Suicidio o omicidio?

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Nel suo primo romanzo, la grafologa forense Nunzia Scalzo crea una protagonista che fa il suo stesso lavoro. Ed è coinvolta in un intrigante cold case

Bea Navarra è una grafologa forense, vive a Catania insieme al figlio, è una donna indipendente che adora il suo lavoro. Soprattutto se le viene sottoposto qualcosa di strano. Come succede quando, una mattina, una ragazza le chiede di esaminare il biglietto d‘addio lasciato da sua zia. La donna è morta da 60 anni, il caso è stato archiviato come suicidio, ma ancora i familiari non si danno pace: possibile che il biglietto fosse contraffatto?

A partire da questo spunto, Nunzia Scalzo, giornalista e grafologa, costruisce in La regola dell’ortica (Feltrinelli, 15 euro) un romanzo a più voci che fa emergere, un passo dopo l‘altro, segreti di famiglia e rivelazioni, insieme a una carrellata di personaggi che si muovono sullo sfondo della “Catania bene” degli anni Sessanta.

Tu sei grafologa forense, come la tua protagonista. L‘idea del libro nasce dal desiderio di raccontare questa professione?

«La prima molla, per me, è stata la passione per la scrittura. Infatti, nasco come giornalista. Poi, durante un master, mi sono imbattuta nel tema della comunicazione non verbale, di cui anche la scrittura fa parte. Mi sono resa conto, studiando, che ogni scrittura a mano è una serie di tracce, segni che rappresentano un codice dell’anima, ma che possono essere decodificati e compresi da altri. Affascinata da questo tema, sono diventata grafologa forense, iniziando a lavorare sempre più spesso per il tribunale. L’idea del libro mi è partita un giorno, davanti a una donna che mi chiedeva di analizzare un biglietto d’addio, dicendomi che per lei era questione di vita o di morte. Lì ho capito che potevo creare un personaggio che portasse in luce anche com’è questo lavoro».

In che senso?

«A volte pare quasi che il grafologo sia un mago che, dal taglio della “t” o da come fai le vocali, può leggere chissà che. Invece, è vero che ogni grafia è unica, ma il nostro lavoro valuta per esempio la pressione che si esercita sul foglio e tanti altri fattori che sono misurabili. La scrittura va analizzata con tabelle, protocolli internazionali, strumentazione adeguata, luci particolari… È tutto molto scientifico e rigoroso».

L’analisi del biglietto d‘addio nel libro è però al centro di un caso complesso…

«Sì, mi sono ispirata a un fatto di cronaca accaduto negli anni ‘60, con uno strano biglietto d’addio, ma poi ho rielaborato il tutto».

Quanto ti somiglia la tua protagonista?

«Solo nella professione, per il resto la sua vita è diversa dalla mia. Mi sono ispirata un po‘ a tante donne che ho conosciuto e che su di me hanno lasciato una traccia. A Bea ho dato un po’ di tutte loro».

Pensi già a un secondo caso?

«Sì. Anticipo solo che avrà al centro un inchiostro simpatico».

Testo pubblicato su Confidenze 29/2025

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