Un padre

Cuore
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Una delle storie più apprezzate della settimana sulla pagina Facebook è stata “Un padre” di Valeria Sirabella, pubblicata sul n. 8 di Confidenze. Ve la riproponiamo sul blog

 

L’unica cosa bella del mio matrimonio è stata la nascita di una bambina. Ma ho dovuto crescerla da sola e questo mi ha reso prudentissima in tutte le mie azioni. Tanto da non farmi capire che, se un sentimento è sincero, non si può fermare

Storia vera di Alessia T. raccolta da Valeria Sirabella

 

Se non fosse per la nascita di Clara, affermerei con certezza che sposare Giorgio è stato l’errore più grande della mia vita. Con lui non mi sono sentita serena e al sicuro nemmeno per un momento. Si arrangiava con lavori improvvisati che cambiava continuamente, spariva per lunghi periodi dando spiegazioni vaghe, era totalmente inaffidabile. Ma avevo perso la testa, e quando si è giovani capita di essere impulsivi. Quando mi chiese di sposarlo non esitai. Avevo sentore che non fosse il più affidabile degli uomini, ma non volevo rinunciare alle mie emozioni per semplice prudenza, così mi buttai. Un anno dopo nacque Clara, la gioia più grande. Fu però con il suo arrivo che le mancanze di Giorgio iniziarono a pesare. Non potevo contare su di lui per niente, non potevo lasciargli la bimba nemmeno il tempo di fare una doccia perché aveva sempre qualcosa di più urgente da fare. Iniziai a sentire il desiderio di separarmi da lui, ma presi tempo per la piccola, che non volevo veder crescere senza un padre. Fu solo un inutile stillicidio. Le cose non miglioravano di una virgola, anzi peggioravano, finché esasperata non gli chiesi di andarsene; Clara aveva due anni. Per qualche mese Giorgio cercò di mantenere un rapporto con lei portandola al parco ogni tanto, ma non c’era modo di organizzarsi con giorni fissi e orari: non si smentiva, continuava a improvvisare e cambiare i programmi all’ultimo momento. Quando mi accorsi che tutta quell’incertezza destabilizzava la bambina gli chiesi di cambiare atteggiamento, oppure di farsi da parte e permetterci di rifarci una vita senza di lui, credendo in quel modo di scuoterlo, per paura di perdere sua figlia. Invece, Giorgio sparì definitivamente dalla nostra vita. Non fu facile per Clara. Io piangevo notti intere sentendomi una pessima madre, perché non ero stata capace di assicurare a mia figlia una famiglia. Furono anni difficili, ma andammo avanti. Un barlume di gioia si riaccese nella mia vita quando a un cineforum conobbi Umberto. Ci piacemmo subito, e presto io mi ritrovai innamorata. Un anno dopo, quando la nostra storia era ormai consolidata, Umberto mi chiese di conoscere Clara, ma io rifiutai, convinta che non fosse pronta per accettare un altro uomo nella nostra vita. Tenni sempre separata la nostra storia da lei e lui non fece mai pressioni, rispettando la mia scelta. L’inverno di tre anni fa decisi di portare Clara sulla neve per un weekend: era stata in settimana bianca con la scuola e al contrario di me, che ero sempre stata un po’ impacciata, adorava sciare. Lei era al settimo cielo e io entusiasta di renderla felice. Prenotai un piccolo appartamento a Roccaraso: la casetta in legno con tetto spiovente le piacque tantissimo. Ci preparammo per andare subito sulle piste, ma non appena uscimmo di casa ebbi una sorpresa raggelante: Umberto ci aspettava lì fuori, col suo miglior sorriso e gli sci in mano. Restai pietrificata. Che gli era saltato in mente? Perché mi aveva colpita a tradimento? Come aveva potuto essere così avventato? Avevamo parlato mille volte di quella mia decisione, e lui avrebbe dovuto rispettarla.

 

Mentre io non riuscivo a muovermi, lui si presentò a Clara semplicemente come Umberto, poi disse qualcosa a proposito delle piste e del fatto che le conosceva meglio delle sue tasche. Ci invitò a seguirlo e si incamminò, seguito da Clara. Avrei voluto fargli mille domande, ma in presenza di mia figlia non potevo, così rimasi in silenzio e mi limitai a seguirli. In cabinovia, Clara sembrava rapita dal panorama e dalle spiegazioni di Umberto. Fui colpita dalla naturalezza di lui: sembrava non ci fosse cosa più normale al mondo del fatto di trovarci noi tre, in quel posto, in quel momento. Iniziai a pensare che forse era il caso di rilassarsi, con Umberto avrei fatto i conti dopo. Adesso dovevo farli con le vertigini delle piste più ripide. D’un tratto, vedendomi affaticata, Umberto mi disse che se preferivo riposarmi potevano continuare da soli. Il commento di Clara fu: «Sì mamma, riposati che non ce la fai a starci dietro». Un attimo dopo erano già ripartiti, mentre io sempre più confusa cercavo una sdraio libera sulla quale finalmente rilassare i muscoli. A sera tornammo verso il paese. Con le guance arrossate e gli occhi lucidi dal freddo, Clara, sfinita e felice, insistette perché Umberto cenasse con noi. «Certo, se la mamma è d’accordo», rispose lui. Non molto più tardi gli stava mostrando ogni angolo della nostra casetta mentre io preparavo il risotto allo zafferano, il preferito di Clara. Li sentivo confabulare di storie di folletti di montagna che Umberto diceva di aver visto da bambino. L’atmosfera era talmente bella che, nonostante le tensioni e i pensieri, non potei fare a meno di sentirmi felice. Dopo cena, quando la accompagnai a letto, Clara mi disse solo: «È simpatico Umberto», poco prima di crollare addormentata. Tornai di là frastornata, pronta a essere coerente con me stessa e dire a Umberto tutto ciò che si meritava. Ma il suo sguardo felice come quello di un bambino e l’abbraccio in cui mi strinse mi impedirono di parlare, e anche di continuare a restare impuntata nelle mie posizioni. Umberto aveva agito di testa sua, era stato impulsivo e non aveva rispettato le mie decisioni. Ma, inutile negarlo, aveva saputo fare breccia nel cuore di Clara. Al ritorno in città, Umberto poco a poco iniziò a frequentare casa nostra. Facemmo le cose lentamente, un passo alla volta, e lui e Clara si avvicinarono a poco a poco. Sono passati esattamente tre anni da quella vacanza sulla neve e Umberto si è trasferito da noi qualche mese fa. È stata proprio Clara a domandarmi perché non restasse mai a dormire a casa nostra. Per lei, ormai, è un punto di riferimento. Proprio questo pomeriggio dovevamo portare Clara al cinema, ma un impegno improvviso di lavoro mi ha impedito di mantenere la parola. Ero lì che cercavo le parole giuste per dirglielo, quando lei candidamente ha esclamato: «Mamma, non preoccuparti, ci vado con papà al cinema». Li ho osservati uscire di casa, lui con gli occhi velati di lacrime, pensando che nonostante le mie paure e prudenze, l’amore doveva solo fare il suo corso.

 

 

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