Temperanza di Gennaro Carillo

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Un invito alla temperanza nel momento in cui il mondo è in fiamme. La riscoperta di un valore che stride con i tempi che stiamo vivendo

di Tiziana Pasetti

 

Trama – Dominare il caos degli impulsi e dei desideri personali e di parte: esiste qualcosa, negli atteggiamenti morali e nei comportamenti, di meno ‘modaiolo’ di questo? Temperanza, parola dal suono bellissimo, termine, e categoria, messo in soffitta nei tempi che viviamo. Titolo della collana “Parole controtempo”, il viaggio che Gennaro Carillo ci invita a fare insieme a lui parte da lontano, dagli albori della filosofia, da Platone, e attraversa i continenti dell’arte e dei secoli, toccando i porti del mondo, delle sue espressioni umane. Guardare indietro e restare svegli osservatori dell’oggi, un oggi incontinente nella sua verbosità, nella retorica urlata e sbrigativa e ridondante nella ripetitività; guardare indietro per recuperare il senso della riflessione, del giudizio, della presa di posizione, dell’attesa e del ridimensionamento. Da Capitol Hill e da un presidente – ferito da un colpo di arma da fuoco, quelle stesse armi che per primo vuole libere nelle mani di chiunque – che grida al (suo) mondo ‘Fight!’, a ritroso (Melville, Turner, Giotto, Ripa, Agostino, Weil, Dante) l’autore torna, per capire, nell’anima delle classicità. Appartenente alle quattro virtù cardinali, la temperanza ha davanti a sé, contrapposto, il vizio dell’ira. Una parola da riaccreditare attraverso la conoscenza del suo significato, della sua portata tutt’altro che remissiva.

Un assaggio – La temperanza è la più inattuale delle virtù. Eppure, in questo consiste la sua forza:  non essere solo fuori tempo ma stridere contro il tempo che stiamo vivendo. Contro i sistemi di valore oggi imperanti. Davanti a poteri che non tollerano vincoli – e fanno di tutto per rimuoverli – l’appello alla temperanza non può che suonare scandaloso, se non eversivo. Un atto di opposizione guardato con sospetto. Privato della cittadinanza tedesca e costretto all’esilio, Thomas Mann, Nel settembre del 1937, fonda una rivista, il cui titolo è già un manifesto: «Maß und Wert», Misura e valore. L’editoriale di presentazione, il Vorwort, è uno dei vertici del Mann pubblicista politico. Dice pressoché tutto del nostro problema. Ironizza sulla retorica pseudo-rivoluzionaria dell’attacco e dello slancio opponendogli il concetto musicale di misura come antidoto luminoso alla regressione barbarica verso l’informe che suggestiona ed eccita la nazione tedesca. Agli occhi del grande borghese Mann, il fascismo –  l’hitlerismo – si presenta volgare, dozzinale, oltre che falso. Mann si affretta a precisare che la misura non va intesa come moderazione o peggio mediocrità: è evidente che rivendicare il valore della misura, dopo almeno un secolo di dileggio di tutto ciò che sia riconducibile alla temperanza e nel pieno di un’euforia collettiva prossima al più tragico degli esiti, non deve essere per niente facile. Che la misura non sia un argomento sufficiente a mobilitare le masse, addottrinate da parole d’ordine incendiarie, è irrilevante. Anzi, Segna un punto a suo favore: funzione della virtù e contenere le pulsioni autodistruttive, non alimentare il fuoco. Nessuna analogia è lecita. Ma quando il mondo, come in questo momento, è in fiamme e il diritto internazionale sospeso, diventa quasi inevitabile che il pensiero corra alle pagine di Mann.

Leggerlo perché – Leggerlo perché è un libro che fa bene alla salute e all’anima. Breve ma intensissimo negli stimoli e nei richiami, delizioso nella scrittura dotta ma coinvolgente nella chiarezza espositiva. Le parole controtempo sono una palestra contro l’atrofia del muscolo pensante. Il rigore del pensiero e della riflessione, della regola, della sobrietà, l’eleganza del gesto controllato: temperanza contro trasandatezza, contro istinto smodato e scellerato. Non è rinuncia, è dominio dell’equilibrio personale, sociale, politico.

Gennaro Carillo, Temperanza, Il Mulino

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