Cassandra di Christa Wolf

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La storia della veggente sacerdotessa di Apollo è uno dei miti classici ancora attuali

Eravamo grate perché era concesso proprio a noi di godere del massimo privilegio che esista, far avanzare una sottile striscia di futuro dentro l’oscuro presente che occupa ogni tempo. Anchise, che non si stancava di ricordarci che ciò sarebbe stato sempre possibile; che visibilmente diventava sempre più debole e non riusciva ormai a intrecciare le sue ceste; che spesso doveva starsene sdraiato, ma continuava a impartire insegnamenti per dimostrare che lo spirito è superiore al corpo; che continuava a litigare con Arisbe, da lui chiamata Grande Madre (…); Anchise fu, credo, che amò con tutto il cuore la nostra vita nelle caverne, senza riserve, senza tristezza e senza dubbi. Che appagò un suo sogno e che insegnò a noi giovani come si sogna restando con i piedi per terra”.

Si chiama Cassandra, la figlia di Ecuba e Priamo. La veggente sacerdotessa di Apollo, mentre attende la sua morte nella fortezza di Micene, ricorda. Ricorda la sua fanciullezza, i dieci lunghissimi anni durante i quali la sua città, Troia, è stata stretta nella morsa spietata di una guerra feroce e voluta. Intorno a una donna, Elena, è stato imbastito un castello di colpe e responsabilità. Finzione.

Per nessuna moglie rapita si arma un esercito e si va a morire. Solo la Terra chiama, solo il desiderio di un possesso: l’Ellesponto e il dominio su di esso.

Cosa c’è di più complesso del mito? E cosa c’è di più indicativo e predittivo di ogni storia, di ogni scontro, di ogni sconfitta?

Ora posso vedere quello che non c’è, con quanta fatica l’ho imparato”, mormora Cassandra. Non esiste veggenza ma solo la storia degli uomini e le regole di un gioco malsano ma imprescindibile: tentare la scalata verso l’unica immortalità possibile, lasciare in eredità ai posteri il proprio nome, le proprie gesta, la vittoria che esulta madida di sudore e sangue del nemico vinto.

Leggere i testi (splendidamente tradotti da Anita Raja, moglie di Domenico Starnone e anche lei, come suo marito, tra le papabili Elena Ferrante) di Christa Wolf è lasciarsi andare a una poesia complessa, politica, filosofica.

La complessità di ogni passione e di ogni relazione passa attraverso il non detto e il non visto: inventiamo, immaginiamo, decodifichiamo proiezioni che divorano ma non prevedono mai l’Altro. Le attuali guerre, le migrazioni, il disfacimento di antichi domini assoluti parlano una lingua antica, universale.

Nessun dio è mai stato felice. Essere eterni e condannati. Infiniti.

Nessuna donna, nessun uomo, è mai stato sempre infelice. Essere mortali, benedetti. Sospesi tra sogno e mistero inviolabile.

(Pantoo, ndr) mi insegnò a pensare l’inaudito: il mondo poteva continuare anche dopo la nostra rovina”

 

Christa Wolf, Cassandra, e/o

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