Tiziana Pasetti
Trama – Coralie ha quasi trent’anni e da sette mesi si è trasferita a Londra. Viene da Canberra, la capitale dell’Australia, e di lavoro fa la copywriter. 2013, è una gelida domenica mattina di marzo al Victoria Park. Coralie sta bevendo il suo latte, preda di mille pensieri, quando sente un rumore vicino al lago. Una bambina, che pochi istanti prima stava guardando estasiata degli anatroccoli appena nati, è caduta e galleggia con la testa immersa nell’acqua. Coralie non ci pensa un attimo, corre e si tuffa. La bambina si chiama Zora, ha quasi cinque anni, e al parco l’ha portata il papà, Adam, quasi quarant’anni, separato, giornalista, una somiglianza sfacciata – a distinguerli solo l’altezza – con il giovane Colin Firth. Tra i due è amore a prima vista. 2022, Hackney, Coralie e Adam vivono insieme. Oltre a Zora ci sono anche Florence e Maxi, i loro due figli. Coralie dovrebbe essere felice, felice di aver realizzato il suo sogno d’amore. Eppure non è così, qualcosa si è spezzato dentro di lei, non riesce più a sentire l’entusiasmo, la realizzazione in nessuno dei suoi ruoli. Tutto è troppo e non lascia spazio alla pienezza di ogni singolo frammento di sé. Proprio per questo Coralie decide di lasciare tutto e di andarsene, fuggire da quella routine che ha tolto il sapore a ogni cosa.
Un assaggio – 2022. Il bucato poteva farlo, e anche mettere in ordine non era un problema. Stese sul letto della figlia la trapunta estiva e la coperta con ricamata la scritta FLORENCE. Sopra sistemò Catty con le lunghe zampe incrociate, le braccia aperte in un abbraccio. Poi fu il turno del pupazzo preferito di Maxi, una pecora, che adagiò su un fianco nel lettino. Le calamite colorate finirono in una cesta, i Duplo nell’altra. Al piano di sopra rifece il letto di Zora con le lenzuola che aveva steso fuori ad asciugare; erano ancora tiepide e profumavano di sole. Non poteva più far da madre ai suoi figli. Con la mente stanca passò in rassegna le sue fortune: la casa, i bambini, Adam. In fondo era tutto ciò che aveva sempre sognato. Il dolore è il prezzo che paghiamo per l’amore, aveva detto una volta la regina. Coralie pagava con la paura e la confusione. Ma c’era qualcosa che non andava in Coralie, qualcosa che la rendeva diversa; viveva sospesa tra l’impossibilità di amare davvero e l’incapacità di smettere di farlo. Se non amava era la metà di sé. Ma amando non sarebbe mai stata intera. L’assenza d’amore la faceva sentire smarrita; la sua presenza, incompleta. Preparò la borsa con mani tremanti. Madre, scrittrice, professionista, e ancora sorella, amica, cittadina, figlia, moglie (quasi). Se solo avesse potuto essere una cosa alla volta, forse ce l’avrebbe fatta. Ma nel folle tentativo di essere tutto non si riconosceva più in niente. Fuori la luce si attardava come solo nelle sere d’estate, con le grida acute dei gabbiani in lontananza. Lo amava tantissimo, più di qualsiasi altra cosa. Ma una volta tornato a casa, non l’avrebbe più trovata.
Leggerlo perché – Ogni tanto una scrittura semplice è rilassante come una camminata a piedi nudi sulla spiaggia, non è necessario mettersi in modalità intellettuale, basta semplicemente girare le pagine con leggerezza. Questo romanzo però una piccola cosa in più la fa: disegna un personaggio femminile che ha il coraggio di dichiarare la fatica e lo sconforto che accompagnano la costruzione familiare. L’amore all’inizio è una storia a due, perdono consistenza tutte le cose che gravitano intorno. Se sopravvive ai primi mesi, al primo anno, e se si cominciano a costruire percorsi comuni il gioco si fa duro: non è più questione di sguardi e brividi e baci e sospiri ma qualcosa di più difficile da sopportare e accettare, un ritorno dal sogno alla vita. Vale la pena restare – e (ri)trovare la meraviglia nella quotidianità – o è meglio fuggire?
Jessica Stanley, Considerati baciata, Bompiani
















