Oh William! di Elizabeth Strout

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Cosa sopravvive alla fine di un matrimonio, cosa continua a nascere ancora se con quella persona hai conosciuto un’intimità assoluta?

Le scuse di William a proposito del nostro matrimonio mi hanno ricordato questo: Ormai parecchi anni fa, quando William mi disse per la prima volta delle sue relazioni, c’era una donna che gli stava particolarmente a cuore, anche se precisò di non essere mai stato innamorato di nessuna; era la sua collega di lavoro – non Joanne – e a me sembrò che per lei avrebbe potuto lasciarmi. Andammo in Inghilterra, noi quattro – voglio dire William, io e le bambine – perché lui credeva che avessi sempre voluto andarci, così ci andammo, ma fu poco prima della partenza che venni a sapere di questa donna, e anche delle altre. Comunque, come ho detto, c’era questa, in particolare. E una sera, a Londra, mentre le bambine dormivano, andai in bagno a piangere e William mi raggiunse e io gli dissi: – Ti prego, non te ne andare, ti prego! – e lui disse: – Perché? – E io dissi – ho un ricordo vivissimo di me seduta per terra che mi aggrappo alla tenda della doccia e poi alla gamba dei suoi pantaloni -, gli dico: – Perché sei William! Sei William! In seguito, quando decisi io di lasciarlo, William pianse, ma non disse mai niente di simile. Disse: – Ho paura di restare solo, Lucy -. Aspettai, ma non lo sentii mai dire: – Ti prego, non te ne andare, perché tu sei Lucy!. Qualche tempo dopo averlo lasciato, un giorno lo chiamai e gli dissi: secondo te dobbiamo davvero arrivare fino in fondo? E lui disse: Solo se non hai nient’altro da offrire al nostro matrimonio. Non avevo nient’altro. Cioè, non riuscivo a pensare di poter offrire nient’altro al nostro matrimonio, tutto qui”.

William e Lucy Barton sono stati sposati per circa vent’anni e hanno avuto due figlie, insieme: Chrissy e Becka. Un giorno Lucy ha scoperto che William l’aveva tradita. Non una ma più volte. Ma in qualche modo avevano resistito, per un po’. Poi è stata Lucy a dire ‘basta, me ne vado’. Ci sono state nuove storie per lei, e un matrimonio con David, l’amatissimo. William si è risposato anche lui, prima con Joanne e poi con Estelle. Con Estelle ha avuto un’altra figlia, Bridget.

William ha settantuno anni e alcuni pensieri neri agitano, tenendole sveglie, le sue notti. Sono passati anni, dalla loro separazione, dal dolore, dalla rabbia; oggi William se ha bisogno di parlare chiama Lucy. E quando David si è ammalato, e quando è morto, Lucy ha chiamato William.

Lucy Barton la conosciamo già, la Strout ha costruito intorno a lei i suoi ultimi romanzi. In questo, come sempre tradotto da Susanna Basso, Lucy ci racconta – non esattamente come accade nei romanzi che romanzano – il suo primo incontro con quello che poi è diventato suo marito, i primi anni di matrimonio, il rapporto con la madre di lui. Catherine Cole, si chiamava. Lucy ci racconta di Joanne, che era sua amica e che adorava le sue bambine. Joanne che voleva un gran bene anche a William: frequentava il suo letto e, appena libero, lo ha sposato. Lucy ci racconta il divorzio da Joanne. E poi l’arrivo di Estelle, ventidue anni più giovane di William. E Lucy ci racconta di William distrutto quando Estelle lo lascia. E ci racconta il fantasma di Catherine, che ‘torna’ per raccontare al figlio quello che non era stato detto. Ci racconta, Lucy, qualcosa che i romanzi in genere non raccontano: cosa sopravvive alla fine di un matrimonio? Cosa continua a nascere ancora e ancora, se con quella persona hai conosciuto un’intimità assoluta? O meglio, se con quella persona hai creduto di aver condiviso un’intimità assoluta? Se tutto, un giorno, dovesse crollare; se una luce nuova dovesse spegnere tutte quelle artificiali; potrebbe essere, quello, nel suo mistero, un giorno finalmente perfetto?

Elizabeth Strout, Oh William!, Einaudi

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