Che paura finire in una setta

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Manipolo di gente equivoca, non esiste setta che non travalichi il confine tra il bene e il male. Meglio starne alla larga

Ho letto il servizio Nel cuore delle sette (su Confidenze in edicola adesso) e le testimonianze mi hanno confermato ciò che ho sempre pensato: la disperazione è un macigno che può trasformare una vita già sfortunata in una tragedia senza fine.

Tutte le persone intervistate, infatti, raccontano di essere cadute nelle grinfie di sedicenti guru pronti a manipolarle e truffarle, con la fiducia tipica di chi ha talmente bisogno di sostegno da credere alle peggio assurdità. E, aggiungo io, con la stessa ingenuità di un bambino che si lascia prendere per mano dall’orco.

Leggendo, scuotevo il testone dicendomi che a me non capiterà mai. Per rinforzare la tesi mi ripetevo che detestando la classica “compagnia”, cioè il gruppo di amici chiuso come un riccio (claustrofobico ma innocuo), sono esentata dal pericolo di affiliarmi a una setta (decisamente più claustrofobica e molto meno innocua). Sarà vero?

Ovviamente mi auguro di sì, ma scopro che a cascarci è anche gente normalissima a cui, però,  qualcosa è andato storto. Questo, purtroppo, può succedere a chiunque, ma da qui a finire nella tana del lupo ce ne dovrebbe essere di strada. Eppure, la cronaca racconta una realtà diversa.

D’altronde, esistono persone dotate di un potere persuasivo così efficace da riuscire a rivoltare come un calzino soggetti deboli. Va detto, però, che questi tizi sono anche capaci di tirare fuori una grinta insospettabile dal profondo di chi, fino al momento dell’urgenza, ha vissuto nella più totale mediocrità. Me ne sono accorta anni fa, assistendo al processo a Vanna Marchi trasmesso in tivù.

Le vittime erano poveretti (sotto ogni profilo, ma soprattutto quello economico) che nel racimolare gruzzoloni pazzeschi da consegnare alla regina delle alghe dimagranti hanno dimostrato un’abilità degna del più spregiudicato banchiere. Mentre ascoltavo esterrefatta le esperienze vissute, pensavo che mai e poi mai io sarei riuscita a mettere insieme cifre tali in tempi tanto ristretti senza organizzare una rapina. Invece, loro sì. Il peccato è che nessuno fosse consapevole della propria attitudine (immagino siate d’accordo con me che raccogliere 90 milioni di lire in meno di un mese partendo da zero non è mica roba da poco).

Ma la sorte, si sa, va a braccetto con l’ironia. Quindi, ad avere la meglio in queste tristissime e drammatiche lotte tra il bene e il male, di solito vince il male. Con il guru di turno, sicuramente un buon imbonitore ma nulla di più, che continua a tenere in mano lo scettro del comando. E l’adepto, potenzialmente così brillante da poter sedere al tavolo di un CdA, che ubbidisce fino ad annientarsi.

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