Estate di morte di Harlan Coben

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Niente rilassa più di un thriller e in questi giorni dominati dal Covid-19 vi consiglio questo

 

“Non ci si preoccupa della felicità e dell’appagamento quando si patisce la fame. È bene ricordarlo. 

Si vive in mezzo a questa ridicola ricchezza e ci si resta impigliati. Ci si preoccupa di cose prive di senso come la spiritualità, la salute, la soddisfazione interiore e le relazioni. Non si ha idea di quanto si è fortunati. Non si ha idea di cosa voglia dire patire la fame, guardarsi mentre si diventa sempre più scheletrici, abbandonarsi alla disperazione mentre qualcuno che ami, qualcuno un tempo giovane e sano, muore lentamente, e una parte di te – un’orribile, istintiva parte di te – è quasi felice perché ora ti toccherà un pezzo di pane un poco più grosso. 

Quelli convinti che non siamo degli animali sono ciechi. Tutti gli esseri umani sono dei selvaggi. Quelli che sono sazi sono semplicemente più pigri. Non hanno bisogno di uccidere per procurarsi il cibo. Così si vestono bene e trovano occupazioni più elevate che li fanno sentire in un certo senso al di sopra di tutto. Che assurdità! I selvaggi sono solo più affamati, ecco tutto. 

Si fanno cose orribili per sopravvivere. Chiunque si creda superiore si illude”.

L’ho scritto e detto mille volte qui e altrove: niente rilassa più di un thriller. E io ne ho trovato uno eccezionale, in questi giorni del Covid-19 che trascorro lontana da Milano, in quella che è stata per venti anni la mia casa e che conserva ancora la quasi totalità dei miei libri.

Paul Copeland ha quasi 40 anni ed è il procuratore della contea di Essex. Ha una bimba che adora, Cara, e una tristezza ancora fresca nel cuore, la morte della moglie Jane. Da pochi mesi è scomparso anche suo padre, l’uomo che era andato via da una Russia soffocante e che nel Nuovo Mondo aveva trovato un asilo anche se non un riscatto: la professione di ginecologo aveva dovuto riporla in un cassetto e gettare, quasi, le chiavi.

Paul Copeland piange ancora un’altra perdita, quella di Camille, sua sorella. Era l’estate di 20 anni prima e lei, in una notte di felicità e tragedia, era scomparsa. Felicità perché Paul era con Lucy, la ragazza che amava. Tragedia perché mentre la coppia amoreggiava nel bosco a pochi passi Camille, Gil, Margot e Doug venivano barbaramente uccisi. I corpi di Doug e Margot vennero trovati quasi subito. Quelli di Gil e di Camille no.

Un giorno, mentre Paul si trova in aula – un processo per stupro – a Washington Heights viene ritrovato un corpo senza vita. All’obitorio dicono appartenga ad un certo Manolo Santiago. Ma a Paul basta uno sguardo per identificare il cadavere: quell’uomo era il ragazzo che tutti credevano morto venti anni prima, quel corpo appartiene a Gil.

Il pensiero di Paul corre a sua sorella. E a sua madre, che non resse al dolore e dopo poco tempo abbandonò lui e suo padre.

Credo di avervi dato parecchi ingredienti. Vi dico solo che Lucy non ha mai dimenticato Paul. E che i colpi di scena, scritti con il nerissimo inchiostro di questo genere letterario, si susseguono fino all’ultima riga.

Harlan Coben, Estate di morte, Mondadori

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