Il voto alle donne (a cura) di Baritono e Fiorino

Leggi con noi
Ascolta la storia

Un saggio racconta il traguardo del voto alle donne come conquista collettiva e non come scontro tra generi. Il voto come eredità morale

Tiziana Pasetti

Trama – I processi che hanno condotto al riconoscimento del diritto di voto alle donne non sono stati lineari e a ben guardare nelle storie delle nazioni e degli imperi molte sono le analogie ma tante sono anche le discontinuità. Unico denominatore comune, l’essere donna. Poi le variabili, legate ai tempi e agli spazi. Raffaella Baritono e Vinzia Fiorino, entrambe professoresse universitarie di Storia, hanno curato questo bel saggio riunendo un gruppo di storiche contemporaneiste per raccontare i percorsi politici e sociali di un traguardo che è un punto di partenza e non di arrivo, una conquista collettiva e non una lotta/scontro tra generi. Il suffragio femminile in Italia, quindi, ma anche quello in Francia (Vinzia Fiorino), in Nigeria (Sara Panata), in Sudafrica (Arianna Lissoni), in Tunisia Leila El Houssi), in Cile e Messico (Maria Rosaria Stabili), negli Stati Uniti (Raffaella Baritono), in India (Marzia Casolari), in Iran (Farian Sabahi), in Turchia (Lea Nocera), in Germania (Kerstin Wolff), nel Regno Unito (Giulia Guazzaloca), in Russia e in Finlandia (Giovanna Cigliano).

Un assaggio – Sarebbe erroneo pensare al tema del suffragio femminile come espressione di una semplice estensione di concetti che dal mondo occidentale si sono imposti o hanno costituito il modello privilegiato di riferimento per i processi di state e nation-building nei contesti post-imperiali e post-coloniali. La battaglia per il voto alle donne si è consumata all’interno di un campo di tensione che ha svelato non solo il rapporto di potere patriarcale che era stato incluso e non rimosso nel contratto sociale, ma anche il modo in cui i concetti di individuo e libertà, nonostante l’apparente valenza universalistica, si costituivano nella dialettica e nello scontro fra indipendenza e schiavitù, fra uguaglianza e differenza, fra soggetti dominanti e soggetti dominati perché incapaci di autogoverno, fra spazi nazionali e imperiali, fra arretratezza e modernità. L’accesso al diritto di voto, ha sostenuto Anna Rossi-Doria, «non è mai fine a sé stesso, ma è fin dall’inizio (…) soltanto un pezzo di un progetto generale di rivendicazione di dignità e di autonomia femminili di cui gli altri pezzi sono l’accesso delle donne all’istruzione superiore e alle libere professioni e l’estensione alla sfera pubblica delle loro attività assistenziali». E allo stesso tempo il voto, di per sé, non qualificava le donne come soggetti a pieno titolo portatrici di diritti. Già nel 1855 Elizabeth Cady Stanton scriveva che era «poca cosa per me avere il diritto di voto, di proprietà e così via se io non possiedo il mio corpo, come un mio assoluto diritto».

Leggerlo perché – Il tempo in cui il voto non era concesso alle donne comincia ad essere lontano, quasi solo un capitolo neanche troppo corposo nei libri di storia, un argomento spesso strumentale delle parti politiche. Il voto, e il voto alle donne, è un frutto non sempre maturo dei tempi, delle rivoluzioni, delle strategie. Leggere come si è arrivati a questa acquisizione, in Italia (commemoriamo il 2 giugno 1946 come data del primo voto ma le italiane avevano già votato per le elezioni amministrative svolte tra marzo e aprile dello stesso anno) e non solo, è illuminante e se da una parte la verità dei fatti toglie alla storia la patina di romantica retorica alla quale ci hanno abituato dall’altra ci riconsegna una superficie originale, grezza, che trasuda di materia tragica, problematica, venata di euforia e disincanti insieme. Il voto è un diritto, un’eredità morale da riscoprire. Il voto è molte Storie. Conoscerle è un dovere.

Raffella Baritono e Vinzia Fiorino (a cura di), Il voto alle donne. Una storia globale, il Mulino

Confidenze