Marco, 37 anni, barista, sexy come pochi. Io, dirigente d’azienda, 53enne, me lo mangio con gli occhi. Sulle note di Vasco i nostri corpi s’intrecciano. Mi fa toccare il cielo, ma il tonfo che mi aspetta dopo è tremendo
storia vera di Silvia T. raccolta da Giovanna Sica
Credo di non averti mai visto con addosso il costume da bagno asciutto. Anche dietro al bancone del bar, hai sempre questi pantaloncini bagnati, incollati al corpo, striati di sale. Perché tu non ci sai stare più di mezz’ora lontano dall’acqua di mare. Appena al bar non ci sono clienti, tu corri a farti un tuffo, per poi tornare, carico di goccioline che trattengono il sole. Sei bello e sai di esserlo. Lo dicono le tue movenze sicure. Tu sei sexy pure mentre versi l’acqua nei bicchieri sparpagliati sul bancone. La tua voce dovrebbe avere un tariffario.
Buongiorno, due euro. Buongiorno, mia cara, quattro euro. Buongiorno, bella ragazza, 10 euro. Buongiorno, bella ragazza, con bacio sulla guancia e mano che stringe sul fianco, 100 euro, ben spesi aggiungerei. Tu ti chiami Marco e io Silvia. Tu fai il barista e io la dirigente in un’azienda importante. Tu hai 37 anni e io 53 anni.
«Buongiorno, Silvia. Ti faccio il solito caffè buonissimo che so fare soltanto io?» mi chiedi.
Annuisco trattenendo un sorriso, per darmi un contegno, ma dentro mi sento prendere fuoco. È tornata l’estate, mi è sbattuta addosso all’improvviso. Non ero pronta a mettermi in costume da bagno, a scoprire le cosce che mi sembrano ogni anno più grosse. Ogni anno che passa è sempre più difficile spogliarsi, scoprirsi addosso i segni del tempo che è passato. E ne è passato davvero tanto, da quando ero giovane, anch’io, come le tre ragazze accostate al bancone alla mia destra. Avranno all’incirca 20 anni e sono pazze di te. Sono qui per te, per i tuoi sorrisi, per il tuo viso dipinto dal Padreterno in persona. Per il bicipite scolpito che si contrae quando traffichi con il braccio della macchina del caffè. Prendo il mio espresso e vado in spiaggia, sotto l‘ombrellone. Tiro fuori il libro che sto leggendo ma non ho nessuna voglia di continuare. Mi giro in continuazione verso il bar del lido, ti spio. Vorrei sentire cosa dici alle ragazze incollate al bancone, ma siamo troppo lontani, mi giunge solo l’eco delle vostre risate. Vado a nuotare per cercare di liberarmi da questa smania e dalla malinconia che oggi mi stringono la gola. Ed è lì che tu mi vieni a riacciuffare, nell’acqua di mare; mi raggiungi con due bracciate, dopo uno di quei tuoi tuffi plateali a cui noi frequentatori di questo lido assistiamo attoniti da giugno a settembre.
Averti vicino nell’acqua è pericoloso per me, ho paura di non riuscire a mantenermi a galla, di andare giù. Ho l’impressione che tu colga il mio turbamento e che ti diverta a mettermi in imbarazzo, avvicinandoti sempre di più, togliendomi una ciocca di capelli dalla bocca, fermandoti più del necessario con le dita sulla mia faccia. Quando il sole arrossa il mare ordino un prosecco, vieni tu in persona a portarmelo.
«Silvia, dopodomani abbiamo una serata stupefacente con una cover band di Vasco, non perdertela per niente al mondo».
«Dopodomani è domenica, lunedì mattina devo andare a lavorare, non credo di farcela».
«Dai, non ti atteggiare a integerrima donna in carriera. Vieni, sarà una bellissima serata, e lunedì andrai a lavorare più contenta».
«Vediamo» rispondo, ma c’è poco da vedere: io voglio venire, voglio sfoggiare un vestito che mi faccia bellissima, che mi faccia sentire giovane, guardata da te. L’indomani vado a comprarmi una gonna lunga e una camicetta, spendo un sacco di soldi ma quelli li ho e a volte non so manco che farne. Riprovo il mio outfit a casa, con calma, e anche se non mi vedo bellissima come avrei voluto, perlomeno l’alta qualità dei capi minimizza i miei difetti.
Domenica sera vengo al lido con la mia amica Valeria; ho dovuto mettermi a piangere in cinese per convincerla, ma alla fine ci sono riuscita. Era talmente tanta la voglia di stare con te che sarei venuta anche da sola, ma ringrazio Valeria a mani giunte, da sola mi sarei sentita troppo a disagio. Tu sembri contento quando mi vedi arrivare, vieni a darmi un bacio sulla guancia che mi scuote l’anima e non solo.
