Edith Piaf, l’amore nella voce

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A 60 anni dalla sua scomparsa, ricordiamo la grande interprete della musica francese, a cui è stato dedicato anche un film

È stata una delle grandi interpreti della musica francese e, a 60 anni dalla scomparsa, la sua stella brilla più che mai. Unica, la sua capacità di vedere “la vie en rose”, come nella sua indimenticabile canzone, nonostante una vita durissima

Di Mariù Safier

Il 19 dicembre 1915 vede la luce Edith Giovanna Gassion. La madre, Annetta Maillard, non fa in tempo a raggiungere l’ospedale e la bambina nasce sugli scalini di una casa a Rue Belleville, nella periferia di Parigi. Abbandonata dalla madre, la piccola vive un’infanzia poverissima. Cresce insieme al papà, un saltimbanco con cui si esibisce nel quartiere per pochi spiccioli. Ma quando ne scopre la voce, il pubblico applaude l’adolescente. Finché un giorno, tra la folla, il suo sguardo incontra quello di un ragazzo poco più grande, dall’aspetto e i modi educati. La storia con Louis Dupont, giovane fattorino, si consuma nella miseria. Soprattutto, non regge alla tragedia di Marcelle, la figlia morta a soli due anni di meningite. Unico conforto nell’ambiente equivoco che circonda la diciottenne Edith è la sua passione per il canto. Grazie al quale sfugge al giro di balordi e ai traffici della malavita per raggiungere una nuova ribalta: i quartieri ricchi della Parigi colta, raffinata, elegante. Alla ragazza spettinata, sfrontata, dotata di una voce eccezionale l’occasione di cambiare vita si presenta ancora sulla strada, grazie a un altro uomo: il direttore di un locale esclusivo, il Gerny. Il debutto suscita clamore ed entusiasmo. È il 1936 e Piaf, nome scelto dal suo scopritore Louis Leplée, ha la consacrazione della platea. Mentre il semplice vestitino nero che indosserà puntualmente a ogni esibizione in pubblico, la famosa petite robe noir, diventa il suo segno distintivo.

Un diamante grezzo

A creare un repertorio degno della sua potenza espressiva è l’autore Raymond Asso. Innamorato di Edith dal primo incontro, deve combatterne il temperamento indipendente, ribelle. «Era un diamante grezzo. Se non fosse stata animata da una straordinaria, tenace volontà di cantare, non sarei riuscito nel mio intento». Invece, in pochi anni Piaf trionfa, non solo a Parigi. Inoltre, il cinema le offre dei ruoli e a teatro ha successo con il testo scritto su misura per lei da Jean Cocteau. Con cui nasce un’inossidabile amicizia. Di lei Cocteau dice: «Ha quella bellezza dell’ombra, che si esprime alla luce. E quando interpreta le canzoni, di cui è spesso autrice (la più famosa è La vie en rose, composta nel 1946) ha un fascino irresistibile».

Molti uomini sono attratti dalla forte personalità di Edith. E accanto a lei si formano artisti, da Yves Montand a Charles Aznavour, tra i più noti. Perspicacia e intuito le consentono di individuare esordienti di valore, che impone sul palco, accanto a sé. Eppure, puntualmente le loro strade si dividono. L’abbandono, il tradimento devastano la fragilità emotiva della cantante. Un crudele contrappasso, che riemerge nella canzone scritta dal poeta Jacques Prévert: “Non è solo la mia voce che canta / è la voce di un dolore sconosciuto/ la voce di chi fugge disperato / la voce di un uccello spaventato”. Il pubblico europeo la osanna e la fama valica l’oceano.

Lo sprazzo di felicità

Nonostante il successo, Piaf brama un sentimento assoluto. «Canto il dolore degli esseri umani, ma lascio sempre la porta aperta alla speranza» dichiara nella sua biografia. Donna generosa all’eccesso, dilapida gli enormi guadagni per aiutare chiunque. Finché il destino le fa incontrare l’unico uomo accanto al quale trova serenità: il pugile franco algerino Marcel Cerdan.

Come lei, ha alle spalle un’infanzia povera, in un paese dove l’unico modo per sfuggire alle difficoltà è tentare la fortuna sul ring. Campione francese nel 1937, negli anni consolida prestigio e fama. Gigante buono, faccia onesta, occhi da fanciullo, Marcel conosce Edith nel maggio del 1946, a New York, nel club in cui lei si esibisce. Lui è sposato, ha tre figli a Casablanca e deve essere discreto per non ferire la famiglia lontana. Edith accetta: per la prima volta si sente amata davvero. Ma mentre Marcel la sta raggiungendo negli Stati Uniti, l’aereo decollato da Orly la notte del 27 ottobre 1949 si schianta sul picco dell’isola San Miguel, nelle isole Azzorre. Già compromessa da sregolatezze ed eccessi, la salute della diva ha un tracollo. Unica medicina, cantare. Nell’Inno all’amore, composto su musica della sua collaboratrice, Marguerite Monnot, intona: “Se un giorno la vita ti strappasse da me / tu dovessi morire o sia lontano da me / poco importa se mi ami / poiché anch’io morirei…”.

In realtà, nel 1962 sposa Théo Sarapo, più giovane di 20 anni. E il loro duetto “A cosa serve l’amore” consacra Théo astro nascente. Edith Piaf muore il 10 ottobre 1963, a 47 anni e viene seppellita al cimitero parigino del Père Lachaise. Dove, il 28 agosto 1970, la raggiunge Théo, perito in un incidente stradale. E, insieme, entrano nella leggenda.

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Articolo pubblicato su Confidenze n. 41 2023

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