Antonio Calò, filosofo

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Per il suo gesto di generosità è stato nominato cittadino europeo del 2018, la sua storia mi ha commosso

Giù sulla Terra Dio ci guarda poco, se no si rovina la giornata. Che spreco!

Gli era venuto così bene quel pianeta verde, coi suoi fiumi e boschi e mari e monti e bellissimi animali. Poi ha fatto uno sbaglio, ci ha messo l’uomo, che gli è riuscito meno bene. L’uomo si è rivelato un distruttore, e gliela sta sciupando tutta. Però a capodanno per curiosità il Padreterno si affaccia sempre, e ha dato un’occhiata al 2019. È rimasto molto scontento. Ha visto che il riscaldamento del globo è peggiorato, provoca catastrofi e si prende milioni di vite; altre ne spengono le guerre, gli attentati, gli incidenti stradali, le mafie, i delitti, le malattie dei veleni che sono aria, terra, cibo.

L’ingiustizia sociale è inarrestabile come non mai, l’uomo odia l’uomo, la coscienza è derisa, l’ignoranza un vanto, parte del mondo è retta da megalomani pericolosi. L’intolleranza, la violenza, il razzismo, la schiavitù, l’ignoranza dilagano. È sempre stato così, ma adesso l’uomo ha i mezzi per essere malvagio globalmente, fino in fondo.

La tecnologia moltiplica la sua stupidità e la sua ferocia. Il Creatore osserva, cupo. L’uomo resta un enigma anche per lui: ma come, lo ha dotato di una mente capace di magnifiche scoperte, è possibile che le usi solo contro se stesso?

E se d’un tratto il viso di Dio si rischiara, è perché da qualche parte del mondo ha visto qualcuno che, in modo artigianale e sommesso, si è ricordato del Vangelo, la parola rivoluzionaria di suo figlio. Piccoli gesti che non competono con le catastrofi, ma una luce è una luce, e illumina sempre.

Treviso, Treviso…Italia…lì c’è un professore di liceo, si chiama Antonio Calò, ha una moglie amata, quattro figli. Un giorno arriva un gruppo di immigrati dall’Africa, che non sanno dove andare. Lui fa domanda al comune, e di comune accordo con moglie e figli li porta a vivere a casa loro. Ora sono in dodici. La casa è graziosa ma non è una reggia, bisogna stringersi. La moglie e i figli vivono questa esperienza con la stessa naturalezza del professore.

“Ama il prossimo tuo come te stesso” per i Calò non è un paradosso, è un modo d’essere spontaneo. Ma non è certo semplice, all’inizio i giovani africani non sanno una parola d’italiano. né i Calò capiscono la loro. Le abitudini sono diverse, bisogna adattarsi gli uni agli altri, il conflitto è quotidiano. Ma con molto lavoro e buona volontà da parte di tutti, poco a poco arrivano la confidenza e la concordia, comincia a nascere una nuova famiglia.

I vicini li guardano con sospetto, ma il professor Calò sta solo mettendo in pratica la materia che insegna, la filosofia. È amico della saggezza. E dal Vangelo sa che quando un bisognoso è alla tua porta, è Gesù.

Il professor Calò è semplicemente ciò che dice di essere, un credente e un filosofo. Lui e i suoi, dello spirito francescano hanno anche l’allegria. Non mettono su i musi compunti di chi fa beneficenza. Loro non fanno beneficenza, gli fa orrore anche la parola, che rima con accondiscendenza. Fanno agli altri ciò che vorrebbero fosse loro fatto. Seguono la coscienza, e questo, anche se non è molto risaputo, fa venire un gran buonumore, un bell’aiuto a sormontare gli ostacoli più duri.

Ben fare è ben essere, per chi lo sente, dà una forza leonina. Il sacrificio non è un più un fastidio, è un’impresa. Non esistono solo i piaceri infernali- bullismo, sadismo, esercizio di potere- ma anche quelli reali, come fare qualcosa di buono.

Parlo io, che a parole sono francescana, ma se mi chiedi di sacrificare l’intimità del mio studiolo divento una belva, mai sarei mai capace di tanto slancio verso il prossimo, e così costante. Maggiormente per questo ammiro il prof Calò e sua moglie, due don Chisciotte che però non si sbagliano sui mulini a vento. Sono pratici. Con una capacità organizzativa fuori dal comune, maestri di convivenza e disciplina.

Quando hanno visto che i loro figli e quelli nuovi avevano formato un insieme miracolosamente affiatato- scontri compresi, come sempre fra umani- hanno lasciato la casa a quella  comune di ragazzi, e sono andati a vivere col parroco, in canonica. Dove continuano ad aiutare chi è in difficoltà, vecchi, giovani, italiani, stranieri…chiunque ne abbia bisogno. E come sorridono sinceramente, nelle foto.

Che la generosità convenga più dell’egoismo? Ora che la nostra maestra di morale è la pubblicità, è difficile ricordarsene. La cosa che ha strappato il sorriso più luminoso di Dio è stato che i vicini, dapprima ostili, hanno cominciato a portare cibi e abiti per i ragazzi africani. La nostra natura è diabolica e divina. Non solo il crimine è contagioso, anche l’anticonformismo felice.  Non occorre essere dio per rallegrarsi della bellezza. Ci arriva perfino un’egoista come me, sperando che un frammento di quella luce la colpisca rendendola, almeno un poco, migliore.  

P.S: Alcune cose belle che scopro, come questa, le devo alle interviste di Pino Rinaldi su Raiuno, e anche la conoscenza del prof. Calò, per la quale lo ringrazio.

 

 

 

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