“Per farmi capire/ Che non devo dormire / Vuole fare l’amore / (Ooh, anch’io) anch’io, anch’io…” la band intona Io non so più cosa fare di Vasco e a me viene naturale su questa strofa cercare la tua faccia, fra tutte le facce che mi circondano e che non mi dicono proprio niente.
Con mia grande sorpresa, scopro che i tuoi occhi sono posati su di me: che significa Marco, cosa mi vuoi dire? Che non devo dormire? Cosa vuoi farmi capire, che vuoi fare l’amore? Vuoi fare l’amore con me? Non reggo il tuo sguardo, butto giù la mia tequila in un solo sorso, col risultato che mi sento avvampare le guance e lo stomaco. La festa continua, tutti cantano, tutti si sbracciano. “Voglio trovare un senso a questa sera / Anche se questa sera un senso non ce l’ha / Voglio trovare un senso a questa vita /Anche se questa vita un senso non ce l’ha / Voglio trovare un senso a questa storia / Anche se questa storia un senso non ce l’ha”.
Sulle note di Un senso vieni a prendermi per farmi ballare. Mi raggomitolo sul tuo petto, come un gattino che è appena tornato a casa dopo una giornata all’addiaccio.
I piedi non li sento toccare il suolo, sento solo il mio corpo che aderisce perfettamente al tuo, come fossero una sola carne. Abbiamo cominciato in quel momento lì a fare l’amore, io e te, per poi continuare tutta la notte a casa mia. Avevo fantasticato infinite volte su come sarebbe stato fare l’amore con te, ma non ci ero andata mai nemmeno vicino, alla gioia piena e goduriosa che ho provato fra le tue braccia. Mi hai fatto sentire desiderata. Bella. Ancora giovane. Mi hai portato in cielo, forse per questo quando sono andata giù il tonfo è stato fortissimo: ero salita troppo in alto fra le tue braccia. «Silvia, sono stato benissimo con te, credimi. Ma io guadagno poco lavorando come barista e quindi per…».
«Quanto?» ho domandato interrompendoti, non avrei sopportato di sentirti dire che ti dovevo pagare il sesso appena consumato, che ancora aleggiava nell’aria della mia camera da letto, che aveva impregnato dei nostri odori le mie lenzuola che mai più avrei lavato.
«300 euro» rispondi.
Non replico, mi alzo dal letto e vado a controllare se nella cassetta di sicurezza ho dei contanti. Non voglio farti un bonifico, non voglio lasciare traccia di questo pagamento. Durante il breve tragitto dal letto alla cassetta di sicurezza, in salotto, prego qualsiasi dio mi venga in mente: “Fa che i soldi ci siano, fa che i soldi ci siano, fa che io abbia in cassetta 300 maledetti euro da dare a Marco”. Per fortuna i soldi ci sono, te li metto sul comodino, come ho visto fare un milione di volte nei film. Non ti guardo in faccia, ma non perché ce l’abbia con te. Ce l’ho con me stessa. Mi vergogno e mi sento stupida. Tu li prendi con disinvoltura, intuisco che sei avvezzo a questa pratica.
«Ci vediamo al lido», vieni a cercarmi il volto, te lo prendi fra le mani, mi dai un bacio sulla guancia e te ne vai.
È incredibile come tu sia sicuro di te e io tutto il contrario, eppure, fra me e te dovrei essere io quella più strutturata. Sono io, fra me e te, quella che ha un lavoro importante e un conto in banca ragguardevole. E invece con te regredisco allo stato di femminuccia che non sa come comportarsi.
Quando mi ritrovo sola, non so se piangere o ridere. Ma come ho fatto anche solo per un momento a pensare che uno come te potesse venire a letto con me, gratis? Rido, rido così forte che mi vengono le lacrime agli occhi. Se penso che all’inizio di questa storia consideravo ben spesi 100 euro per un tuo bacio sulla guancia e una stretta sul fianco, direi che mi è andata di lusso fare l’amore con te al modico prezzo di 300 euro. Rido, rido che non riesco più a fermarmi. Mi hai fatto ridere e mi hai fatto stare bene, Marco. Mi hai tolto dagli occhi quel velo di malinconia che mi era venuto negli ultimi anni, quindi ti ringrazio. Ma adesso è tempo per me di riagganciarmi alla vita vera. Stavolta, però, è meglio se poso il mio sguardo su uomini della mia età, magari non palestrati come te, ma che vedano in me una donna da amare davvero.●
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