta sola a occuparsi di noi» mi
dice schietto, lasciando trapelare risentimento. Io lo incoraggio con un sorriso. «Dopo che se ne è andato, lei è diventata una persona distante e distratta. Non riusciva a tener conto neppure delle nostre necessità basilari. Alberta e io siamo stati bambini trascurati. Siamo cresciuti con i pacchi dei banchi alimentari e nelle mense per i poveri perché con il suo stipendio non arrivavamo a ne mese». Percepisco la sua vulnerabilità e provo tenerezza per lui. «Ero troppo giovane per capire cosa stava attraversando mia madre. Ero arrabbiato con i miei genitori e ho cominciato a pensare che l’amore non esiste».

Vedo il dolore che è ancora nei suoi occhi e, senza accorgermene, mi sporgo verso di lui e gli s oro il braccio, mostrandogli la mia comprensione. «L’amore esiste, Jacopo: devi solo aprire il tuo cuore». Mentre lui mi guarda, i suoi occhi brillano e si addolciscono, facendomi provare sempre più forte il desiderio di aiutarlo a darsi.

Le sue parole mi fanno scattare qualcosa nel cuore: questo è il vero Jacopo che stavo cercando e ora so come proseguire la ricerca di una compagna adatta a lui. Nei giorni successivi intervisto alcune candidate e individuo tre ragazze da presentare a Jacopo. Il tempo stringe, così organizzo un cocktail party. Lui è molto nervoso e teso. I miei consigli di aprire il cuore, di essere se stesso, non riescono a calmarlo. Ammetto che il cocktail party non è stato la scelta giusta per metterli a loro agio. Jacopo si è sentito messo alla prova e alla ne mi dice di non aver provato interesse per nessuna delle ragazze. Sono sorpresa: «Com’è possibile? Avevano tutte e tre un alto indice di compatibilità con te».

Lui mi guarda ironico: «Forse hai perso il tuo tocco magico. In n dei conti anche tu che trovi le anime gemelle agli altri non hai trovato la tua. Come mai?». Lo incenerisco con lo sguardo, ma lui continua a ridere con gli occhi: provocarmi lo diverte molto.

«Come te, non ho ancora trovato nessuno che mi faccia sentire le farfalle nello stomaco» mento spudoratamente. Ogni volta che ci guardiamo negli occhi mi manca un battito e, a giudicare dalle occhiate intense che mi lancia e da come si diverte a provocarmi, anch’io non gli sono indifferente. Comunque non demordo: contatto la mia quarta candidata. È una chef che lavora su navi da crociera di lusso. Ha un vissuto simile a quello di Jacopo e, come lui, fa volontariato nelle mense per i poveri. Per il primo incontro organizzo per loro una cenetta in un ristorante tipico in una località di campagna. L’atmosfera è rustica e informale. Quando Jacopo arriva gli presento Asia, poi mi congedo. Sulla porta del locale mi volto per osservarli e noto subito lo sguardo preso di Jacopo. Lui si volta verso di me e con il capo mi fa un gesto di ringraziamento. L’appuntamento va bene, così ne organizzo un secondo, questa volta un picnic al parco. Anche questa volta va tutto bene e Jacopo mi dice che lui e Asia hanno molte cose in comune. Dovrei essere felice, perché sono riuscita nel mio compito e invece mi sento triste. Sento che lo sto perdendo, ma tutto questo è assurdo. Seduti nel mio ufficio gli chiedo se ha intenzione di portare Asia con sé al matrimonio. «Cosa mi consigli, Lara?» mi chiede e io gli rispondo che è lui che deve capire come si sente dentro. Il modo intenso in cui mi guarda mi fa però capire che mi sta chiedendo qualcos’altro: vuole che sia io a esprimere i miei sentimenti, gli stessi che vedo nei suoi occhi. Sono combattuta, non è professionale e alla ne non ce la faccio a parlare, bloccando anche lui. Vedo la delusione nei suoi occhi per la mia mancanza di coraggio. Mi abbozza un sorriso triste. «Va bene, ho deciso. Inviterò Asia al matrimonio». Gli faccio i miei complimenti, sforzandomi di sorridere con la tristezza nel cuore. Il mio lavoro con lui è finito.

Due giorni dopo ricevo una sua telefonata in ufficio: dice che vuole invitarmi a casa sua per un pranzo serale, per ringraziarmi. Sono sorpresa, ma anche felice di sentire la sua voce e accetto. Alla sera lo raggiungo nel suo appartamento, dove incrocio Alberta che mi ringrazia sorridente mentre sta uscendo. Jacopo mi viene incontro e mi accoglie con un sorriso dolce. Ci avviciniamo alle finestre dell’elegante sala da pranzo, che vanno dal pavimento al soffitto e offrono una spettacolare vista sullo skyline della città. Usciamo sulla terrazza per vederlo meglio, ma l’aria notturna che mi scivola sulla pelle mi provoca un brivido, così rientriamo subito. Fiori appena recisi, posati in vasi sui tavolini, abbelliscono l’ambiente e musica soft completa l’arredo sonoro. Odo il fruscio delle scarpe di Jacopo mentre passiamo su un morbido tappeto persiano, in direzione del tavolo da pranzo, dove sono state disposte le pietanze che lui stesso ha cucinato. Mentre mi aiuta a sedermi, sospingendo la sedia verso il tavolo, siamo molto vicini e il profumo del suo dopobarba misto a quello della sua pelle mi fanno accelerare i battiti del cuore. «Finalmente provo la tua leggendaria cucina, Jacopo» dico per rompere il silenzio. Lui sembra gradire molto il mio complimento. Durante il pranzo mi rivolge uno sguardo deciso e intenso, ma sono io a rompere il ghiaccio chiedendogli come va con Asia.

«Ci siamo lasciati, abbiamo capito di essere solo amici. Quando sono con lei non mi sento accelerare i battiti come con te, Lara». Sono senza parole: Jacopo mi sta dichiarando i suoi sentimenti. «Sei sempre nei miei pensieri, Lara». Mi si avvicina e mi prende la mano accarezzandola delicatamente. «Spero che tu provi quello che provo io: ti amo, Lara. Vuoi venire con me al matrimonio?».

Senza respiro, ma al culmine della felicità, gli dico di sì e lo abbraccio. Ci scambiamo un lungo, appassionato bacio, felici di non aver rinunciato alla cosa più bella che potesse capitarci nella vita: innamorarci. Poco dopo, è arrivato il Covid, la nostra vita è cambiata tanto. Ma siamo sempre insieme.

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