Delitti senza castigo

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Che fine faranno gli assassini di Manduria? Se le pene non saranno severe avranno creato un'altra moda: la persecuzione del disabile indifeso. E la storia ci insegna che perseguitare i più deboli porta solo sventure

Come finirà la storia del pensionato seviziato e ucciso in seguito ai maltrattamenti da una banda di ragazzi? Già non se ne parla più.

La televisione ha trasmesso i filmati dei quel poveretto che gridava disperatamente “Carabinieri!” sotto le sassate e i colpi di bastone, fra le risate dei suoi aguzzini che continuavano a infierire – in piena strada, quindi lo sapevano tutti – e mi è sembrata una speculazione imperdonabile, una pubblicità della crudeltà, mostrarlo come spettacolo ai telespettatori. Per come ci siamo imbestiati, rischiando di suscitare più che disgusto, istinti sadici. La stampa se ne è nutrita per qualche giorno, poi è passata ad altri orrori.

Ci sarà un processo, e come spesso accade nel nostro Paese è facile che quei vigliacchi andranno quasi impuniti. Molti sono minorenni, tutti erano incensurati…ci sarà una valanga di attenuanti. È probabile che se la cavino con poco. Le sentenze blande sono un invito al crimine. Se le pene non saranno severe, gli assassini di Manduria avranno creato un’altra moda criminale: la persecuzione del disabile indifeso.

Per costruire una civiltà in cui fossero rispettati i diritti dei più deboli ci sono voluti migliaia d’anni, ma per tornare alla clava si fa subito. Basta che qualcuno incoraggi a tirar fuori i nostri istinti peggiori, la bestia umana non aspetta altro. Gli scienziati ci avvertono che abbiamo ancora il cervello di Neanderthal.

S’è visto col nazifascismo. Milioni di persone venivano sterminate a ritmo industriale- i nostri vicini, conoscenti, amici- e si viveva accanto alla strage, continuando la vita di tutti i giorni. Dopo la guerra si diceva “mai più”, ma si è visto poi che il nazismo era la prova generale del secolo, e di quelli a venire. Nel tempo della sua dittatura, Stalin prese molte idee da Hitler, e giunse a perfezionarle. Da allora i genocidi si sono moltiplicati, e la nostra sensibilità si è sempre più ispessita. Per la millesima volta maledico la parola buonismo, inventata per deridere la civiltà: se non prendi a calci il disabile, se non sei razzista, sei buonista, cioè un ipocrita e un imbecille. Da lì si passa dritti al cattivismo.

Oggi Dostoevskij scriverebbe “Delitto senza castigo”. Morti Dio la bellezza l’idea di anima, rispunta il divertimento primordiale, dare la morte. I torturatori di Manduria, non paghi delle loro azioni schifose, le filmavano, anche, e le mandavano in rete, tanto erano orgogliosi di essere dei miserabili. E sui social si divertivano a guardarli, sghignazzavano delle loro imprese, e nessuno che abbia pensato di denunciarli.

Protagonismo nefando, farsi vedere è diventato un valore in sé, anche mostrandosi nell’atto più ignobile, serviziare e terrorizzare una creatura inerme. I media la chiamano baby-gang, con una sfumatura di indulgenza e quasi di simpatia. Sono dei delinquenti precoci, quali baby? Impera l’estetica del brutto. Durante il nazismo, in Germania ci fu una campagna di derisione verso i deboli, per educare la massa a rifiutarli e disprezzati. Fu il primo passo per poi arrivare rapidamente all’eliminazione dei malati di mente e dei disabili che venivano uccisi in cliniche specializzate, da medici e infermieri che si prestavano allo sterminio senza rimorsi: si trattava di creature di scarto, da buttare via. Poco a poco si sta facendo strada una mentalità postnazista.

Un tempo si studiava da eroi. Un giovane sognava di meritare la fama e la gloria per un’eccellenza, un gesto di coraggio. Adesso si studia da vigliacchi. Guai ai deboli, guai ai disarmati, guai agli onesti. O ritroviamo un barlume di umanesimo, o siamo fritti.

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